IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 107/1991 proposto da Marchi Carla, rappresentata e difesa dall'avv. Gesuele Panucci ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Francesco Rocco di Torrepadula in Milano, via Cesare Battisti, n. 1, contro l'I.N.P.S., in persona del suo presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Casalvieri e Giuseppe Giannini ed elettivamente domiciliato in Milano, piazza Missori, n. 12 e nei confronti della sede provinciale dell'I.N.P.S. di Milano per l'accertamento del diritto al computo dell'indennita' integrativa speciale nel trattamento di fine lavoro; Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza del 10 giugno 1994, il relatore dott. Francesco Mariuzzo; Uditi, altresi', i procuratori delle parti; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con ricorso notificato il 21 dicembre 1990, depositato il 14 gennaio 1991, la dott.ssa Carla Marchi, premesso di avere prestato servizio presso il resistente ente sino all'8 dicembre 1985 e di avere percepito la somma di L. 46.946.407 a titolo di liquidazione, assume l'illegittimita' del computo a tal fine effettuato, he avrebbe tenuto conto soltanto dello stipendio tabellare e non anche dell'indennita' integrativa speciale. Quest'ultima dovrebbe considerarsi, invece, parte integrante della retribuzione annua spettante, a norma dell'art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 75 e del regolamento del personale dell'I.N.P.S . Il suddetto ente si e' costituito in giudizio, resistendo alla domanda e richiamandosi sia alla legge 27 maggio 1959, n. 324 che alla giurisprudenza del giudice amministrativo al riguardo consolidatasi. All'udienza del 10 giugno 1994 la causa e' stata trattenuta a sentenza dal Collegio. D I R I T T O La questione sulla quale viene richiesto l'esame del Tribunale attiene alla rivendicata computabilita' dell'indennita' integrativa speciale nella liquidazione del trattamento di fine lavoro spettante al dipendente dell'I.N.P.S . In proposito, occorre premettere che, successivamente all'introduzione del presente giudizio, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita' dell'art. 1, terzo comma, lettere b) e c) della legge 27 maggio 1959, n. 324, nonche' degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 e degli artt. 13 e 26 della legge 20 marzo 1975, n. 70, nella parte in cui non prevedono i calcolo dell'i.i.s. nei relativi trattamenti di fine lavoro (sent. 19 maggio 1993, n. 243). In tale occasione la Corte ha soggiunto che, pur divenendo gli interressati titolari del diritto soggettivo all'inclusione del visto emolumento nella retribuzione, spetta comunque in via esclusiva al legislatore la determinazione della misura, dei modi e dei tempi del necessario computo e con cio' la concreta realizzazione del detto beneficio. Chiarito quanto precede va gradatamente rilevato che, nelle more, e' entrata in vigore la legge 29 gennaio 1994, n. 87, che ha stabilito che la gia' ricordata indennita' deve essere considerata ai fini di cui sopra a decorrere dal 1 dicembre 1994 e, per i dipendenti degli enti di cui alla legge 30 marzo 1975, n. 70, nella misura del 30% di quella annualmente percepita alla data di cessazione dal servizio; il tutto, previa richiesta da presentare all'amministrazione di appartenenza entro il termine perentorio del 30 settembre 1994. La medesima legge, ha inoltre, stabilito che, in relazione a quanto sopra, i giudizi pendenti sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese tra le parti, mentre i provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato restano privi di effetto. A fronte del quadro normativo cosi' delineatosi reputa il Collegio non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa della ricorrente nel corso della discussione orale. E' sufficiente sottolineare al riguardo che analoga previsione di estinzione dei giudizi pendenti con compensazione delle spese di giudizio, e' stata gia' dichiarata incostituzionale dal giudice delle leggi (legge 6 agosto 1984, n. 425), siccome riferita a pretese tempestivamente azionate dagli aventi diritto anteriormente alla loro nuova disciplina in sede legislativa (sent. 10 aprile 1987, n. 123). Vi e', poi, da osservare che, seppure la Corte costituzionale abbia riconosciuto al legislatore l'esercizio di una lata discrezionalita' nella determinazione dei tempi e della misura dle dovuto riconoscimento, l'indicazione della percentuale del 30%, associata all'esclusione della rivalutazione e degli interessi legali, fortemente indubita la effettivita' ed adeguatezza del relativo computo. L'obbligo di estinzione sancito nella legge 29 gennaio 1994, n. 87 di per se' escluderebbe dunque ogni possibilita' di ulteriore rinvio alla Corte per il riscontro dell'osservanza dei parametri gia' indicati dalla stessa nella ricordata sentenza 19 maggio 1993, n. 243. Il che pare autonomamente tradursi in una violazione non solo degli artt. 3, 24, primo e secondo comma e 25, primo comma della Costituzione, ma, altresi', degli artt. 3, 36, 103 e 113 della stessa, addove arbitrariamente viene ridotta la tutela giurisdizionale accordata dal giudice amministrtivo, assoggettando i dipendenti in questione ad un trattamento sperequato rispetto a quello di altri soggetti, gia' in godimento di una poziore posizione in sede di collocamento a riposo. Rafforza, infine, il delineato dubbio di incostituzionalita' la circostanza che il legislatore ha rimesso la parziale riliquidazione in questione ad una procedura amministrativa, con la eventuale necessita' che, sia in relazione alla conclusione di questa che ad altre insorgenti questioni, gli interessati debbano risproporre azione davanti al Giudice amministrativo: dal che sembra corrispondente discendere una arbitraria posticipazione della tutela ed un ingiusto aggravio di spese di giudizio, a fronte dei quali la disposta estinzione di quelli pendenti rappresenta la fonte di una lesione non meramente ipotetica ed eventuale. Al Collegio non sono certamente ignote le gravissime difficolta' della finanza pubblica e le ragioni per le quali il pur doveroso riconoscimento della natura retributiva piena dell'indennita' integrativa speciale ha condotto ad una - cosi' modesta commisurazione della stessa a favore di soggetti che l'hanno rivendicata in giudizio. Tutto cio' non pare, tuttavia, ragionevole e proporzionata espressione di quella discrezionalita' che la Corte costituzionale ha riferito al legislatore, risolvendosi la disposta incisione in un trattamento deteriore e sperequato rispetto sia ad altri dipendenti pubblici che alle altre componenti della retribuzione da computarsi invece integralmente ai fini del trattamento di fine servizio.