IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 388 del 1994 proposto dall'Istituto Bancario San Paolo di Torino s.p.a., in persona del vice presidente ing. Enrico Salza, rappresentato e difeso, per procura generale alle liti 22 dicembre 1993, rep. 55538/racc. 5691 notaio dott. Daniele Bazzoni di Torino, dall'avv. Marco Sica presso il quale e' elettivamente domiciliato in Milano, via Chiossetto 12, contro il comune di Santo Stefano Ticino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, per procura in calce alla copia notificata del ricorso, dai dott.ri proc.ri Fabio Bifulco e Orsola Torrani, e presso il primo elettivamente domiciliato in Milano, piazza S. Ambrogio 10, e nei confronti della Banca Popolare di Milano, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine dell'atto di costituzione, dall'avv. Cesare Ribolzi presso il cui studio e' domiciliata in Milano, piazza S. Ambrogio 10, per l'annullamento della deliberazione del consiglio comunale 10 novembre 1993, n. 54 con cui e' stata affidata alla Banca Popolare di Milano la gestione del servizio di tesoreria e cassa per il quinquennio 1 gennaio 1994-31 dicembre 1998; Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune intimato e della controinteressata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, alla pubblica udienza dell'11 novembre 1994, relatore il dott. Carmine Spadavecchia, gli avvocati Sica, Bifulco e Ribolzi; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O L'Istituto Bancario San Paolo di Torino (in seguito Istituto), subentrato al Banco Lariano s.p.a. a seguito di fusione per incorporazione, ha partecipato ad una gara ufficiosa indetta dal comune di Santo Stefano Ticino per l'affidamento della gestione del servizio di tesoreria e di cassa nel periodo 1 gennaio 1994-31 dicembre 1998. Il servizio e' stato affidato alla Banca Popolare di Milano (BPM) con deliberazione consiliare 10 novembre 1993, n. 54. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 20 gennaio 1994, l'Istituto ha impugnato detta delibera per i seguenti motivi: 1) violazione della lettera di invito e del capitolato speciale, avendo il comune posticipato la decorrenza del contratto di due mesi rispetto alla data prevista in capitolato (1 gennaio 1994), per consentire alla BPM l'apertura di uno sportello in loco, di assolvere cioe' un requisito che la stessa avrebbe dovuto gia' possedere; 2) violazione degli artt. 96 del t.u.l.c.p., 99 e 28 del r.d.l. 12 gennaio 1936 n. 375, in quanto al momento dell'aggiudicazione la BPM non disponeva di una dipendenza operativa autorizzata dalla Banca d'Italia, autorizzazione necessaria in relazione alla natura bancaria del servizio di tesoreria e cassa; 3) violazione degli artt. 51 e 56 della legge n. 142/1990, 4, 5 e 6 della legge n. 241/1990, essendosi fatto luogo alla scelta del contraente senza il tramite di una commissione presieduta da un dirigente e senza affidare la relativa istruttoria ad un responsabile del procedimento; 4) violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990, non risultando le ragioni della scelta in difetto di comparazione delle offerte pervenute; 5) travisamento dei presupposti, dovendo ritenersi migliore l'offerta del ricorrente; 6) violazione della lettera d'invito, incompetenza, sviamento, avendo l'Amministrazione tenuto conto di offerte migliorative richieste e pervenute dopo l'apertura dei plichi ed oltre il termine inizialmente stabilito, termine che il sindaco non era legittimato a prorogare, spettando tale compito al consiglio comunale. Con atti notificati il 7 ed il 31 marzo 1994 l'Istituto ha proposto i seguenti motivi aggiunti: 7) violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990, essendo stato immotivatamente disatteso il giudizio della commissione tecnica, la quale aveva ritenuto piu' vantaggiosa l'offerta dell'Istituto salvi gli esiti di una "simulazione dei crediti" che non risulterebbe effettuata; nessun valore potrebbe attribuirsi a tal fine al prospetto dei "dati desunti dal conto consuntivo anno 1992", contenuto in un documento privo di data e firma, eppertanto non riconducibile all'operato della commissione, conclusosi con il verbale della riunione in data 18 ottobre 1993; 8) violazione della lettera di invito e del capitolato speciale, eccesso di potere per sviamento: la scelta del contraente sarebbe stata determinata da un elemento spurio (promessa di un contributo una tantum), non compreso tra i parametri di comparazione previsti nel capitolato, estraneo e non qualificante rispetto all'oggetto dell'appalto; 9) travisamento dei presupposti, disparita' di trattamento e difetto di istruttoria, essendo la comparazione delle offerte erronea per una pluralita' di ragioni: a) contabilizzazione dei contributi con modalita' diverse e con decorrenza 1 gennaio 1994, laddove il contributo BPM e stato versato solo in data 16 febbraio 1994, il che renderebbe inattendibile la simulazione dei crediti; b) omessa valutazione del miglior tasso sulle anticipazioni di cassa offerto dall'Istituto (TUS franco) rispetto all'offerta BPM (TUS vigente tempo per tempo); c) conteggio del maggior tasso creditore offerto dall'Istituto (0,25%) non sulla giacenza media, ma sul "fondo cassa", cioe' sulla somma esistente alla fine di ogni anno, che rappresenterebbe un dato del tutto casuale e poco significativo; illegittimo scorporo, dal coacervo delle entrate, dei "prelevamenti c/c oneri di urbanizzazione", anch'essi produttivi di interessi e dunque computabili al fine di capitalizzare lo scarto dei tassi creditori; 10) eccesso di potere per illogicita' e contraddittorieta': la capitalizzazione del contributo BPM e degli interessi nel quinquennio (per un totale di L. 57.425.173) costituirebbe un valore del tutto teorico, essendo inverosimile che un contributo destinato a scopi socio-culturali resti inutilizzato per l'intero quinquennio assumendo una valenza esclusivamente finanziaria. Si sono costituiti in giudizio il comune e la controinteressata che hanno controdedotto. L'istanza cautelare e' stata respinta dalla sezione, previa istruttoria, con ordinanza 18 marzo 1994, n. 813. Alla pubblica udienza dell'11 novembre 1994 la causa e' passata in decisione. DIRITTO 1. - Deve essere preliminarmente affrontata una questione di rito, che attiene alla regolarita' della costituzione in giudizio dell'Istituto ricorrente in relazione alle modalita' di conferimento della rappresentanza processuale. Gli artt. 35 del testo unico 28 giugno 1924, n. 1054 e 8 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, applicabili anche ai giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali per effetto dell'esplicito rinvio contenuto nell'art. 19, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, dispongono che il ricorso giurisdizionale amministrativo sia sottoscritto dalla parte ricorrente e firmato da un avvocato; in alternativa il ricorso puo' essere sottoscritto dal solo avvocato purche' munito di mandato speciale. In assenza di sottoscrizione del ricorso da parte dell'interessato, la giurisprudenza ha costantemente affermato la insufficienza della procura generale ad lites, sia per i giudizi proposti al Consiglio di Stato quale giudice unico, prima dell'avvento dei tribunali amministrativi regionali, sia per i giudizi promossi dinanzi ai tt.aa.rr. dopo la loro istituzione (cfr. ad. plen. 20 luglio 1984, n. 18; CS V, 16 aprile 1987, n. 248; CdS V, 15 ottobre 1985, n. 318; Csi, 16 aprile 1971, n. 288, 17 aprile 1970, n. 327; CS V, 27 luglio 1962, n. 597; t.a.r. Basilicata 31 marzo 1993, n. 98; t.a.r. Molise 8 agosto 1992, n. 106; t.a.r. Brescia 13 settembre 1991, n. 605; t.a.r. Calabria 14 ottobre 1991, n. 645; t.a.r. Lazio 3a, 3 marzo 1990, n. 335), sanzionando di nullita' - nullita' comminata testualmente dall'art. 17 del r.d. n. 642 del 1907 - il ricorso sottoscritto dal solo procuratore generale alle liti (t.a.r. Basilicata, n. 98/1993 cit.). 2. - Nella fattispecie il ricorso introduttivo risulta sottoscritto appunto dal solo difensore in forza di procura generale alle liti rilasciata il 22 dicembre 1993 con atto n. 55538/5691 a rogito dott. Daniele Bazzoni, notaio in Torino. Detta procura conferisce un potere generale di rappresentanza processuale "avanti a giurisdizioni speciali di ogni genere e grado in tutte le pratiche presenti e future", senza alcun riferimento all'atto impugnato; essa non e' pertanto collegabile alla presente vertenza, difettando il requisito di specialita' prescritto dalla legge processuale. Il dettato normativo e l'unanime applicazione giurisprudenziale renderebbero dunque inammissibile il ricorso (e la costituzione in giudizio) dell'Istituto per difetto di valida rappresentanza processuale, difetto rilevabile in ogni stato e grado del processo (Cass. 18 luglio 1979, n. 4258). 3. - Il Collegio ha tuttavia motivo di dubitare della legittimita' costituzionale di un sistema che, per il tramite del mero richiamo alle regole di rito dettate per il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, impone la necessita' della procura speciale anche per il processo amministrativo di primo grado. Il sospetto di incostituzionalita' investe, specificamente, l'art. 19, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 nella parte in cui, attraverso il rinvio globale e indiscriminato alle norme di procedura valevoli dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, rende applicabile dinanzi ai tribunali amministrativi regionali gli artt. 35, primo comma del testo unico 28 giugno 1924 n. 1054, 6 e 17 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, tassativamente imponendo la sottoscrizione del ricorso da parte di un avvocato (o di un procuratore legale: art. 19, secondo comma, della legge t.a.r.) munito di mandato speciale, laddove nei giudizi civili di primo e secondo grado vige una diversa regola processuale, che ai fini della regolare costituzione della parte valorizza anche la procura generale alle liti (art. 83 del c.p.c.). La questione e' rilevante, perche' l'applicazione della norma porterebbe a definire la vertenza in termini meramente processuali, precludendo in limine l'esame del merito e la delibazione di fondatezza della pretesa sostanziale azionata. La questione appare altresi' non manifestamente infondata, alla stregua dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, per le ragioni seguenti. 4. - L'istituzione dei tribunali amministrativi regionali ha esteso all'ambito della giurisdizione amministrativa il principio del doppio grado di giudizio, agevolando l'accesso alla giustizia amministrativa ed accentuando il controllo giurisdizionale sull'attivita' della p.a.; il tutto in concomitanza con l'espansione dell'attivita' amministrativa in relazione a nuovi e sempre piu' complessi compiti affidati alla p.a. ed alla tendenza pervasiva del "pubblico" nella sfera sociale. Cio' ha intensificato i momenti di contatto tra le amministrazioni, variamente articolate, ed i soggetti passivi delle potesta' loro attribuite, correlativamente moltiplicando le occasioni di contenzioso, cui si connettono ovvie esigenze di tutela giudiziale, costituzionalmente garantite (artt. 24 e 113 della Costituzione). Quali organi di giustizia amministrativa di primo grado (art. 125 della Costituzione), deputati alla definizione delle vertenze tra cittadini e p.a. affidate alla loro cognizione, i tribunali amministrativi regionali appaiono sotto tale profilo assimilabili agli organi che nel corrispondente settore della giustizia civile svolgono funzioni di giurisdizione di merito; organi dinanzi ai quali, a prescindere dalle particolarita' del giudizio pretorile e di conciliazione (art. 82 del c.p.c.), e' generalizzata la regola che consente di stare in giudizio col ministero di un difensore munito, indifferentemente, di procura generale o speciale (art. 83 del c.p.c.). 5. - La procura generale si connota come strumento rivolto a facilitare la difesa giudiziaria della parte, affrancandone la liberta' di movimento, e di azione in generale, dall'onere di conferire volta per volta apposito mandato, specie quando si tratti (come nella fattispecie) di ente giuridico, strutturalmente complesso, che nel mondo giuridico sistematicamente e quotidianamente opera, eppertanto necessita di assistenza legale e giudiziale continua, capillare, senza l'intralcio derivante dalla reiterazione di un mandato ad litem per ogni atto che lo richieda. Questa esigenza, che per il contenzioso civile e' manifesta, si presenta oggi con caratteristiche non diverse nel campo del contenzioso amministrativo, proprio per l'accentuarsi del fenomeno sopra evidenziato, che incrementa le pretese degli interessati verso la pubblica amministrazione (nelle molteplici forme di interesse, oppositivo o pretensivo, ovvero di diritto pieno nelle materie di giurisdizione esclusiva) e correlativamente le ragioni del contenzioso. 6. - Il mandato speciale, viceversa, ove prescritto dalla legge (e non liberamente prescelto in alternativa alla procura generale), risponde ad una diversa esigenza, che si sovrappone all'altra di interesse privato: quella cioe' di richiamare l'attenzione dell'agente sull'atto che compie, attestando la volonta' del mandante (ricorrente o attore) di provocare l'esercizio della tutela giurisdizionale in relazione a una specifica e determinata controversia. Il che connota, nell'ordinamento positivo, le controversie instaurate dinanzi alle giurisdizioni superiori, ad un livello cioe' diverso da quello che i tribunali amministrativi regionali occupano nel sistema. 7. - Pare illogico, allora, applicare ai tribunali amministrativi regionali regole proprie delle giurisdizioni superiori, quale quella che richiede il mandato speciale, tanto piu' che tale regola e' costantemente collegata alla necessita' di avvalersi di un avvocato iscritto nell'albo speciale di cui agli artt. 4 e 33 dell'ordinamento professionale forense (cfr. art. 35 del regio decreto n. 1054 del 1924 per il Consiglio di Stato; artt. 365 e 370 del c.p.c. per il ricorso in Cassazione), laddove dinanzi al tribunale amministrativo regionale la parte puo' stare in giudizio anche con il ministero di un procuratore legale (art 19, secondo comma, della legge n. 1034/1971). Tale illogica equiparazione pare al collegio in conflitto con l'art. 3 della Costituzione, sia per l'irrazionalita' ex se di una disciplina che accomuna situazioni obiettivamente diverse, sia per la violazione del principio di uguaglianza ravvisabile nel diverso trattamento degli utenti, quanto alle condizioni di accesso alla giurisdizione, secondo che venga adito il giudice civile ovvero il giudice amministrativo, ad un medesimo (iniziale) livello di approccio. 8. - Trattasi di disparita' apprezzabile anche con riferimento agli articoli 24 e 113 della Costituzione, che appaiono vulnerati in quanto la preclusione all'impiego della procura generale nei giudizi amministrativi si risolve in un ostacolo alla difesa giudiziale degli interessi legittimi, la cui diversita' ontologica rispetto ai diritti soggettivi non costituisce ragione sufficiente per renderne piu' difficoltosa la difesa giudiziale, stante la pari sindacabilita' degli atti della pubblica amministrazione, dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa, quale che sia la natura della posizione soggettiva incisa.