IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza, pubblicata mediante lettura in udienza. Il presidente della Gervais Danone Italiana S.p.a. veniva rinviato a giudizio alla odierna udienza, avanti questo pretore, per rispondere, quale legale rappresentante della ditta citata, del reato p. e p. dagli artt. 5, lett. g), e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, per avere impiegato nella produzione di yogurt additivi chimici (farina di semi di guar) non consentiti. Sostiene la difesa della Danone che lo yogurt in questione, denominato junior, arricchito in calcio, all'epoca dei fatti sotto forma di sali di carbonato di calcio, debba essere qualificato come prodotto alimentare destinato ad una alimentazione particolare (art. 1 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 111) e pertanto possa derogare alla normativa prevista per i prodotti alimentari di uso corrente, anche con riferimento alle prescrizioni dell'art. 5, lett. g), citato, in quanto l'art. 2 del d.lgs. n. 111 stabilisce che i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare possono derogare alla normativa generale "per quanto concerne le modifiche loro apportate per renderli conformi alle prescrizioni di cui all'art. 1" e cioe' per renderli adatti all'obiettivo nutrizionale indicato. Questo pretore, in relazione ad altra analoga fattispecie, ha ritenuto che anche i prodotti dietetici ed assimilati (prodotti per lattanti e bambini nella prima infanzia) debbano rispettare la normativa prevista per i prodotti alimentari di uso corrente, salvo espressa deroga di legge, in quanto, stabilendo l'art. 2 citato che "i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare devono comunque essere conformi alle disposizioni previste per i prodotti alimentari di uso corrente" consente quelle sole modifiche relative alla aggiunta del principio nutrizionale corrispondente all'obiettivo indicato (art. 1, primo comma, lettera b), decreto citato) e non certo l'aggiunta di elementi non necessari e nutrizionalmente non qualificanti, come possono essere gli additivi chimici (nella specie un addensante), tenendo altresi' conto che la Danone ha potuto poi eliminare l'additivo in questione sostituendo il tipo di sale di calcio addizionato allo yogurt. In sostanza la depenalizzazione prevista dall'art. 15 del decreto in argomento riguarda solo gli illeciti relativi alla disciplina degli alimenti dietetici e non i reati previsti dalla normativa generale sugli alimenti, che continua ad applicarsi sia agli alimenti di uso corrente, sia a quelli c.d. dietetici. Alla odierna udienza, tuttavia, la difesa Danone ha prodotto la sentenza 19 gennaio-29 settembre 1994, n. 3, delle sezioni unite penali della Corte di cassazione relativa ad un procedimento penale per il reato di cui agli artt. 11 del d.P.R. 30 maggio 1953, n. 578, e 5 della legge 28 marzo 1951, n. 327 (cosi' qualificata dal pretore la originaria imputazione di cui all'art. 5, lett. g), della legge n. 283/1962) per avere l'imputato posto in vendita un prodotto alimentare dietetico denominato Body drink contenente acido sorbico, additivo non autorizzato dal Ministero della sanita'. Le sezioni unite rilevavano che la normativa applicata dal pretore era stata gia' abrogata, al momento della decisione, dall'art. 17 del decreto piu' volte citato, e, annullando senza rinvio, stabilivano che i fatti contestati non sono previsti dalla legge come reato, in quanto la violazione delle norme sulla produzione dei prodotti alimentari dietetici contenenti additivi non autorizzati e' attualmente sanzionata come illecito amministrativo in applicazione dell'art. 17 del decreto legislativo n. 111. Questo pretore non concorda con la riferita interpretazione che sembrerebbe depenalizzare tutta una serie di illeciti alimentari sol perche' riferiti ad alimenti dietetici, ma, tenuto conto della particolare autorevolezza della fonte, ritiene opportuno sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, 2, 15 e 17 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 111, cosi' come interpretato dalla sentenza delle ss.uu. penali della Corte di cassazione citata, nella parte in cui escluderebbero la configurabilita' dei rati relativi agli alimenti di uso corrente per gli animali destinati ad una alimentazione particolare (e segnatamente quello di cui all'art. 5, lett. g), della legge n. 283/1962) per violazione dell'art. 3 della Costituzione, con riferimento ai reati previsti dalla legge n. 283/1962, e per violazione dell'art. 32 della Costituzione. La questione appare rilevante per la decisione del processo dipendendo da essa la configurabilita' del reato contestato e non manifestamente infondata per i seguenti motivi. Sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione, secondo la interpretazione datane dalla giurisprudenza di codesta Corte, si configura una ingiustificata ed irrazionale disparita' di trattamento tra due categorie di prodotti alimentari, con un regime di tutela meno rigoroso per quelli c.d. dietetici che dovrebbero rispondere a piu' complesse e delicate finalita' nutrizionali. Conseguirebbe alla interpretazione della ss.uu. che mentre un alimento di uso corrente non potrebbe contenere additivi non consentiti, lo stesso alimento, cui venisse aggiunto un particolare principio nutrizionale, per cio' solo potrebbe contenere qualsiasi additivo non autorizzato senza che il fatto possa essere qualificato reato. E non pare che tale diversita' di trattamento normativo abbia una giustificazione ragionevole. Sotto il profilo della violazione dell'art. 32 della Costituzione conseguirebbe alla interpretazione delle ss.uu. che prodotti alimentari destinati a consumatori con "metabolismo perturbato" o in "condizioni fisiologiche particolari" o a "lattanti e bambini nella prima infanzia" (art. 1, secondo comma, del d.lgs. n. 111), cioe' a soggetti piu' sensibili o piu' indifesi, sarebbero tutelati da un sistema di controlli meno penetrante e da sanzioni meno rigorose con presumibile pericolo per la salute pubblica.