ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 146, n. 3, del codice penale, cosi' come modificato dall'art. 1 della legge 14 luglio 1993, n. 222, che ha convertito il decreto-legge 14 maggio 1993, n. 139 (Disposizioni urgenti relative al trattamento di persone detenute affette da HIV e di tossicodipendenti), promossi con due ordinanze emesse il 12 aprile 1994 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nei procedimenti riuniti di sorveglianza nei confronti di Bergamo Ciro e di Moscaritolo Michelangelo, iscritte ai nn. 526 e 527 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino ha sollevato, con due ordinanze di identico contenuto, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146 n. 3 del codice penale, come inserito dall'art. 2 del decreto-legge 14 maggio 1993, n. 139 (Disposizioni urgenti relative al trattamento di persone detenute affette da HIV e di tossicodipendenti) convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 1993, n. 222, nella parte in cui prevede il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena se deve avere luogo nei confronti di persona affetta da HIV nei casi di incompatibilita' con lo stato di detenzione ai sensi dell'art. 286- bis, comma 1, del codice di procedura penale; che a tal proposito il giudice a quo deduce la violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione in quanto "la malattia continuera' a sussistere e la pena detentiva di fatto restera' sospesa sine die", con effetto asseritamente "deflagrante rispetto alla sistematicita' dell'ordinamento e alla razionalita' dell'intero sistema", giacche' qualunque reato commetta la persona che ha ottenuto il differimento dell'esecuzione della pena "vi e' la certezza che nessuna sanzione penale potra' essere eseguita nei suoi confronti"; che in uno dei giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile; Considerato che le ordinanze sollevano la medesima questione e che pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unico provvedimento; che questa Corte, chiamata a pronunciarsi su questione del tutto analoga, ne ha dichiarato la non fondatezza (v. sentenza n. 70 del 1994) osservando, fra l'altro, che, dovendosi porre a fondamento della nuova ipotesi di differimento della esecuzione della pena "l'esigenza di assicurare il diritto alla salute nel particolare consorzio carcerario", ne deriva che la liberazione del condannato non puo' "ritenersi frutto di una scelta arbitraria" cosi' come neppure puo' affermarsi "che la liberazione stessa integri, sempre e comunque, un fattore di compromissione delle contrapposte esigenze di tutela collettiva", giacche' non e' la pena differita in quanto tale "a determinare una situazione di pericolo, ma, semmai, la carenza di adeguati strumenti preventivi volti ad impedire che il condannato, posto in liberta', commetta nuovi reati"; e che, pertanto, non adducendo le ordinanze di rimessione argomenti nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.