IL PRETORE L'imputata dottoressa Maur Tiziana ha chiesto "l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato" in riferimento al processo de quo (opposizione a decreto penale per il reato ex art. 659 del c.p. in relazione ad asserito non impedimento dello strepito di propri animali). Ella ha reso le dichiarazioni autocertificative di rito, producendo anche dichiarazione dei redditi del 1993, dalla quale risulta un reddito Irpef di L. 1.533.000 e spese per L. 2.228.000 (tra le quali L. 1.287.000 per la frequenza di corsi di istruzione secondaria ed universitaria). Alla domanda del pretore, relativa alle fonti di sostentamento per fronteggiare la naturali esigenze quotidiane del mangiare, vestire e delle spese indispensabili per la minima sopravvivenza (domanda ovviamente originata esclusivamente dalla necessita' di accertare la ricorrenza delle condizioni di legge per porre a carico dello Stato le spese per la sua difesa processuale), la Maur ha riferito di essere aiutata dai propri genitori. Dal punto di vista anagrafico la famiglia della Maur risulta composta da lei sola; la stessa risulta vivere in una casa dell'Iacp, con convivenza di fatto con altra persona, l'odierno coimputato, dipendente pubblico come insegnante (il quale ha peraltro evidenziato come altro sia la convivenza di fatto ed altro la convivenza more uxorio). Secondo il disposto degli artt. 3 e 5 della legge n. 217 del 30 luglio 1990, il reddito da tenere in considerazione per le valutazioni sull'ammissibilita' della domanda e' quello del richiedente e dei conviventi nella famiglia anagrafica. Secondo tale attuale normativa, quindi, la richiesta della Maur dovrebbe essere accolta. Ritiene il pretore che il provvedimento di ammissione risulterebbe legittimo, ma con riferimento ad una normativa che suscita perplessita' sotto il profilo della adeguatezza costituzionale. Il riferimento alla convivenza ed alla convivenza con i soli familiari, quale ambito nel quale esclusivamente rilevare i redditi utili per la decisione, si appalesa infatti parametro inidoneo ad assolvere, con parita' di trattamento tra i cittadini, alla finalita' perseguita dalla legge, che e' quella di assicurare una buona difesa ai cittadini non abbienti; si tratta certo di uno dei momenti e casi in cui diviene attuale la ricerca di criteri obiettivi efficaci e paritari per dare contenuto al concetto di "non abbiente". Nel caso di specie, il fatto della vita autonoma in luogo anagraficamente diverso da quello della famiglia di origine appare fatto che non giustifica il non tener conto dei redditi della famiglia di origine, posto che risulta che la stessa contribuisca fattivamente al sostentamento della imputata (le spese dichiarate per gli studi sono anche sintomatiche di ulteriori spese connesse; l'assegnazione, da accertare se regolare o di fatto, di casa pubblica presuppone la corresponsione di un canone; il vivere in casa in uso proprio presuppone le spese correnti relative; lo stesso mantenimento degli animali per i quali e' in definitiva processo e' indice di ulteriori spese). Poiche' quindi all'autonomia anagrafica puo' non corrispondere, come nel caso concreto, la cessazione di rapporti economici e di contribuzione con la famiglia di origine, suscita dubbi di irragionevolezza l'individuazione di tale criterio come idoneo a giustificare la delimitazione del reddito/parametro per le valutazioni di ammissibilita'; in altre parole, quale ragionevolezza ha il distinguere la posizione di chi, pur continuando a godere dell'aiuto della famiglia di origine, va a vivere da solo (che avrebbe diritto all'assistenza a cura dello Stato) da colui che e' nelle stesse condizioni ma convive con la famiglia? Il comprensibile desiderio di liberta' di movimento e vita puo' essere posto a carico dello Stato, quando ad esso non sia accompagnata l'effettiva autonomia dalla famiglia di origine? Ritiene pertanto il pretore che sia rilevante nel presente giudizio (perche' la soluzione del quesito influisce direttamente sul provvedimento di ammissione da prendere, perche' ove la doglianza venisse accolta il giudice potrebbe richiedere documenti integrativi, relativi al reddito familiare) e non manifestamente infondata, con riferimento ai parametri dell'art. 2 (con riferimento ai doveri inderogabili di solidarieta' economica e sociale), 3 (per violazione del principio di ragionevolezza e parita' di trattamento), 24.3 (assicurazione ai realmente non abbienti dei mezzi per agire e difendersi in giudizio) della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3.2 della legge n. 217 del 30 luglio 1990 nella parte in cui limita ai familiari conviventi la determinazione del reddito rilevante per l'ammissione al patrocinio pubblico. La interpretazione dell'espressione convivenza (che allo stato, anche con riferimento alla certificazione anagrafica richiesta dall'art. 5, lett. a), non puo' che essere intesa in senso stretto, "sotto il medesimo tetto") in termini piu' ampi (il collegamento permanente anche solo economico) necessita comunque di un autorevolissimo sostegno, attesa la sua quasi contrarieta' alla lettera della legge, sicche' allo stato non puo' essere accolta. Vanno adottati i provvedimenti come da dispositivo.