ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Basilicata  riapprovata  il 15 novembre 1994 dal Consiglio regionale,
 avente  per  oggetto:  "Norme  di  perequazione  per   il   personale
 destinatario   della  L.R.  23  dicembre  1982,  n.  41,  concernente
 l'inquadramento del personale messo a disposizione della  Regione  ai
 sensi  del  d.P.R.  24  luglio 1977, n. 616" promosso con ricorso del
 Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 3 dicembre 1994,
 depositato in cancelleria il 9 dicembre 1994 ed iscritto al n. 86 del
 registro ricorsi 1994;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 1995 il Giudice  relatore
 Enzo Cheli;
    Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo, per il ricorrente.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso notificato il 3 dicembre 1994, il Presidente del
 Consiglio dei ministri ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  97
 e  117  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
 nei confronti della legge  della  Regione  Basilicata  approvata  dal
 Consiglio  regionale  il  21  giugno 1994 e riapprovata, a seguito di
 rinvio  governativo,  il  15  novembre  1994,   recante   "Norme   di
 perequazione  per  il  personale  destinatario della L.R. 23 dicembre
 1982, n.  41,  concernente  l'inquadramento  del  personale  messo  a
 disposizione  della  Regione  ai  sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616".  Il  ricorrente  rileva  che  la  legge  impugnata  prevede  il
 reinquadramento del personale trasferito alla Regione per effetto del
 d.P.R. n. 616 del 1977, appartenente ai ruoli tecnici o atipici degli
 enti  di  provenienza  con  mansioni  di  educatore  o  di assistente
 sociale, gia' inquadrato, con legge regionale 23  dicembre  1982,  n.
 41,  nel  quinto  livello  funzionale  e  poi reinquadrato, con legge
 regionale 12 marzo 1984, n. 6, al sesto livello.
    Per  effetto  dell'ulteriore reinquadramento disposto con la legge
 impugnata detto personale verrebbe ora immesso negli  stessi  livelli
 funzionali  del personale docente di formazione professionale, di cui
 alle leggi regionali 10 luglio 1981, n. 18, e 22  febbraio  1980,  n.
 11,  con  decorrenza  giuridica dalla data di inquadramento nei ruoli
 regionali ed economica dalla data di entrata in vigore  della  stessa
 legge impugnata.
    A  giudizio del ricorrente tale legge sarebbe lesiva del principio
 di ragionevolezza e di parita' di  trattamento,  di  cui  all'art.  3
 della  Costituzione,  nonche'  del  principio di buon andamento della
 pubblica amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione,  per
 il  fatto  di  estendere  immotivatamente  al  personale in questione
 l'inquadramento  in  qualifiche  superiori  gia'  concesso  ad  altro
 personale, diverso per professionalita' e funzioni.
    La  stessa  legge  -  sempre  a  giudizio del ricorrente - sarebbe
 inoltre lesiva dell'art. 117 della Costituzione per contrasto  con  i
 principi  fondamentali in materia di pubblico impiego di cui all'art.
 2 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421,  ed  alle  disposizioni  del
 decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per il fatto di prevedere
 un  reinquadramento  ope  legis in livelli superiori prescindendo dai
 requisiti di professionalita' e dal possesso  del  titolo  di  studio
 richiesti  per  l'accesso  a detti livelli e senza tenere conto della
 disponibilita' dei posti in organico.
    2. - La Regione non si e' costituita nel giudizio.
                        Considerato in diritto
    1. - Forma oggetto del presente giudizio la  legge  della  Regione
 Basilicata   recante   "Norme   di   perequazione  per  il  personale
 destinatario  della  L.R.  23  dicembre  1982,  n.  41,   concernente
 l'inquadramento  del  personale messo a disposizione della Regione ai
 sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n.  616",  approvata  dal  Consiglio
 regionale  il  21  giugno  1994  e  riapprovata,  a seguito di rinvio
 governativo, il 15 novembre 1994.
    Ad avviso del ricorrente, la legge impugnata  risulterebbe  lesiva
 degli  articoli  3,  97  e  117  della  Costituzione  per il fatto di
 prevedere a favore del personale trasferito alla Regione per  effetto
 del  d.P.R.  n. 616 del 1977, appartenente ai ruoli tecnici o atipici
 degli enti di provenienza con mansioni di educatore o  di  assistente
 sociale  -  personale  gia' inquadrato, con legge regionale n. 41 del
 1982, nel quinto livello funzionale e  poi  reinquadrato,  con  legge
 regionale n. 6 del 1984, nel sesto livello - il reinquadramento negli
 stessi  livelli  funzionali attribuiti al personale docente dei corsi
 di  formazione  professionale  ai  sensi  dell'art.  21  della  legge
 regionale  10  luglio 1981, n. 18 e dell'art. 7 della legge regionale
 22 febbraio 1980, n. 11.
    2. - La questione e' fondata.
    La legge impugnata, intervenendo, a distanza di oltre un decennio,
 a modificare gli  inquadramenti  del  personale  rifluito  nel  ruolo
 regionale a seguito del d.P.R. n. 616 del 1977, intende equiparare al
 personale  docente addetto alle attivita' di formazione professionale
 la categoria degli educatori ed assistenti sociali gia'  appartenenti
 ai  ruoli tecnici o atipici degli enti di provenienza. Come rileva il
 ricorrente,  tale  categoria   di   dipendenti   risulta,   peraltro,
 caratterizzata  da profili professionali che non appaiono comparabili
 con  quelli   propri   del   personale   docente   della   formazione
 professionale,  cui  la  legge  regionale  ha  affidato "attivita' di
 insegnamento  teorico  (cultura generale, lingua, etc.)", richiedendo
 allo  stesso  "in  stretta   connessione   con   le   caratteristiche
 dell'insegnamento    da   impartire,   una   preparazione   di   base
 corrispondente a quella stabilita per analoghi  insegnamenti  teorici
 nella  scuola  media  unica  o  in istituzioni scolastiche di livello
 superiore" (v. art. 7 L.R. 22 febbraio 1980, n. 11).
    L'assimilazione  operata  dalla  legge  impugnata   si   presenta,
 pertanto,  priva di ragionevole giustificazione e lesiva dei principi
 di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal  momento  che  tende
 indebitamente  ad  unificare,  dietro un conclamato ma non dimostrato
 fine perequativo,  categorie  di  personale  non  equiparabili  nelle
 mansioni  e  nei  profili  professionali e che, in ragione della loro
 diversita', sono state sempre, fin dal loro primo  inquadramento  nel
 ruolo  regionale,  distintamente regolate dalla normativa intervenuta
 nel settore.
    Si aggiunga che la legge in esame ha inteso  altresi'  operare  un
 reinquadramento   generalizzato  ed  automatico  della  categoria  in
 questione ad un livello superiore, prescindendo  completamente  dalla
 valutazione  delle  mansioni  concretamente  svolte in precedenza dai
 singoli componenti la stessa categoria. Nella  specie  l'esigenza  di
 una  simile  valutazione veniva, invece, a imporsi anche in relazione
 al fatto che la stessa legge assumeva a proprio oggetto una categoria
 professionale che, per la sua atipicita', risultava caratterizzata da
 parametri differenziati di professionalita'  non  riconducibili  alle
 tradizionali  carriere  amministrative  dell'ente di appartenenza (v.
 sentenza n. 21/1989). Dal che l'ulteriore  violazione  dei  parametri
 rappresentati negli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    Resta  assorbita  la censura prospettata in relazione all'art. 117
 della Costituzione.