IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Ruggieri Maria Rosaria, rappresentata e difesa dall'avv. Salvatore Marino, presso lo stesso elettivamente domiciliato in Genova, via Brigata Liguria, 1/14, contro l'Ente nazionale previdenza e assistenza per i dipendenti statali, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocatura di Stato, domiciliataria in Genova, viale Brigate Partigiane, 2, avverso il provvedimento di liquidazione della indennita' di buonuscita. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 16 giugno 1994, relatore il consigliere R. Vigotti, l'avv. dello Stato Signorile, per l'amministrazione resistente. Nessuno comparso per la ricorrente; Ritenuto e considerato quanto segue: ESPOSIZIONE DEL FATTO Con ricorso notificato il 21 gennaio 1988 Ruggieri Maria Rosa, gia' dipendente statale, esponeva di aver maturato una anzianita' di servizio utile a pensione di 35 anni, ed il trattamento economico annuo di L. 10.967.123, utile ai fini dell'indennita' di fine rapporto. L'indennita' e' disciplinata dal d.P.R. n. 1032/1973 ed e' pari al 1/12 dell'80% della retribuzione virtuale spettante per ogni anno di servizio. L'E.N.P.A.S. ha calcolato l'indennita' senza computare nella retribuzione utile l'indennita' integrativa speciale, che ne costituisce elemento essenziale, secondo quanto si ricava dalla ratio della legge istitutiva n. 324/1959, e dalla assoggettabilita' della stessa a contribuzione, a favore dell'E.N.P.A.S. come stabilisce la legge n. 177/1976. La ricorrente concludeva per la condanna dell'E.N.P.A.S. alla riliquidazione della indennita' di buonuscita mediante induzione nel calcolo della indennita' integrativa speciale, previa occorrendo rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' dell'art. 38 d.P.R. n. 1032/1973, in parte qua, nonche' per la condanna al pagamento di rivalutazione ed interessi sulle somme dovute. Si e' costituito l'istituto intimato, chiedendo il rigetto del ricorso. Esperita l'istruttoria ordinata con sentenza n. 447 del 12 novembre 1992, il ricorso, chiamato all'udienza odierna, passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Nelle more del giudizio, con sentenza n. 243 del 5/19 maggio 1993 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi i combinati disposti degli artt. 1, terzo comma, lett. b) e c) della legge n. 324 del 1959 con gli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, con gli artt. 3 e 26 della legge n. 70 del 1975 e con gli artt. 14 della legge n. 829 del 1973 e 21 della legge n. 201 del 1985. A seguito dell'intervento della Corte, il legislatore nazionale ha emanato la legge 21 gennaio 1994 l'art. 1 di tale legge dispone che - in attesa della omogeneizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione e per i lavoratori privati, conseguente all'applicazione del decreto legislativo n. 29/1993, e ferma la disciplina del trattamento di fine servizio in essere per i dipendenti degli enti locali - l'indennita' integrativa speciale viene computata, a decorrere dal 1 dicembre 1994, nella base di calcolo della indennita' di buonuscita e di analoghi trattamenti di fine servizio, per i dipendenti degli enti di cui alla legge n. 70/1975 nella misura di una quota pari al 30 per cento dell'indennita' integrativa speciale annua in godimento alla data della cessazione dal servizio con riferimento agli anni utili ai fini del calcolo dell'indennita' di anzianita' (art. 1, lett. a): per i dipendenti delle altre pubbliche amministrazioni, nonche' per gli iscritti all'Opera di previdenza e assistenza per i ferrovieri dello Stato (OPAFS), nella misura di una quota pari al 60 per cento dell'indennita' integrativa speciale annua in godimento alla data della cessazione dal servizio con riferimento agli anni utili ai fini del circolo dell'indennita' di buonuscita o analogo trattamento (art. 1, lett. b). L'art. 2, comma 4, aggiunge poi che "le somme dovute a titolo di prestazioni ai sensi della presente legge e quelle dovute per contributi a norma del presente articolo non danno luogo a corresponsione di interessi, ne' a rivalutazione monetaria". L'art. 4, infine, prevede che "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge aventi ad oggetto la liquidazione del trattamento di fine servizio comunque denominato con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati estinti d'ufficio con compenzazione delle spese tra le parti" (comma 1) e che "i provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato restano privi di effetto" (comma 2). 3. - Alla stregua dell'art. 4 sopra trascritto il presente giudizio, avendo per oggetto la liquidazione del trattamento di fine servizio con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale dovrebbe essere dichiarato estinto d'ufficio con compensazione delle spese tra le parti. Il Collegio, peraltro, dubita della legittimita' costituzionale della citata norma, non solo e non tanto perche' l'oggetto del giudizio sarebbe piu' ampio di quello considerato nella norma, comprendendo anche rivalutazione e interessi e la condanna al pagamento delle somme relative - interessi e rivalutazione, pure richiesti, in relata' non integrano qualitativamente oggetto diverso da quello costituito dal credito principale, ne' la richiesta condanna al pagamento di questo e di quelli, e delle spese di giudizio, muta l'oggetto di quest'ultimo, tutto in effetti risolvendosi nella "riliquidazione del trattamento di fine servizio comunque denominato con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale" (art. 4) - quanto perche', come ha chiarito la Corte costituzionale (cfr. la sentenza 7-10 aprile 1987, n. 123), norme del tipo di quella in esame, impongono al giudice di dichiarare d'ufficio l'estinzione dei processi pendenti alla data di entrata in vigore della legge viola l'art. 24 della Costituzione (diritto di azione e di difesa). Ed invero, lo ius superveniens, pur favorevole al ricorrente, lo e' solo in minima parte, in relazione al petitum dedotto in giudizio, perche', da un lato, prevede il computo - nella base di calcolo della indennita' di anzianita' - della indennita' integrativa speciale nella ridotta misura di una quota pari al 30 per cento del suo ammontare (rispetto alla pretesa-attesa di una quota certamente piu' consistente) e nega, dall'altro, i richiesti interessi e rivalutazione e compensa le spese del giudizio tra le parti. Nella fattispecie pertanto lo ius superveniens non ha carattere pienamente satisfattivo tale da giustificare, da un lato, l'estinzione dei giudizi pendente e l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato, e da essere, dall'altro, ritenuto inadatto a menomare il diritto di azione e di difesa di chi avesse gia' adito la sede giudiziaria. Non puo' dunque, escludersi che l'art. 4 della legge n. 87/1994 violi i principi fondamentali di azione e di difesa enunciati nell'art. 24 della Costituzione. l'esame di tale questione - non manifestamente infondata per le ragioni anzidette e certamente rilevante nella fattispecie in esame, in quanto da essa e dal suo esito positivo o negativo dipende la definizione del giudizio nel merito o la dichiarazione di estinzione dello stesso - deve essere conseguentemente rimesso al competente giudice costituzionale. 4. - Se la Corte costituzionale dichiara costituzionalmente illegittimo l'art. 4 della legge n. 87/1994, rimuovendo cosi l'impedimento normativo alla conclusione del giudizio nel merito, proprio nella prospettiva dell'esame di merito della pretesa azionata in questa sede assume rilevanza una ulteriore questione di legittimita' costituzionale, e cioe' quella che investe l'art. 1, lett. b), e l'art. 2, comma 4, della legge n. 87/1994, in relazione agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, nonche' ad alcuni principi di carattere generale in materia di diritto del lavoro. Si e' sopra ricordato che l'art. 1, lett. b), della legge n. 87/1994 riconosce ai dipendenti dello Stato il diritto a vedersi computata, nella base di calcolo della indennita' di buonuscita, l'indennita' integrativa speciale nella misura di una quota pari al sessanta per cento di quella in godimento alla data della cessazione dal servizio, mentre l'art. 2, comma 4 esclude che le somme dovute a titolo di trattamenti di fine rapporto diano luogo a corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria, come questo Tribunale ha gia' osservato (cfr. ordinanza n. 340/94), le norme sembrano confliggere, per un verso, con il principio generale espresso nell'art. 1282, primo comma, del Codice civile per il quale i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto e indipendentemente dalla domanda: per l'altro, con il principio in base al quale i crediti del lavoratore subordinato determinano interessi dal momento in cui sono maturati, con la conseguenza che gli stipendi e gli altri elementi della retribuzione, indennita' integrativa speciale compresa, devono essere pagati a date fisse, dalle quali decorrono gli interessi, secondo la regola generale. Le stesse norme poi sembrano confliggere: con l'art. 3 della Costituzione (principio di eguaglianza) perche', per i dipendenti degli enti di cui alla legge n. 70/1975, includono, nella base di calcolo della indennita' di buonuscita, solo una quota pari al trenta per cento dell'indennita' integrativa speciale in godimenti alla data della cessazione dal servizio (art. 1, lett. a), mentre per i dipendenti delle pubbliche amministrazione che non rientrano tra gli enti di cui alla legge n. 70/1975 gli iscritti all'Opera di previdenza e assistenza per i ferrovieri dello Stato includono la piu' alta quota del 60 per cento (art. 1, lett. b) e lasciano ferma la ancora diversa disciplina del trattamente di fine servizio in essere per i dipendenti degli enti locali (art. 1, primo alinea), in tal modo ulteriormente aggravando una situazione di sperequazione tra i vari comparti dei dipendenti pubblici e tra questi ultimi e i dipendenti privati gia' esistente nell'ordinamento e censurata dal giudice costituzionale con gli artt. 36 e 38, perche' il disconoscimento di interessi e rivalutazione incide sulla garanzia del trattamento di anzianita' idoneo ad assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita; con l'art. 97 (buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione), perche' in modo apparentemente irrazionale e illogico riconosce solo una quota dell'indennita' integrativa speciale e introduce una deroga al principio fondamentale di liquidazione dei debiti liquidi ed esigibili, a favore dello Stato. E' appena il caso di aggiungere che le violazioni sopra ipotizzate non sono affatto mitigate e rese per cosi' dire innocue e accettabili dal carattere in un certo senso transitorio della controversa disciplina "in attesa della omogeneizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione e per i lavoratori privati ..") vuoi perche' gli istituti piu' duraturi nell'ordinamento giuridico italiano sono spesso nati sotto il segno della transitorieta': vuoi perche' l'art. 1 della legge n. 87/1994, oltre a discriminare tra dipendenti pubblici, lascia ferma a tempo non determinato e ragionevolmente non determinabile la disciplina del trattamento di fine servizio in essere per i dipendenti degli enti locali, che costituisce nel concreto caso di specie uno dei piu' significativi termini di raffronto. 5. - Le considerazioni svolte inducono il Collegio a rimettere gli atti alla Corte costituzionale per la veridicita' della legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87, in relazione agli artt. 3, 24, 36, 38 e 97 della Costituzione, sospendendo il giudizio in corso.