Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni  promosso  dalla  regione
 Emilia-Romagna, in persona del presidente della Giunta regionale pro-
 tempore,  dott.  Pier  Luigi  Bersani,  autorizzato con deliberazione
 della giunta regionale n. 257 in data 7 febbraio 1995,  rappresentata
 e  difesa  per  mandato  speciale  a  margine  dal  prof. avv. Franco
 Mastragostino  e  dall'avv.   Adriano   Giuffre'   ed   elettivamente
 domiciliata  presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Collina n.
 36 contro il Presidente del Consiglio dei  Ministri  pro-tempore;  in
 relazione  al decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari
 e forestali in data 6 dicembre  1994,  di  cui  alla  nota  prot.  n.
 35512/1172,  non ancora pubblicato e non portato a conoscenza diretta
 della regione Emilia-Romagna, con  il  quale  e'  stato  disposto  lo
 scioglimento  del  consiglio  di  amministrazione  e del collegio dei
 sindaci di nomina assembleare del Consorzio  agrario  provinciale  di
 Piacenza,   decretato   il   commissariamentoe  nominato  commissario
 governativo il dott. Piero Vincenzo  Bellezza  fino  al  31  dicembre
 1995.
                           PREMESSO IN FATTO
    Alla fine del mese di dicembre 1994 perveniva al Consorzio agrario
 provinciale  di Piacenza una nota del capo di gabinetto del Ministero
 per le risorse agricole, alimentari e forestali del 7  dicembre  1994
 (prot.  n.  35531  pos. 1172) con la quale veniva trasmessa copia del
 decreto ministeriale 6 dicembre 1994, indicato  in  epigrafe,  e  che
 risulta  essere  stato  adottato  ai  sensi dell'art. 35 del d.lgs. 7
 maggio 1948, n. 1235 e degli artt. 2542 e 2543 del cod. civ.
    La regione Emilia-Romagna non e' stata direttamente notiziata  dal
 Ministero,  ne'  il  decreto  risulta  a  tutt'oggi  pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale; di cio' e' stata presa conoscenza  a  seguito  di
 successiva  comunicazione  effettuata  ad  opera dell'amministrazione
 provinciale di Piacenza.
    Con tale decreto il Ministero - sul dichiarato presupposto che  il
 bilancio  del  consorzio,  "pur  chiudendo  al  31  dicembre  1993 in
 pareggio per motivi riconducibili a proventi straordinari,  evidenzia
 un  andamento negativo", e che vi sarebbe "la necessita' della nomina
 di un commissario  governativo  per  l'attuazione  dei  provvedimenti
 indispensabili  ad  assicurare  al  consorzio stesso la funzionalita'
 sotto  il  profilo  finanziario  ed  economico"  -  ha  disposto   lo
 scioglimento  del  consiglio  di  amministrazione  e del collegio dei
 sindaci del  consorzio  e  la  contestuale  nomina  del  dott.  Piero
 Vincenzo  Bellezza  a  commissario governativo del consorzio medesimo
 fino al 31 dicembre  1995  (art.  1);  il  conferimento  al  suddetto
 commissario  dei  poteri  e  delle facolta' che la legge e lo statuto
 affidano al consiglio di amministrazione  ed  al  comitato  esecutivo
 (art. 2).
    Sta  di  fatto  che,  al  di  la'  dei  vizi  intrinseci derivanti
 dall'assoluta carenza, nel  caso,  dei  presupposti  di  fatto  e  di
 diritto cui la legge subordina l'adozione di misure cosi' gravi e de-
 finitive   quali   quelle   dello   scioglimento   degli   organi  di
 amministrazione dell'ente e del suo commissariamento, il  decreto  e'
 innanzitutto  e  primariamente censurabile con il mezzo del conflitto
 di  attribuzioni  per  rappresentare  una  inequivoca  ed  arbitraria
 espressione di abuso di poteri e funzioni pacificamente demandate per
 legge alla regione, e non allo Stato.
                             D I R I T T O
    Illegittimita'  del  decreto del Ministero delle risorse agricole,
 alimentari e forestali in data 6 dicembre 1994 per  violazione  degli
 artt.  117  e  118  della  Costituzione in riferimento all'art. 2 del
 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; agli artt. 66  e  ss.  del  d.P.R.  24
 luglio  1977,  n. 616; agli artt. 1, secondo comma, e 2, terzo comma,
 della legge 4 dicembre 1993, n. 491. Violazione dei principi generali
 in materia di riparto di competenze fra Stato e regioni.  Eccesso  di
 potere per travisamento dei presupposti.
    Preme  subito rilevare che esiste un lontano precedente di codesta
 ecc.ma Corte costituzionale in subiecta materia.
    La spettanza allo Stato delle funzioni di vigilanza  sui  consorzi
 agrari  e' stata avvalorata dalla sentenza n. 63/1969, peraltro gia',
 all'epoca, contestata in dottrina (cfr. S. Bartole  nella  nota  alla
 sentenza n. 63/1969, in Giur. Cost., 1969, 1015 ss.).
    La Corte ritenne, allora, che fosse di competenza del Ministero (e
 non  della  regione Friuli-Venezia Giulia) la nomina di un componente
 del collegio sindacale di un  consorzio  agrario,  sulla  base  della
 supposta  prevalenza  dei  compiti  di  spettanza  statale svolti dai
 consorzi nell'ambito della politica agricola e della regolazione  del
 mercato.
    Rispetto  a questa posizione di partenza, affermata nel 1969, sono
 pero' nel frattempo sopravvenuti i seguenti fatti e circostanze.
     a) Il primo trasferimento di funzioni di cui al d.P.R. 15 gennaio
 1972, n. 11 (art. 2) che, in materia di agricoltura  e  foreste,  in-
 clude  espressamente  nel  trasferimento "le funzioni amministrative,
 comprese quelle di vigilanza e di  tutela,  esercitate  dagli  organi
 centrali e periferici dello Stato in ordine agli enti di sviluppo" ed
 agli  altri  "enti,  consorzi, istituzioni ed organizzazioni locali",
 agricole, purche' "operanti in una sola regione".
     b) Il completamento del  trasferimento  disposto  dal  d.P.R.  n.
 616/1977   nel   settore   agricoltura   e  foreste,  dove  all'ampia
 definizione della materia trasferita alle regioni (cfr. art. 66, spe-
 cie con riferimento alle funzioni relative ai  soggetti  che  operano
 nel campo agricolo, alla cooperazione, al miglioramento fondiario, ad
 ogni altro intervento sulle strutture agricole anche in attuazione di
 direttive  e  regolamenti  comunitari  (lett.  e)), si contrappone la
 tassativita' delle competenze trattenute dallo Stato, di cui all'art.
 71.
    Sicche'  nessuna   giustificazione   parrebbe   trarsi   dall'atto
 impugnato,  di  un  superstite  potere  di  vigilanza dello Stato sui
 consorzi provinciali se non l'unico richiamo, anche se assai  lontano
 ed  indiretto, riguardante "gli interventi di interesse nazionale per
 la regolazione del mercato agricolo" (art. 71, lett. d)).
     c) L'istituzione dell'AIMA (con legge n. 303/1966, riordinata con
 legge 14 agosto 1982, n. 610) ed ora dell'EIMA (con legge 26  gennaio
 1995,  n.  23)  quale  strumento  di  intervento  statale nel mercato
 agricolo, che toglie qualsivoglia residuo coinvolgimento dei consorzi
 provinciali in questa attivita'.
    Sotto questo profilo, pertanto, la giustificazione che ha ispirato
 la sentenza della Corte n.  63/1969  -  per  cui  i  consorzi  agrari
 provinciali  sarebbero strumenti dell'intervento pubblico sul mercato
 agricolo e percio' dominati  dall'interesse  nazionale  -  e'  oramai
 affetta da palese anacronismo.
    Altri  sono i mezzi e le forme dell'intervento statale sul mercato
 (appunto  attraverso  l'AIMA,  ora  EIMA),  mentre  la  funzione  dei
 consorzi  agrari  si  e'  ridotta  sensibilmente alla mera cura degli
 interessi degli operatori consorziati,  tipicamente  riferibili  alla
 dimensione locale.
    Del   resto,  altrimenti  ragionando  si  arriverebbe  all'assurda
 conseguenza di sottrarre alle regioni qualsivoglia  competenza  sugli
 operatori economici in materia agricola.
    Il che e' smentito dalle ampie attribuzioni, da tempo riconosciute
 nel  settore  e  che  vanno dall'attuazione della normativa CEE sulle
 imprese  agricole,  alla  cooperazione,  al  lavoro   giovanile,   al
 "miglioramento   fondiario"   e   "l'ammodernamento  delle  strutture
 fondiarie", agli  interventi  di  "incentivazione  e  sostegno  della
 cooperazione  e  delle  strutture associative per la coltivazione, la
 lavorazione ed il commercio dei prodotti agricoli"  (lett.  b)  e  c)
 dell'art.  66,  del  d.P.R.  n.  616/1977),  alla  "costruzione  e la
 gestione  di  impianti  per  la  raccolta,   la   conservazione,   la
 lavorazione,  la  trasformazione  e la vendita di prodotti agricoli e
 zootecnici" (art. 67, primo comma, del d.P.R. n.  616/1977).  Infine,
 "pacifica"  per  la  piu' autorevole dottrina (cfr. L. Paladin - Dir.
 Reg. 1992, pag. 183) e' ritenuta la competenza delle  regioni  quanto
 alla "disciplina dei consorzi di miglioramento agrario e fondiario".
     d)  Infine,  quale  ultima  e  non  meno  rilevante  circostanza,
 l'emanazione della legge 4 dicembre 1993, n. 491 che, a  seguito  del
 referendum abrogativo, ha trasformato il Ministero dell'agricoltura e
 foreste in Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali.
    Quest'ultima   legge,   provocata,   non  a  caso,  da  iniziative
 referendarie regionali, e' tassativa nel trasferire tutte le funzioni
 in materia alle regioni, con la sola esclusione di  quelle  attivita'
 raccordabili   alla   cura   delle   relazioni  internazionali,  alla
 partecipazione   dell'Italia   alla   politica   comunitaria,    allo
 svolgimento  di  attivita'  generali  necessarie all'attuazione delle
 norme comunitarie, alla definizione delle politiche nazionali,  senza
 che   in  alcuno  dei  compiti  mantenuti  in  capo  al  Ministero  -
 ristrutturato - sia possibile ritrovare il  benche'  minimo  appiglio
 che  giustifichi  la  permanenza  delle  funzioni  di  vigilanza  sui
 consorzi provinciali.
    Ora, a prescindere dai -  del  tutto  contestabili  nel  merito  -
 presupposti  che  il Ministero ha ritenuto di intravedere nel caso di
 specie, a tal punto da  disporre  lo  scioglimento  degli  organi  di
 amministrazione  del  consorzio  di  Piacenza,  non par dubbio che lo
 stesso esercizio di questo potere e'  un  esempio  emblematico  della
 persistenza  di  una  visione centralistico-burocratica della materia
 "agricoltura" che persiste, nonostante la successione di  atti  tutti
 rivolti alla regionalizzazione della materia.
    Nella  sua emblematicita', la logica centralistica che ha ispirato
 l'agire del Ministero  rappresenta  una  inaccettabile  invasione  di
 attribuzioni regionali, in palese spregio del principio di legalita',
 se  e'  vero  che  il  provvedimento qui censurato e' successivo alla
 legge (4 dicembre  1993,  n.  491),  che  ha  rimodellato  l'apparato
 ministeriale con le tassative attribuzioni di cui sopra si e' detto.