L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 17 febbraio 1995 ha approvato il disegno di legge n. 694 dal titolo "Contributo annuale alla fondazione Museo Mandralisca di Cefalu', alla associazione Istituto internazionale del papiro di Siracusa, alla Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari Museo delle Marionette di Palermo ed alla fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella a Capo d'Orlando", pervenuto a questo commissariato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il 20 febbraio 1995. Il provvedimento legislativo, con il quale si autorizza l'assessore regionale del ramo ad erogare contributi annuali in favore delle predette istituzioni culturali, da' adito a rilievi di carattere costituzionale, sotto il profilo della violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, per i motivi che di seguito si espongono. A fronte di una legislazione ordinaria e di principio che prevede l'ammissione a contributi pubblici di tutti i soggetti pubblici e privati su un piano di parita' per il mantenimento e l'esercizio di attivita' di rilevante interesse culturale e fruibili dalla collettivita', l'assemblea regionale interviene con un provvedimento ad hoc destinato esclusivamente a quattro istituzioni, senza ancorare la scelta operata a precisi e confacenti parametri di comparazione e valutazione. Il principio di eguaglianza (art. 13 della Costituzione), infatti, esige che le leggi singolari, come quella in esame, corrispondano ad obiettive diversita' delle situazioni considerate (id est, istituzioni culturali di comprovato interesse collettivo che operino in difficili condizioni finanziarie) rispetto a quelle di enti similari, che giustifichino razionalmente ed obiettivamente la disciplina di privilegio adottata. Occorre, pertanto, che la ratio della legge si esaurisca nella fattispecie da questa considerata e non possa essere estesa a situazioni, concrete o ipotizzabili, che, pur presentando elementi comuni con esse, se ne diversifichino in modo e misura tali da non rendere loro applicabile la normativa disposta per il caso singolo. Ove queste condizioni non esistono, ove cioe' come nella fattispecie in esame, sussistono situazioni omogenee rispetto a quelle singolarmente considerate, non si puo' non incorrere nella violazione del principio di eguaglianza, perche' si determinano ingiustificate posizioni di vantaggio per le istituzioni beneficiarie della legge rispetto a quelle escluse. Infatti, come viene riconosciuto dalla stessa commissione legislativa nella relazione illustrativa del disegno di legge "vi sono istituzioni culturali in Sicilia che, nonostante l'indubbio interesse collettivo che rivestono tanto per la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico comune, quanto per le potenzialita' turistiche e quindi economiche in senso lato, vivono costantemente sull'orlo del tracollo finanziario e organizzativo e che spesso hanno continuato ad esistere solo per l'impegno volontario di chi ne e' direttamente responsabile. Rientrano in questa casistica certamente la fondazione Museo Mandralisca di Cefalu', l'associazione Istituto internazionale del Papiro di Siracusa, il Museo delle Marionette di Palermo e la fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella di Capo d'Orlando". Orbene, se non sono contestabili la valenza ed il rilievo, anche a livello ultraregionale, delle associazioni e fondazioni beneficiarie della sovvenzione, cio' che costituisce motivo di censura e' l'omessa valutazione e comparizione della loro situazione con quella delle altre istituzioni operanti in Sicilia, peraltro espressamente tenuta presente dalla stessa commissione. Infatti, se rientra nella discrezionalita' del legislatore regionale stabilire l'ambito della disciplina da adottare, non sfugge alla verifica del giudice delle leggi accertare che non vi e' contrasto tra la ratio della legge (la salvaguardia e la fruizione dei beni culturali di rilievo pubblico) e la sua limitazione a pochi e ben individuati casi concreti. Detto esame comparativo avrebbe potuto invero essere effettuato, mediante una esaustiva istruttoria in sede di esame del d.d.l. da parte della commissione di merito dalla cui conclusione fosse emersa un'obiettiva diversita' di condizioni che giustificava la scelta operata dal legislatore in favore dei citati quattro enti con esclusione degli altri casi cui lo stesso trattamento avrebbe potuto estendersi. Secondo costante giurisprudenza di codesta Corte, e' stato ritenuto non leso il principio di cui all'art. 3 della Costituzione soltanto nell'ipotesi in cui le situazioni giuridiche messe a confronto sono intrinsecamente eterogenee e quando differiscono fra loro per aspetti del tutto particolari. Nella fattispecie in argomento, secondo anche quanto emerge dai lavori preparatori e dai chiarimenti forniti dai competenti organi regionali ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969, non si rileva una particolare situazione sotto il profilo finanziario degli enti destinatari del provvedimento legislativo che giustifichi l'intervento derogatorio. Se e', infatti, vero che i predetti enti in atto versano in condizioni finanziarie difficili, e' altrettanto vero che altri enti operanti nello stesso settore soffrono dello stesso anche piu' grave disagio. D'altronde rimedio congruo e razionale poteva invero essere costituito dal corrispondente come nel recente passato, un contributo una tantum senza pregiudicare per il futuro, in attesa dell'adozione di una disciplina generale ed organica, la disponibilita' delle poche risorse da destinare in maniera equa e differenziata a tutti gli altri soggetti, in relazione all'entita' degli interessi e dei bisogni da soddisfare. Ed invero lo stesso assessore regionale, come e' dato evincere dal contenuto della nota n. 280 del 23 febbraio 1995 (allegato 1) aveva evidenziato in seno alla commissione di merito l'inopportunita' di "continuare con il sistema degli interventi finalizzati tendenti a disperdere le poche risorse a disposizione della regione" ed aveva proposto di procedere ad una revisione critica dell'intero sistema degli interventi nel settore. La disposizione legislativa de qua e' inoltre censurabile sotto il profilo del mancato rispetto del principio del buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. Il legislatore omette, infatti, di introdurre la indispensabile disciplina relativa alla utilizzazione del contributo, limitandosi a destinarlo genericamente al perseguimento dei fini istituzionali, senza prescrivere il controllo e la verifica dei risultati conseguiti e quindi del corretto impiego delle provvidenze erogate. Ne' serve a superare la censura di illegittimita' sotto il suddetto profilo il rinvio al generico potere di vigilanza attribuito all'assessore preposto al ramo, in virtu' del quale e' stata emanata una circolare nel 1991 che regolamenta le modalita' per l'erogazione dei contributi disposti da leggi regionali in favore degli istituti culturali. La possibilita' non remota che le prescrizioni contenute nella suddetta circolare non siano del tutto vincolanti e possano agevolmente essere disattese e' resa evidente anche dai chiarimenti forniti dall'assessorato (allegato 1), secondo cui uno degli enti beneficiari, destinatario di precedente contributo straordinario ex art. 56 della l.r. n. 15/1993, non ha a tutt'oggi reso il rendiconto sull'utilizzazione delle somme percepite. Il legislatore, inoltre, non ha tenuto nella debita considerazione la circostanza che talune istituzioni sono gia' destinatarie, come si evince dagli acclusi bilanci (allegato 2), di provvidenze di diverso importo erogate da altri soggetti pubblici. Tale omessa valutazione e' indice di mancato ossequio ai criteri del buon andamento della p.a., giacche' si sarebbe piu' opportunamente dovuto prevedre, quanto meno, l'alternativita' e/o la sussidiarieta' dell'intervento regionale rispetto alle altre forme di finanziamento pubblico e cio' al fine di garantire non solo la par condicio sostanziale tra le singole istituzioni culturali, ma anche la ottimale utilizzazione delle risorse, peraltro esigue, destinate a garantire il mantenimento e la fruizione da parte della collettivita' dei beni culturali esistenti. Dagli stessi lavori preparatori, inoltre, si rileva che nonostante sia emersa l'obiettiva ed improcrastinabile necessita' di procedere, in tempi regionevolmente brevi, all'adozione di un'organica disciplina degli interventi regionali in materia, il legislatore, pur prendendo atto dell'esistenza di altre istituzioni e realta' parimenti abbisognevoli di sostegno, ha individuato, sulla scorta di un d.d.l. di iniziativa parlamentare e previa audizione dei rispettivi rappresentanti, solo quattro istituzioni attribuendo loro un contributo a regime, ritenendo con cio' rispettata la previsione degli articoli del regolamento che disciplinano la partecipazione all'elaborazione dei progetti di legge dei rappresentanti degli interessi professionali. Ed invero, che l'imparzialita' e la trasparenza costituiscano elementi connaturati al buon andamento risulta indubbio anche dal limite imposto dal legislatore nazionale e regionale al potere discrezionale della p.a., con le leggi sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990 e l.r. n. 10/1991, rispettivamente articoli 12 e 13). Non appare, pertanto, ragionevole che il legislatore possa esimersi dall'osservanza delle norme da esso stesso poste in via generale ed adottare quindi una norma di privilegio, non suffragata da congrue e specifiche motivazioni. Non ininfluente e', altresi', la circostanza che il contributo ordinario teste' disposto sia rivolto ad istituzioni che versano in situazioni oggettivamente diverse. Infatti, mentre per alcune di esse sussistono concrete difficolta' finanziarie, nonostante, in qualche caso, l'esistenza di un cospicuo patrimonio, per altre il contributo regionale verrebbe accordato anche in presenza di una situazione economica non deficitaria. In quest'ultima ipotesi il legislatore avrebbe dovuto quantomeno subordinare l'erogazione ed il mantenimento del finanziamento annuale alla preventiva presentazione e valutazione di un programma che giustifichi l'esigenza dell'impiego di altre risorse. Infine non e' superfluo rilevare che nel corso della discussione in commissione l'assessore regionale ha messo in evidenza l'esigenza di una diversa politica culturale in Sicilia, osservando, in particolare, che numerosi musei istituiti con la legge regionale n. 17/1991 rimangono chiusi per mancanza di adeguati fondi da destinare all'assunzione di personale ed alla manutenzione dei locali. Da cio' emerge palesemente quanto sia incongrua l'adozione del disegno di legge con il quale si finanziano enti privati, certamente meritevoli di attenzione, nel momento stesso in cui si constata che non sono bastevoli i fondi previsti in bilancio per il mantenimento di non meno meritevoli istituzioni di carattere pubblico.