IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 86/92 R.G.R proposto da Anna Lazzarotto, Luciano Barettini, Carla Maria Giomo, Maurizio Perfumo, Attilio Bellia, Fernando Lavagna, Giampaola Novelli, Mauro Tumioli, Vincenzo Zerbo, Aurelio Di Fabio, Anna Russo, Celestina Bongiorno, Giampaolo Grozio, Arnaldo Pastorino, elettivamente domiciliati in Genova, via Palestro 3/4, presso l'avv. Giuliano Gallanti che li rappresenta e difende per mandato a margine del ricorso; ricorrente, contro l'Universita' degli studi di Genova in persona del rettore magnifico, pro-tempore, domiciliata in Genova, viale B. Partigiane, 2, presso l'avvocatura distrettuale dello Stato che la rappresenta e difende per legge; resistente, per l'annullamento del provvedimento con il quale sono state respinte le istanze dei ricorrenti per l'ammissione ai corsi necessari per l'accesso alla settima qualifica funzionale di cui al decreto del rettore n. 3538 del 28 settembre 1991 e di ogni altro atto presupposto; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Universita' degli studi di Genova; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 27 ottobre 1994 la relazione del referendario R. Prosperi, e uditi, altresi', l'avv. Montarsolo per delega dell'avv. Gallanti per i ricorrenti e l'avv. dello Stato De Napoli per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato quanto segue: ESPOSIZIONE DEL FATTO Con ricorso notificato il 17 gennaio 1992 gli epigrafati ricorrenti, tutti dipendenti dell'Universita' di Genova inquadrati alla sesta qualifica funzionale nell'area socio-sanitaria, impugnavano, chiedendone l'annullamento, i provvedimenti con i quali l'Universita' aveva respinto le loro istanze di partecipazione ai corsi finalizzati all'accesso al profilo professionale di collaboratore tecnico, settima qualifica funzionale. Premettevano in fatto che i provvedimenti impugnati erano motivati con l'impossibilita' per gli appartenenti all'area socio-sanitaria di accedere ai corsi sopradetti e deducevano in diritto i seguenti motivi: 1. - Erronea e falsa applicazione delle clausole di bando da parte dei provvedimenti o dell'unico provvedimento di esclusione; eccesso di potere per difetto di motivazione; illegittimita' derivata dei provvedimenti di esclusione per illegittimita' del bando per violazione e falsa applicazione del d.P.C.M. 24 settembre 1991; contraddittorieta' estrinseca ed intrinseca; eccesso di potere per illogicita' manifesta. In realta' il profilo professionale di collaboratore tecnico e' l'unico previsto per le aree tecnico scientifica e socio-sanitaria e dunque l'omissione nel bando del riferimento a tale seconda area non puo' ritenersi esclusione per gli appartenenti a tale area: dunque puo' affermarsi che il profilo sopramenzionato sia comune ad ambedue le aree. Altra interpretazione indurrebbe a considerare illegittimo lo stesso bando. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 3, della legge n. 21/1991 in relazione agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione; illegittimita' derivata dei provvedimenti impugnati. Qualora si dovesse invece ritenere che l'art. 9 della legge n. 21/1991 esclude gli appartenenti alla sesta qualifica funzionale dalla possibilita' di essere ammessi alle selezioni per transitare nella settima qualifica - profilo professionale di collaboratore tecnico, in quanto tale esclusione sarebbe del tutto inspiegabile. I ricorrenti concludevano per l'accoglimento del ricorso, vinte le spese di causa. Si costituiva in giudizio l'Universita' di Genova sostenendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. All'odierna udienza pubblica il ricorso e' passato in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso non puo' essere accolto. I ricorrenti, tutti dipendenti dell'Universita' degli studi di Genova ed inquadrati nella sesta qualifica funzionale nell'area socio-sanitaria del personale non docente, si dolgono del provvedimento adottato nei loro confronti dal rettore, di esclusione dall'ammissione ai corsi professionali interni istituiti ai sensi della legge n. 21/1991 per lo slittamento alla qualifica funzionale superiore. Le censure di cui al motivo sub 1) riguardano la violazione del d.P.C.M. 2 settembre 1981 di declaratoria delle qualifiche funzionali e dei profili professionali, il quale identifica il profilo di collaboratore tecnico come unico profilo previsto per la settima qualifica, tanto per l'area tecnico scientifica, quanto per l'area socio-sanitaria. Il rettore avrebbe dunque errato nell'escludere i ricorrenti dall'accesso ai corsi per l'inquadramento nella settima qualifica funzionale: l'unico profilo professionale comune per le due aree sopradette, comporterebbe l'assenza di distinzione tra area tecnico scientifica ed area socio-sanitaria all'interno della settima qualifica e sarebbe percio' inspiegabile l'ammissione ai corsi degli appartenenti alla prima area e l'esclusione degli appartenenti alla seconda. Ma come gli stessi ricorrenti mostrano di intendere nel secondo motivo di ricorso sollevato in via subordinata, la mancata ammissione ai corsi e' dovuta all'applicazione da parte dell'Universita', del disposto dell'art. 9, comma 3 del d.-l. 24 novembre 1990, n. 344 convertito in legge 23 gennaio 1991, n. 21. Questa norma contiene infatti l'elenco tassativo dei profili professionali pertinenti alla sesta qualifica funzionale ed appartenenti a varie aree del personale universitario non docente cui viene riservato il passaggio alla qualifica superiore mediante corsi di aggiornamento professionale e tra questi non e' rinvenibile il profilo di "assistente" socio sanitario. Il carattere di stretta specialita' della norma esclude qualsiasi possibilita' di interpretazione estensiva e va dunque affrontato il problema della legittimita' costituzionale della previsione, problema rilevante ai fini del decidere, visto che l'oggetto del contendere e' proprio l'ammissione ai corsi di aggiornamento del personale dell'area socio-sanitaria e data l'assenza di ulteriore censura da parte dei ricorrenti. Il Collegio ritiene di dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 3 della legge n. 21/1991 nella parte in cui viene disposta l'esclusione in controversia, sia sotto il combinato disposto degli artt. 3 e 97 della Costituzione, sia in riferimento all'art. 36, cosi' come prospettato dai ricorrenti. Quanto agli artt. 3 e 97 si deve rilevare che l'art. 9, comma 3, sopradetto, elenca svariati profili inquadrati nella sesta qualifica funzionale ed appartenenti a molteplici aree professionali e virtualmente tutte quelle per le quali l'ordinamento prevede un profilo della settima qualifica funzionale. Dunque l'area socio-sanitaria viene a rimanere l'unica per la quale il legislatore non prevede, o meglio, quella per la quale il legislatore esclude la possibilita' di passaggio dalla sesta alla settima qualifica funzionale. Non sembra possano rinvenirsi giustificazioni a tale evidente disparita' di trattamento, disparita' che appare ancor piu' evidente ove si consideri l'elemento dell'identita' di profilo di collaboratore tecnico per l'area tecnico scientifica e socio- sanitaria relativamente alla settima qualifica funzionale. Ne' la previsione dell'art. 22, comma 7, del d.P.R. 3 agosto 1990, n. 319, la quale dispone nei confronti del personale rivestente il profilo di assistente socio sanitario di tale area l'applicazione, ove piu' favorevole, degli istituti giuridici ed economici riconosciuti a favore del corrispondente personale del Servizio sanitario nazionale, sembra possa ritenersi adeguato bilanciamento della esclusione in parola. Infatti lo "stralcio", tale si puo' definire, di una parte di categorie dal proprio comparto, categorie "rinviate" ad altro comparto crea una rottura normativa settoriale che potrebbe forse giusticarsi con il rinvio dell'intera area socio-sanitaria alle normative concernenti il S.S.N., ma non e' comprensibile ove lo si disponga per la sola sesta qualifica funzionale. Quindi e' evidente altresi' la lesione dell'art. 97 della Costituzione, visto il frantumarsi irragionevole delle discipline di comparto. Lo "stralcio" predetto dovrebbe altresi' comportare la lesione dell'art. 36 della Costituzione in quanto la progressione in carriera ed i conseguenti benefici economici previsti in via generale, vengono ad essere mortificati. Per le ragioni suesposte deve quindi essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio.