IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  a
 carico  di:  1) Ricci Rolando, nato a Goro il 15 febbraio 1947 ed ivi
 residente, v. Nuova n. 68/A; 2) Gavioli Laura, nata a Poggio Renatico
 il 25 febbraio 1945 e residente a Goro,  v.  dell'Industria  n.  4/1,
 imputati entrambi:
       A)  del reato p. e p. dall'art. 21, primo comma, della legge n.
 319/1976 per avere, in qualita' di sindaco ed assessore del comune di
 Goro, effettuato lo scarico della  pubblica  fognatura  con  recapito
 finale  nel  canale  Bocchetta  con  parametri  superiori  ai  limiti
 consentiti quanto a cloro attivo. Acc. in Goro il 25 settembre  1991;
 il  primo  quale sindaco, la seconda quale assessore all'ambiente del
 comune di Goro;
       B) del reato p. e p. dell'art. 21, primo e terzo  comma,  della
 legge n. 319/1976 per avere, nelle rispettive citate qualita' e quali
 responsabili   dell'impianto   di   depurazione   comunale  di  Goro,
 effettuato uno  scarico  in  acque  superficiali  (canale  Bocchetta)
 avente  parametri di coliformi totali e coliformi fecali superiori ai
 limiti di accettabilita' di cui alla tabella "II" allegata alla legge
 regionale Emilia-Romagna n. 7/1983, in Goro,  acc.  il  29  settembre
 1992;
       C)  del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge n.
 319/1976 per avere  il  primo  quale  sindaco  ed  il  secondo  quale
 assessore  all'ambiente, effettuato uno scarico in acque superficiali
 con parametri superiori ai limiti di legge quanto a coliformi  totali
 e  fecali  in  Goro,  il  30  giugno 1992; il primo quale sindaco, la
 seconda quale assessore all'ambiente del comune di Goro;
       D) del reato p. e p. dall'art. 21, primo e terzo  comma,  della
 legge   n.   319/1976  per  avere,  nella  citata  qualita'  e  quali
 responsabili  dell'impianto  di  depurazione  comunale   di   Gorino,
 effettuato  uno  scarico  in  acque  superficiali  (canale Vallesina)
 avente  parametro  di  azoto   nitroso   superiore   ai   limiti   di
 accettabilita' di cui alla tabella "II" allegata alla legge regionale
 Emilia-Romagna n. 7/1983, in Gorino di Goro, il 28 aprile 1992.
    Il  pretore  d'ufficio  ha sollevato questione di legittimita' del
 d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, nell'intero suo  testo,  per  violazione
 degli  artt.  3,  25  e 77 della Costituzione, con trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale.
    Osserva  il  pretore  che  la  richiesta  e'  fondata  e  ritiene,
 pertanto,   di   dover  dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata, per violazione degli artt. 3, 25 e 77 della  Costituzione,
 la  questione  di  legittimita'  costituzionale  del d.-l. 16 gennaio
 1995,  n.  9,  nell'intero  suo  testo,  in  particolare in relazione
 all'art. 3 dello stesso.
    A tale  proposito,  si  rileva  quanto  segue:  nella  fattispecie
 concreta   e'  applicabile  il  d.-l.  16  gennaio  1995,  n.  9,  in
 particolare l'art. 3, "Modifiche alla disciplina degli scarichi delle
 pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in
 pubbliche fognature", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  12  del
 16   gennaio   1995.   Esso   reitera,   nella  sostanza,  precedenti
 decreti-legge non convertiti, l'ultimo  dei  quali  e'  il  d.-l.  16
 novembre 1994, n. 629.
    L'art.  25  cpv.  della  Costituzione  fissa,  tra  gli  altri, il
 principio della riserva di legge in materia penale.
    E' implicito in tale principio il fatto che  tutte  le  scelte  di
 politica  criminale siano monopolio esclusivo del Parlamento, cio' in
 quanto la rappresentativita' del medesimo si  impone  quale  garanzia
 contro la commissione di arbitrii. Il potere legislativo e', infatti,
 un  centro  dialettico  della  maggioranza  e  delle  minoranze  e le
 decisioni prese si fondano  sul  dibattito  parlamentare  dopo  var/'
 vagli critici.
    L'ammissibilita'   che   nuove   norme  di  diritto  penale  siano
 introdotte attraverso decreti legislativi o decreti-legge e' connessa
 alla  circostanza  che,  in  entrambi  i  casi,  si  realizzi  e  sia
 assicurato l'intervento del parlamento in posizione sovraordinata.
   Rispetto ai decreti legislativi, il Parlamento conserva, attraverso
 la  delegazione, la prerogativa della iniziativa e delle fondamentali
 scelte politiche, con  controllo  della  Corte  costituzionale  anche
 sulla   conformita'   di   tali   atti  normativi  ai  criteri  della
 delegazione. I decreti-legge sono, invece, provvedimenti  provvisori,
 destinati, entro il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 77,
 ultimo  comma,  della Costituzione, ad essere convertiti in legge o a
 perdere efficacia ex tune.
    In  materia  penale  cio'  significa   che   ai   reati   commessi
 anteriormente  alla data di entrata in vigore di un decreto-legge non
 convertito,  si  applica  la  normativa  precedente,  in  quanto   un
 decreto-legge  non convertito e' privo di effetto fin dall'inizio. La
 Corte costituzionale, con sentenza  19  febbraio  1985,  n.  51,  ha,
 infatti,  dichiarato l'illegittimita' costituzionale del quinto comma
 dell'art. 2 del c.p., nella parte in  cui  rendeva  applicabili  alle
 ipotesi  da  esso previste (e cioe' al caso di mancata conversione di
 un decreto-legge  recante  norme  piu'  favorevoli)  le  disposizioni
 contenute nel secondo e terzo comma di tale articolo.
    Tale questione rileva poiche' il decreto-legge in oggetto potrebbe
 non essere convertito.
    Pertanto,  alla  luce di quanto sopra, il ricorso al decreto-legge
 in materia penale oltre che  talora  inopportuno  in  relazione  alla
 complessita'  e  alla  delicatezza delle questioni trattate, presenta
 dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della
 riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari
 estremi della necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre,  essendo  in
 una  posizione  precaria,  puo'  far  venir  meno  le  garanzie della
 certezza del diritto.
    Si   osserva   che,   nella   materia   in  questione,  invece,  i
 decreti-legge, con contenuto parzialmente diverso, si sono  reiterati
 a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto
 con  specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la carenza
 dei requisiti della "necessita' ed  urgenza".  Ora,  se  puo'  essere
 opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo
 dei  decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono venuti
 meno ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale  da
 consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria.
    Inoltre,  con  la  continua  ed  ininterrotta reiterazione di vari
 decreti-legge  mai  convertiti  si  e'  realizzata,  di   fatto,   la
 sottrazione  al  Parlamento della sua esclusiva competenza a disporre
 in  materia  penale,  con   l'inammissibile   assunzione   da   parte
 dell'esecutivo  del relativo potere di bilanciamento e di valutazione
 degli interessi che, in materia penale, e'  di  esclusiva  competenza
 dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare.
    Ancora,  la prassi della reiterazione dei decreti-legge in materia
 penale  ha,  come  nella  specie,  la  conseguenza  di  sottrarre  al
 Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77, ultimo comma, della
 Costituzione  "di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
 base dei decreti non convertiti". E' evidente che, se la reiterazione
 dei decreti nella stessa materia si protrae per un anno, si  potranno
 determinare  effetti  definitivi quale il giudicato, non modificabili
 in sede giudiziaria, con la conseguente gravissima  compressione  dei
 diritti  dei  singoli,  resa ancora piu' incisiva dalla disparita' di
 trattamento che potrebbe verificarsi ove due  fattispecie  identiche,
 ma   commesse   e/o   giudicate   sotto  la  vigenza  di  un  diverso
 decreto-legge, vengano diversamente giudicate.
    Dalle considerazioni esposte si desume che  il  presente  giudizio
 non  puo'  essere definito, allo stato e vigenti i principi del d.-l.
 n. 9/1995 in esame, in  modo  indipendente  dalla  risoluzione  della
 questione di legittimita' costituzionale.