IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  proc.  n.  10595/92
 r.g.n.r., n. 99/95 r.g.dib.
    All'odierna udienza il pretore sollevava  d'ufficio  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 6, secondo comma, del d.-l. 16
 gennaio 1995 n.  9,  in  relazione  agli  artt.  3,  25  e  77  della
 Costituzione.
    La questione e' rilevante e non manifestamente infondata.
    Quanto  alla  rilevanza,  si  osserva  che gli imputati sono stati
 citati a giudizio per  rispondenza  della  violazione  dell'art.  21,
 primo  comma,  della  legge  n.  319/1976 (capo a) dell'imputazione),
 ipotesi depenalizzata dall'art. 6 del d.-l. n. 9/1995.
    In punto di motivazione della non manifesta infondatezza si rileva
 quanto segue.
    1) Violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Si rileva violazione dell'art. 3 della Costituzione per disparita'
 di trattamento dal confronto tra  il  disposto  dell'art.  23,  primo
 comma,  e  l'ultimo  comma  dell'art. 21 della legge n.319/1976 cosi'
 come introdotto dall'art. 6, secondo comma, del d.-l. n. 9/1995.
    Infatti,  con  quest'ultima disposizione e' stata depenalizzata la
 condotta di effettuazione di scarichi civili o di pubbliche fognature
 senza aver richiesto l'autorizzazione, con la conseguenza che risulta
 penalmente sanzionata la condotta di chi attivi uno scarico prima che
 gli venga rilasciata l'autorizzazione richiesta,  mentre  costituisce
 mero  illecito  amministrativo la condotta, certamente piu' grave, di
 chi attivi  lo  scarico  senza  neppure  richiedere  l'autorizzazione
 stessa.
    Il   paradosso  normativo  e'  ancora  piu'  evidente  laddove  si
 consideri che, essendo rimasta inalterata la  previsione  di  cui  al
 secondo  comma dell'art. 23 della legge n. 319/1976 (secondo il quale
 nel caso in cui l'autorizzazione  richiesta  non  venga  concessa  si
 applicano  il primo ed il terzo comma dell'art. 21) l'esercizio dello
 scarico con autorizzazione richiesta e non concessa viene punito  con
 la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, mentre rimane sempre
 nella  sfera  dell'illecito  amministrativo l'esercizio dello scarico
 che, non  essendo  mai  stata  richiesta  alcuna  autorizzazione,  e'
 sfuggito  totalmente  al controllo dell'autorita' titolare del potere
 autorizzatorio.
    La disparita' di trattamento e l'incoerenza logica che derivano da
 tale   situazione   non    possono    rinvenire    alcuna    adeguata
 giustificazione, atteso che, come rilevato dalla Corte costituzionale
 (sentenza  n.  7/1963),  il principio di uguaglianza viene preservato
 solo  laddove   le   disparita'   di   trattamento   legislativamente
 contemplate  si fondino su presupposti logici obiettivi e su esigenze
 concrete.
    2) Violazione degli artt. 25 e 77 della Costituzione.
    Il principio della riserva di legge in  materia  penale  ha  quale
 primo  e  fondamentale  significato  quello che le scelte di politica
 criminale   sono   monopolio   esclusivo   del   Parlamento   e   che
 l'ammissibilita'  che  nuove norme di diritto penale siano introdotte
 attraverso decreti-legge  o  decreti  legislativi  e'  connessa  alla
 circostanza  che,  in entrambi i casi, si realizzi e venga assicurato
 comunque l'intervento del Parlamento in posizione sovraordinata,  ora
 quale organo delegante (art. 76 della Costituzione), ora quale organo
 cui  e'  rimesso il potere di conferire stabilita' e durevolezza, con
 la legge di conversione, a disposizioni normative precarie e soggette
 a decadenza in caso di inutile decorso del termine di sessanta giorni
 previsto dall'art. 77, ultimo comma, della Costituzione.
    Nella materia che ci occupa, invece, con la reiterazione  di  vari
 decreti-legge  mai  convertiti si e' ottenuta di fatto la sottrazione
 al Parlamento della sua esclusiva competenza a  disporre  in  materia
 penale  con  l'inammissibile  assunzione  da parte dell'esecutivo del
 relativo potere di bilanciamento e valutazione degli interessi che in
 materia penale e' di  esclusiva  competenza  dell'organo  assembleare
 rappresentativo della sovranita' popolare.
    Deve  altresi'  rilevarsi  alla  reiterazione dei decreti-legge in
 materia penale con identico contenuto, ovvero, piu' spesso, come  nel
 caso  di  specie,  con  contenuto diverso, consegue la sottrazione di
 fatto al Parlamento della possibilita' prevista dall'art. 77,  ultimo
 comma, della Costituzione "di regolare con legge i rapporti giuridici
 sorti  sulla  base dei decreti non convertiti". E' evidente che se la
 reiterazione dei decreti nella stessa materia si protrae per un anno,
 si potranno determinare effetti definitivi, quali il  giudicato,  non
 modificabili  in  sede  giurisdizionale con la conseguente gravissima
 compressione  dei diritti dei singoli resa ancora piu' incisiva dalla
 disparita'  di  trattamento  che   potrebbe   verificarsi   ove   due
 fattispecie  identiche  vengano  giudicate  sotto  la  vigenza di due
 diversi decreti con differenti conseguente esito del processo.
    Va ulteriormente  considerato  che  la  continua  reiterazione  di
 diversi  decreti-legge  di  disciplina della stessa materia denota in
 modo evidente,  con  specifico  riferimento  all'ultimo  dei  decreti
 emanati,   la  carenza  dei  requisiti  di  "necessita'  ed  urgenza"
 postulati dall'art. 77  della  Costituzione,  requisiti  che,  se  in
 ipotesi  possono  ritenersi  esistenti  in  relazione  al  primo  dei
 decreti-legge adottati, sono certamente venuti meno ad oltre un  anno
 di  tempo  di distanza e quindi dopo un periodo tale da consentire la
 ordinaria legiferazione del Parlamento.