ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Sicilia   approvata   il  26  maggio  1994  dall'Assemblea  regionale
 siciliana, recante: "Provvidenze a  favore  del  personale  della  ex
 Siciltrading  s.p.a.",  promosso  con  ricorso  del Commissario dello
 Stato  per  la  Regione  siciliana,  notificato  il  3  giugno  1994,
 depositato  in cancelleria il 10 giugno 1994 ed iscritto al n. 48 del
 registro ricorsi 1994;
    Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo, per il ricorrente,
 e gli avv.ti Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con il ricorso in epigrafe il Commissario dello Stato per la
 Regione siciliana ha impugnato il disegno di legge n. 666,  approvato
 dall'Assemblea  regionale  il 26 maggio 1994, recante "Provvidenze in
 favore del personale della ex Siciltrading s.p.a".
    Ad  avviso  del  ricorrente  il  provvedimento  legislativo,   che
 consente  all'Istituto  regionale  per  il  credito alla cooperazione
 (I.R.C.A.C.)  di  stipulare  contratti  a  termine,  di  durata   non
 superiore  ad  un  biennio,  con  i  dipendenti della ex Siciltrading
 s.p.a., societa' a partecipazione  regionale  in  atto  sottoposta  a
 procedura  fallimentare,  da'  adito a censure di incostituzionalita'
 sotto il profilo del mancato rispetto  dei  principi  espressi  dagli
 articoli 3 e 97 della Costituzione.
    2.  -  In  primo luogo si sarebbe in presenza dell'ennesima legge-
 provvedimento, adottata dal legislatore regionale, volta, piu' che  a
 garantire  il  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  al
 mantenimento del posto di lavoro di alcune unita' di personale  sulla
 base di pregressi accordi sindacali.
    Al  riguardo  il  Commissario dello Stato osserva che la normativa
 vigente, ribadita di recente dall'art. 3, comma 23›, della  legge  n.
 537  del  1993,  vieta  alle  amministrazioni  pubbliche  di assumere
 personale a tempo determinato  e  di  stabilire  rapporti  di  lavoro
 autonomo  per  periodi superiori a tre mesi, a meno che non si tratti
 di  personale  in  possesso  di  particolari  qualifiche  di  elevata
 professionalita',  (situazione  che  nella  fattispecie  in esame non
 sussisterebbe, in quanto si tratta di unita' tutte comprese entro  il
 IV livello).
    Sebbene  l'ente  interessato alla disposizione abbia dichiarato il
 proprio interesse oggettivo ad avvalersi di  personale,  anche  se  a
 termine,  per  l'espletamento di servizi d'istituto, neanche potrebbe
 ritenersi  che  la  necessita'  di  assunzione  di   dipendenti   con
 qualifiche   di  archivista  e  commesso,  le  cui  prestazioni  sono
 ovviamente fungibili e non  rilevanti  alle  essenziali  e  peculiari
 attivita'  dell'ente  stesso,  possa  giustificare  una  deroga ad un
 principio    generale     riconosciuto     ed     applicato     anche
 dall'amministrazione regionale.
    Unico  fine  dell'iniziativa  legislativa  sarebbe, in definitiva,
 quello di salvaguardare, seppure temporaneamente, l'occupazione degli
 interessati,  interferendo  indirettamente  sulla  definizione  della
 controversia instaurata presso il competente giudice del lavoro.
    In  buona  sostanza,  conclude  il  Commissario  dello  Stato, pur
 ammettendo in astratto la possibilita' che la Regione  adotti  leggi-
 provvedimento,  questa  in esame supererebbe comunque il limite della
 ragionevolezza in quanto lo scopo  tipico  della  norma  non  sarebbe
 quello  di sopperire a comprovate ed identificate esigenze funzionali
 dell'I.R.C.A.C.   connesse   all'esercizio   delle   sue    attivita'
 istituzionali,  ma  quello di garantire la conservazione del posto di
 lavoro a nove unita'.
    3. - Si e' costituito in  giudizio  il  Presidente  della  Regione
 siciliana instando per la reiezione del ricorso.
    Preliminarmente  la Regione ritiene del tutto arbitrario l'assunto
 del  ricorrente  secondo  il  quale  unico  fine   della   iniziativa
 legislativa  sarebbe quello della salvaguardia dell'occupazione. Cio'
 in  quanto  l'ente  destinatario  della  norma,  e  cioe'  l'Istituto
 Regionale  per  il Credito alla Cooperazione, viene "autorizzato" dal
 legislatore  regionale  a  stabilire  rapporti  di  lavoro  a   tempo
 determinato  solo  in  presenza  di  esigenze  connesse  con i propri
 compiti di istituto e nel rispetto dei limiti di cui  all'articolo  1
 della  legge  18  aprile  1962  n. 230, e cioe' per l'assolvimento di
 servizi  definiti  e  predeterminati  nel  tempo   aventi   carattere
 straordinario od occasionale.
    L'obiettivo   della   salvaguardia  dell'occupazione,  sicuramente
 presente nella volonta' del  legislatore  siciliano,  sarebbe  quindi
 contemperato,  nella  applicazione  della  norma, con quello del buon
 andamento della organizzazione dell'ente destinatario.
   4. - Ma anche volendo ipotizzare, prosegue il resistente, che unico
 fine della legge impugnata sia quello della salvaguardia del posto di
 lavoro, basterebbe, a convalidare la legittimita' della legge de qua,
 richiamare lo Statuto regionale, laddove  attribuisce  alla  potesta'
 legislativa  della Regione la disciplina della materia concernente la
 legislazione sociale ed in particolare i rapporti di lavoro (art. 17,
 lett. f), nonche' la stessa giurisprudenza della  Corte  secondo  cui
 "l'ambito  normativo  riconosciuto  dalla  citata  norma non concerne
 tutta la legislazione sociale, bensi' cio' che riflette i rapporti di
 lavoro e le provvidenze che ad essi sono collegate,  a  garanzia  dei
 lavoratori" (sentenza n. 29 del 1968).
    La  normativa, inoltre, risulterebbe dettata per fini di carattere
 sociale, sicuramente meritevoli di tutela in osservanza dell'articolo
 4 della Costituzione, laddove afferma che "la Repubblica riconosce  a
 tutti  i  cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
 rendano effettivo questo diritto"; nonche'  del  successivo  articolo
 35, secondo cui "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme
 e applicazioni".
    5.  -  Dopo  aver  citato  analoghi provvedimenti legislativi, sia
 statali  che   regionali,   mai   fatti   oggetto   di   censure   di
 costituzionalita'   pur   avendo   il   medesimo   fine   di   tutela
 dell'occupazione, la Regione rileva che il provvedimento  legislativo
 impugnato  rientra  nella competenza legislativa esclusiva in materia
 di "ordinamento degli uffici e degli  enti  regionali",  attribuitale
 dall'art.  14, lett. p), dello Statuto, come sarebbe dimostrato dalla
 circostanza che  il  Commissario  dello  Stato  non  ha  eccepito  la
 violazione della suddetta norma statutaria.
    6.  - Altrettanto infondata risulterebbe, ad avviso della Regione,
 la  censura  in  ordine  alla   possibilita'   di   adottare   leggi-
 provvedimento, in quanto e' ormai costante l'orientamento della Corte
 nel    ritenere    l'inesistenza   di   un   divieto   costituzionale
 all'emanazione di leggi,  sia  statali  che  regionali,  a  contenuto
 particolare e concreto. In proposito viene richiamata la sent. n. 190
 del  1986  con cui la Corte ha dichiarato non fondata la questione di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  10  della  legge   regionale
 siciliana  30  dicembre  1976  n.  90, promossa dal T.A.R. Sicilia in
 riferimento all'art. 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 24, 25 e
 113 della Costituzione, escludendo che il citato art.  20,  "oltre  a
 prevedere  l'ordinaria  attribuzione  delle  funzioni amministrative"
 alla  Giunta  regionale,  "crei  altresi'  una   riserva   a   favore
 dell'esecutivo   nei   confronti   delle  stesse  leggi-provvedimento
 adottate     dall'Assemblea;      riserva      che      irrigidirebbe
 ingiustificatamente,  solo  per la Sicilia, la forma di governo delle
 Regioni".
    7.  -  In   prossimita'   dell'udienza   ha   presentato   memoria
 l'Avvocatura  generale dello Stato, in rappresentanza del Commissario
 dello Stato della Regione siciliana.
    Dopo aver  richiamato  le  vicende  di  fatto  che  hanno  portato
 all'intervento   dell'I.R.C.A.C.   nell'assorbimento   di  parte  dei
 lavoratori della ex Siciltrading, l'Avvocatura riafferma come sia  di
 palmare   evidenza   che   il   provvedimento  legislativo  impugnato
 costituisca  in  realta'  un  anomalo  provvedimento  di  sostegno  a
 lavoratori  disoccupati,  il  quale  comporta,  per  il  ristretto ed
 esclusivo ambito di  applicazione,  un'ingiustificata  disparita'  di
 trattamento  rispetto  alla generalita' dei lavoratori che si trovano
 nelle medesime condizioni.
    Ne' risulterebbe conferente il riferimento  alla  disposizione  in
 favore dei dipendenti dell'Italter e della Sirap (art. 79 della legge
 regionale  n.  25  del  1993)  giacche'  detta  norma  individua  con
 precisione  l'oggetto  delle  prestazioni  di   lavoro   a   termine,
 riconducibili    peraltro   alle   professionalita'   possedute   dai
 destinatari ed  alla  specificita'  dell'ambito  di  attivita'  delle
 societa' stesse.
    Nemmeno, poi, potrebbe ritenersi che la competenza riconosciuta al
 legislatore  siciliano dall'art. 17, lett. f), dello Statuto speciale
 consenta l'istituzione di forme surrettizie di assistenza  in  favore
 di  lavoratori  disoccupati,  soprattutto  se  si  considera  che  le
 provvidenze in questione sono rivolte ad esclusivo vantaggio  di  una
 ristretta   cerchia   di  destinatari  e  non  alla  generalita'  dei
 lavoratori o quanto meno a soggetti tutti dipendenti da societa'  con
 capitale a partecipazione pubblica poste in liquidazione o fallite.
    La  norma  impugnata non avrebbe il significato e la portata di un
 intervento di carattere assistenziale ai sensi  dell'art.  17,  lett.
 f),  dello  Statuto,  poiche'  con  la  stessa  si e' soltanto voluto
 derogare alle vigenti  normative  che  disciplinano  l'assunzione  di
 lavoratori   con   un   contratto   a  termine  di  diritto  privato,
 riservandola ad alcuni lavoratori licenziati da una societa' messa in
 liquidazione.
    Inoltre,  per  quanto  attiene  l'argomentazione  (contenuta nella
 memoria difensiva della Regione) secondo cui il provvedimento sarebbe
 dettato da  fini  di  carattere  sociale,  meritevoli  di  tutela  in
 osservanza   del  precetto  posto  dall'art.  4  della  Costituzione,
 l'Avvocatura osserva che secondo costante giurisprudenza della  Corte
 (sentenze  nn.  81  del  1969,  189  del  1980,  2 e 176 del 1986) il
 suddetto principio non garantisce al  cittadino  ne'  il  diritto  al
 conseguimento   di  un'occupazione  ne'  tantomeno  il  diritto  alla
 conservazione del lavoro, bensi' e' posto  a  tutela  della  generica
 possibilita'  per  tutti indistintamente i cittadini, concorrendone i
 requisiti, di avere accesso  ai  posti  di  lavoro  disponibili,  con
 contestuale,  implicito,  obbligo per il legislatore di realizzare un
 ordinamento che renda effettivo il diritto in questione.
    Non sarebbe pertinente  inoltre  la  giustificazione  secondo  cui
 recenti  norme  statali  avrebbero  introdotto  interventi analoghi a
 quello oggetto di censura.   Le norme statali  citate  nella  memoria
 difensiva della Regione riguarderebbero, infatti, intere categorie di
 disoccupati,  e  non  singoli  soggetti, ed in ogni caso richiedono e
 tengono in preminente considerazione il buon andamento della pubblica
 amministrazione, facendo esplicito riferimento sia  all'esistenza  di
 vacanze   in  organico,  sia  all'accertamento,  previa  prova  anche
 selettiva, delle capacita' professionali dei soggetti destinatari.
    In ogni caso non  potrebbe  ritenersi  legittima  l'individuazione
 intuitu  personae  dei soggetti destinatari di un contratto di lavoro
 con la pubblica amministrazione, in quanto e' principio  generale  ed
 inderogabile  il  ricorso  a  criteri  di  selezione  pubblica, anche
 nell'ipotesi di  rapporti  a  tempo  determinato,  qualora  gli  enti
 pubblici  debbano  procedere  al reclutamento di personale.  Da tutto
 cio', conclude l'Avvocatura, emerge chiaramente che con questa legge-
 provvedimento  il  legislatore  siciliano   ha   ritenuto   possibile
 conseguire   lo   scopo   cui  era  diretto  un  atto  amministrativo
 illegittimo.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  siciliana  ha
 sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  della  legge
 regionale, approvata dall'Assemblea  siciliana  il  26  maggio  1994,
 recante  "Provvidenze  in  favore del personale della ex Siciltrading
 s.p.a.", il cui art. 1 cosi' stabilisce: "L'Istituto regionale per il
 credito alla cooperazione (I.R.C.A.C.) e'  autorizzato  ad  avvalersi
 del  personale in servizio alla data del 30 ottobre 1992, che non sia
 inquadrato con la qualifica di dirigente o che non  abbia  interrotto
 volontariamente  il rapporto di lavoro, della ex Siciltrading s.p.a.,
 in corso di procedura fallimentare, mediante contratti a termine,  di
 durata non superiore ad un biennio, per l'assolvimento dei compiti di
 istituto  propri dell'ente, nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1
 della legge 18 aprile 1962 n. 230, e di quanto previsto  dal  vigente
 contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria".
    2.  -  Il ricorrente, nella considerazione che il fine della norma
 non sia quello di sopperire a  comprovate  ed  identificate  esigenze
 funzionali   dell'I.R.C.A.C.,   connesse   all'esercizio   delle  sue
 attivita' istituzionali, bensi' quello di garantire la  conservazione
 del  posto  di  lavoro  a  nove unita', ritiene che la norma medesima
 contrasti con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, sotto  il  profilo
 del  mancato rispetto del principio di ragionevolezza e del principio
 di buon andamento della pubblica amministrazione.
    Nella memoria presentata in prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura
 generale  dello  Stato, in rappresentanza del Commissario ricorrente,
 ha prospettato anche la violazione del terzo comma dell'art. 97 della
 Costituzione,  sotto  l'ulteriore  profilo  dell'inosservanza   della
 regola  generale  del concorso per l'accesso ai pubblici impieghi; ma
 tale autonoma censura, non essendo stata tempestivamente dedotta  nei
 motivi   di   ricorso,  non  puo'  in  alcun  modo  essere  presa  in
 considerazione in questa sede.
    3. - Nel merito, la questione non e' fondata.
    Il  ricorso  tende  sostanzialmente  a  censurare   la   normativa
 impugnata  in quanto "ennesima legge-provvedimento" volta, piu' che a
 garantire  l'efficienza  e   il   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione,  a  costituire  un  irragionevole  provvedimento  di
 sostegno a lavoratori disoccupati.
    Ora, questa Corte ha gia' avuto occasione di chiarire,  anche  con
 specifico   riferimento   all'attivita'   legislativa  della  Regione
 siciliana, che non esiste, in linea generale, un  divieto  di  leggi-
 provvedimento   in   quanto  tali,  occorrendo  sempre  procedere  al
 controllo  sostanziale  sull'atto,  sia  pure  con  le   peculiarita'
 richieste  dal  suo  specifico  oggetto;  piu' in particolare, con la
 sent. n. 190 del 1986 si e'  affermato  che,  in  base  allo  Statuto
 regionale  siciliano, e' da escludere la sussistenza di una riserva a
 favore della Giunta regionale (titolare delle funzioni  esecutive  ed
 amministrative)   nei   confronti  delle  stesse  leggi-provvedimento
 adottate     dall'Assemblea:      riserva      che      irrigidirebbe
 ingiustificatamente,  solo  per la Sicilia, la forma di governo delle
 Regioni.
    4. - Cio' premesso, non risulta sussistente la dedotta  violazione
 degli  artt.  3  e  97  della  Costituzione,  che,  ai  fini  che qui
 interessano, puo' essere considerata censura unica.
    E' giurisprudenza  costante  di  questa  Corte,  infatti,  che  la
 violazione  del  principio di buon andamento dell'amministrazione non
 puo' essere invocata se non quando si  assuma  l'arbitrarieta'  o  la
 manifesta  irragionevolezza  della  disciplina  impugnata, per cui il
 richiamo all'art. 97 della Costituzione  implica  necessariamente  lo
 svolgimento  di  un  giudizio di ragionevolezza sulla legge censurata
 (v. sentt. n. 10 del 1980 e n. 266 del 1993).
    Cio'  posto,  l'obiettivo  della  salvaguardia   dell'occupazione,
 esplicitamente presente nella volonta' del legislatore siciliano, non
 e'  certo  indice di irragionevolezza, ne' il contenuto particolare e
 concreto della legge impugnata, rivolta a consentire la  costituzione
 di  rapporti di lavoro a tempo determinato per poche persone (risulta
 dai lavori preparatori della legge che si tratta di nove unita'),  e'
 suscettibile,  di  per  se', di rendere arbitraria l'intera normativa
 ove si consideri che l'ente destinatario della legge regionale  viene
 autorizzato  a costituire detti rapporti solo in presenza di esigenze
 connesse con i propri compiti di istituto e nel rispetto  dei  limiti
 di  cui  all'art.  1  della  legge 18 aprile 1962 n. 230, e cioe' per
 l'assolvimento di servizi definiti e predeterminati nel tempo  aventi
 carattere straordinario od occasionale.
    Che  poi dette esigenze siano o meno effettivamente sussistenti e'
 problema del tutto estraneo al giudizio  di  costituzionalita'  della
 legge  e che puo', semmai, assumere rilievo nell'ambito del controllo
 di legittimita' sugli atti che, in applicazione della legge medesima,
 vengano adottati dall'I.R.C.A.C.