LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile n. 1390/92 r.g. promossa da: Re Gian Carlo, residente in Valenza (Alessandria), viale Santuario, 8; Re Pier Giorgio, residente in Valenza (Alessandria), c. Garibaldi, 102; Re Carlo, residente in Valenza (Alessandria), via Noe' 8, tutti elettivamente domiciliati in Torino, via Bagetti 18, presso l'avv. Mauro Rubat-Ors, che unitamente all'avv. Giuseppe Greppi li rappresenta come da procura in atti, attori, contro il comune di Valenza, in persona del sindaco pro- tempore sig. Mario Manenti, elettivamente domiciliato in Torino, via Susa 42, presso l'avv. Guglielmo Preve, che unitamente all'avv. Piero Golinelli, lo rappresenta come da procura in atti, convenuto. OSSERVA IN FATTO Con atto di citazione notificato il 12 ottobre 1992, Gian Carlo, Pier Giorgio, e Carlo Re convenivano avanti questa Corte il comune di Valenza (Alessandria) in persona del sindaco pro-tempore, esponendo che, con decreto n. 6 dell'11 novembre 1981, il comune aveva espropriato, senza mai stabilire la relativa indennita' definitiva, una area di loro proprieta', di mq. 1770, censita in catasto al foglio 25, nn. 635/636/637/638. A seguito della sentenza n. 67/1990 della Corte costituzionale, essi si erano risolti ad agire giudizialmente ai fini di ottenere la determinazione dell'indennita' predetta - nonche' di quella relativa all'occupazione d'urgenza del bene - e chiedevano che questa Corte si pronunciasse al riguardo. Il comune si costituiva, confermando i fatti come esposti, ma sollevando alcune eccezioni. In primis, quella di difetto di competenza (o, in alternativa, di giurisdizione) del giudice adito, affermando che vi era piu' di un dubbio circa la reale natura dell'azione propota; in secundis, quella di prescrizione dell'azione, essendo trascorsi oltre dieci anni dal decreto di esproprio. Contestava poi, nel merito, la richiesta di condanna al pagamento degli interessi sugli interessi e dei maggiori danni da svalutazione monetaria. Con sentenza in data odierna la Corte respingeva le eccezioni della parte convenuta, ravvisando pero' nel contempo, prima di procedere alla determinazione del quantum, l'opportunita' di sospendere il giudizio, ritenendo non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, di conversione del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, che ha dettato norme per la determinazione dell'indennita' di esproprio delle aree edificabili. IN DIRITTO Gli attori affermano che l'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, che ha convertito in legge il d.-l. 11 luglio 1992, n. 333 ("Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica"), si pone in conflitto con gli artt. 72 e 77 della Carta fondamentale, in quanto esso sarebbe stato approvato secondo una procedura non corretta sotto il profilo costituzionale. La Corte ritiene che tale questione non sia manifestamente infondata. Com'e' noto, l'art. 72 della Costituzione detta norme per l'approvazione delle leggi: in particolare, il primo comma prescrive che ogni disegno di legge vada esaminato da ciascuna Camera, prima in commissione e poi dall'assemblea, che lo approva articolo per articolo e con votazione finale; i commi successivi prevedono differenti regimi per i disegni di legge dei quali sia dichiarata l'urgenza, e per quelli riservati all'approvazione delle commissioni, rinviando per la specifica disciplina ai regolamenti delle singole Camere. Diverso e piu' veloce iter seguono invece, per la loro particolare natura, i decreti-legge, alla cui conversione fa riferimento il successivo art. 77. Nel caso in esame, la norma che ha disciplinato in via transitoria la determinazione dell'indennita' di espropriazione per le aree fabbricabili (non a caso contraddistinta con un numero bis, e precisamente il 5-bis) non era stata inserita nel testo articolato dal d.-l. n. 333 del 1992, ma bensi' introdotta ex novo dalla legge di conversione. Non risulta, dunque, che a suo tempo essa sia stata sottoposta al vaglio preventivo della sussistenza della necessita' e dell'urgenza; ne' essa appare integrare una semplice modifica delle norme introdotte con il citato decreto-legge, atteso che questo prevedeva soprattutto disposizioni di carattere tributario. E' pur vero che l'espropriazione per pubblica utilita' comporta riflessi di natura finanziaria, in quanto al proprietario espropriato e' dovuta la relativa indennita', ma e' altrettanto vero che essa costituisce un campo del tutto a parte, con la conseguenza che la norma in esame appare, nella specie, del tutto estranea alla materia originariamente disciplinata dal decreto-legge detto. In altre parole, nel caso di specie si sarebbe violato il procedimento di approvazione della legge cosi' come disciplinato dalla Costituzione: si e' infatti introdotto, in sede di conversione di un decreto-legge, una norma nuova, estranea all'oggetto, che non puo' essere intesa come modifica o emendamento del decreto da convertire, e sulla cui necessita' ed urgenza non vi e' stata alcuna valutazione. A cio' si aggiunga ancora che, nel caso che ne occupa, il Governo aveva posto la fiducia sul testo emendato, per cui le Assemblee hanno votato esclusivamente l'articolo unico del disegno di legge di conversione, senza avere alcuna concreta possibilita' di discutere la norma introdotta dall'art. 5-bis citato. Tutto cio' dimostra ampiamente, a parere di questo giudice, che la norma in esame abbia acquistato forza di legge in violazione degli artt. 72 e 77 della Costituzione, e che, di conseguenza, e' necessario che la questione venga deferita all'esame della Corte costituzionale.