IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza rg. 428/1994, r.n.r. 1010/1993; Visti gli atti del sopraccitato procedimento contro, Turone Francesco, Vitale Girolamo e Scebba Ignazia, imputati in concorso fra loro: a) del reato p. e p. dall'art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985 per avere realizzato il manufatto sotto descritto in totale difformita' dalla concessione edilizia n. 15/1989 in zona sottoposta a vincolo paesistico e in violazione degli indici di fabbricabilita': aumento volumetrico di circa mq. 435 pari al raddoppio dei volumi concessi e traslazione del manufatto a circa metri 40 di distanza dal sito autorizzato; b) del reato p. e p. dagli artt. 1, 2, 4, 13 e 14 della legge n. 1086/1971 per avere eseguito i lavori edili di cui al capo a) in conglomerato cementizio armato senza progetto e senza direzione di un tecnico abilitato ed omettendo di denunciare le suddette opere all'ufficio del genio civile; c) reato p. e p. dagli artt. 17, 18 e 20 della legge n. 64/1974 per avere eseguito i lavori edili di cui al capo a) in zona sismica senza averne fatto denuncia al genio civile e senza averne ottenuto la preventiva autorizzazione scritta; d) reato p. e p. dall'art. 221 t.u.l.s. per avere adibito i locali di cui al capo a) ad abitazione senza averne previamente ottenuto l'abitabilita'; e) del reato p. e p. dall'art. 1-sexies della legge n. 431/1985 per avere realizzato il suddetto manufatto in zona vincolata senza autorizzazione; f) reato p. e p. dall'art. 734 del c.p. per avere con l'opera in oggetto deturpato le bellezze naturali del luogo; Accertato in Mazzarino a far data dal maggio 1993; Vista la legge 11 marzo 1953, n. 87, ed in particolare l'art. 23, commi terzo, primo e secondo; Ritenuto di dover sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale delle norme di cui all'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonche' dell'art. 38 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nelle quali e' ravvisata: a) la violazione dell'art. 79 della Costituzione; b) la violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo della irragionevolezza di tali norme e della disparita' di trattamento che le stesse introducono, nell'ordinamento, se poste in relazione agli artt. 9, secondo comma, 32, primo comma, della Costituzione; Ritenuto che le prospettate questioni appaiono tutte rilevanti e non manifestamente infondate per i seguenti motivi; MOTIVI DI RILEVANZA La difesa ha prodotto in giudizio la ricevuta comprovante l'avvenuto versamento, in data 14 dicembre 1994, da parte di Turone Francesco, dell'oblazione, prevista per giungere a sanatoria dell'illecito edilizio che viene contestato agli imputati; ha quindi fatto istanza di sospensione del processo. Tale istanza rende evidente, e processuale, la volonta' di valersi dell'intera procedura di sanatoria per ottenere il "condono edilizio". Ne consegue che, come ha gia' stabilito la Corte costituzionale in caso analogo (sentenza 23-31 marzo 1988, n. 369) divengono rilevanti nella specie le questioni di costituzionalita' relative alle norme di legge sopra indicate, le quali disciplinano il meccanismo procedimentale di sanatoria, fino a prevedere l'effetto estintivo degli illeciti penali urbanistici ed edilizi oggetto del presente giudizio. Non ogni processo per illeciti urbanistici o edilizi va peraltro sospeso, ma soltanto quelli riguardanti immobili che, in quanto rispondenti ai requisiti posti dalle norme contenute nell'art. 39 della legge n. 724/1994, sono suscettibili di sanatoria. Alla luce di quelle norme, ad esempio, il giudice deve esaminare, il tempus commissi delicti; e dunque le medesime assumono a maggior ragione rilevanza nel presente processo. La norma di cui all'art. 38 della legge n. 47/1985 rileva nel presente processo poiche' disciplina dell'effetto conclusivo, sotto il profilo penalistico, del meccanismo del condono edilizio, avviatosi con la sospensione del processo: l'estinzione cioe' dei reati urbanistici ed edilizi contestati nel presente giudizio agli imputati. MOTIVI DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA a) Violazione dell'art. 79. Il "potere di clemenza" incontra dei limiti, anche procedurali, nella Carta costituzionale; tra essi quello, recentemente posto dal legislatore costituzionale con la revisione dell'art. 79 (legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1): prevede la norma che l'amnistia sia concessa con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. Il "condono edilizio" si configura come istituto di clemenza attraverso il quale viene meno, limitatamente a fatti tipici, commessi in un circoscritto periodo di tempo, anteriore alla sua operativita', la pretesa punitiva dello Stato. Analizzandone il meccanismo operativo, la Corte costituzionale si e' espressa (con la sentenza n. 369/1988) nel senso che tale istituto non possa essere ricondotto alla figura tipica dell'amnistia condizionata, e introduca invece una causa atipica di estinzione del reato. L'assunto da cui muove questo pretore e' che il condono, comunque lo si etichetti, costituisce forma d'esercizio della generale potesta' di clemenza dello Stato, e deve percio' essere concesso con le forme previste dall'art. 79 della Costituzione. Ed invece la norma contenuta nell'art. 39 della legge n. 724/1994, nonostante disponga (in buona sostanza) la riapertura dei termini del condono edilizio contenuti nelle disposizioni di cui ai capi quarto e quinto della legge n. 47/1985, fino ad estendere l'effetto estintivo dei reati agli illeciti commessi a tutto il 31 dicembre 1993, e' stata notoriamente approvata a maggioranza semplice. A giudizio di questo pretore il termine "amnistia", contenuto nel citato art. 79, non va inteso in senso strettamente tecnico (dando cioe' rilievo preminente al peculiare meccanismo operativo dell'istituto), ma ricondotto ad una nozione generale di misura di clemenza, caratterizzata da elementi "sostanziali" tipici (effetto estintivo del reato limitato a fatti determinati, commessi in un circoscritto periodo di tempo, anteriore alla sua entrata in vigore) comuni tanto alla tradizionale aministia quanto al condono. E dal disposto dell'art. 79 della Costituzione emerge chiaramente la volonta' che l'emanazione di misure clemenziali generali, comportanti l'estinzione del reato, sia riservata ad una maggioranza parlamentare particolarmente qualificata, alla quale soltanto e' rimessa la potesta' di limitare con tale estensione la pretesa punitiva pubblica. Cio' trova conferma anche nel carattere di eccezionalita' che la stessa Carta costituzionale attribuisce (all'art. 75, secondo comma) alle leggi che introducono tali misure. La questione teste' prospettata appare non manifestamente infondata: a ritenere che il Parlamento possa deliberare una legge che concede una misura generale di clemenza distinta solo per fisionomia, e non anche per effetti giuridici, dalla tradizionale amnistia, si giungerebbe ad una sostanziale elusione del dettato costituzionale. Violazione dell'art. 3, anche in relazione agli artt. 9, secondo comma, e 32, primo comma.