LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti proposti da: Messaggero Servizi S.r.l. con sede in Padova, via Orto Botanico n. 11; Provincia padovana dei Frati minori conventuali con sede in Padova, piazza del Santo n. 11; Istituto teologico missioni estere dei Frati minori conventuali sant'Antonio dottore con sede in Padova, via Orto Botanico n. 10; notaio dott. Giambattista Todeschini domiciliato in Padova, via degli Scrovegni n. 1; F AT T O Con verbale di assemblea 25 giugno 1990 al n. 41502 di rep. notaio Giambatista Todeschini di Padova la "Messaggero Servizi S.r.l." deliberava di aumentare il capitale da L. 10 miliardi a L. 40 miliardi. Con la medesima delibera l'assemblea dei soci stabiliva che tale aumento di capitale sarebbe stato deliberato per L. 6.700.000.000, mediante trasferimento di un immobile da parte del Socio Provincia padovana dei Frati minori conventuali, per L. 20.700.000.000, mediante conferimento di immobili da parte dell'Istituto teologico missioni estere dei Frati minori conventuali Sant'Antonio dottore e per L. 2.600.000.000 mediante apporto di numerario. 2. - Con successivo atto, in pari data al n. 41503 di rep. notaio Todeschini la Provincia padovana dei Frati minori conventuali sottoscriveva quote di nominali L. 6.700.000.000 dell'aumento di capitale e conferiva alla "Messaggero Servizi S.r.l." immobili stimati di pari importo, mentre l'Istituto teologico missioni estere dei Frati minori conventuali S. Antonio dottore, sottoscriveva quote di nominali L. 20.700.000.000 di aumento di capitale conferendo alla medesima S.r.l., immobili stimati di pari valore. 3. - Le parti si reciprocamente che il conferimento di immobili alla "Messaggero Servizi S.r.l." era sospensivamente condizionato alla omologazione del verbale di assemblea della Messaggero Servizi S.r.l., che aveva deliberato l'aumento di capitale da 10 a 40 miliardi. 4. - L'atto di conferimento, sottoscritto a condizione sospensiva, veniva registrato a tassa fissa il 16 luglio 1990. 5. - Con decreto del tribunale di padova del 29 novembre 1990 veniva omologata la delibera di aumento del capitale della Messaggero Servizi S.r.l. da 10 a 40 miliardi ed in data 7 dicembre 1990 veniva presentata denuncia di avveramento della condizione sospensiva. 6. - Con avviso 2328 vol. 87, l'ufficio registro liquidava, a carico della Provincia padovana dei Frati minori conventuali, del Messaggero Servizi S.r.l. e del notaio rogante, essendosi inverata la condizione, l'imposta relativa al conferimento di immobili del valore di L. 6.700.000.000 vale a dire L. 268.000.000 per registro (4%), L. 107.200.000 per trascrizione (1,60%), L. 26.800.000 per catastali (4%); L. 402.000.000 totale. 7. - Per il medesimo conferimento veniva liquidato a carico della conferente e del notaio rogante un Invim per L. 353.570.000. 8. - Sempre con avviso di pari numero e data l'ufficio registro liquidava a carico dell'Istituto teologico dei Frati minori conventuali S. Antonio dottore, del Messaggero Servizi S.r.l. e del notaio rogante, l'imposta di L. 1.270.770.000, relativa al conferimento di immobili del valore di L. 20.700.000.000, di cui L. 856.770.000 per registro, L. 331.200.000 per trascrizione, L. 82.800.000 per catastali, oltre a L. 1.321.010.000 per Invim, posta quest''ultima a carico del conferente e del notaio rogante. 9. - La Messaggero Servizi S.r.l. provvedeva a versare l'imposta unica dell'1% sul valore dei conferimenti e, contemporaneamente, tutte le parti impugnavano gli avvisi di liquidazione con ricorso alla Commissione Tributaria di primo grado, sostenendo che i conferimenti ai sensi della direttiva comunitaria n. 335 del 17 giugno 1969, sarebbero assoggettabili ad imposta unica, con aliquota dell'1% sul valore del conferimento. A sostegno della propria tesi i ricorrenti richiamavano la giurisprudenza formatasi in ordine alla applicabilita', nell'ordinamento interno, della normativa comunitaria, ricordando come, con sentenza n. 170/1984 la Corte costituzionale abbia riconosciuto l'immediata applicabilita' dei regolamenti comunitari; con successiva sentenza 1 marzo 1985, la Corte ha riconosciuto anche l'applicabilita' delle statuizioni contenute nelle sentenze interpretative della Corte di giustizia delle Comunita' Europee. Infine con sentenza n. 168/1991, la Corte costituzionale ha riconosciuto l'immediata applicabilita' anche alle direttive comunitarie, e cio' sulla scorta della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita' Europee, che in sede di interpretazione dell'art. 189 del Trattato di Roma, ha da tempo elaborato alcuni principi cardine, secondo i quali in tutte le ipotesi in cui le disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, in tali casi i singoli possono far valere direttamente tali direttive dinanzi i giudici nazionali e alla pubblica amministrazione, anche nell'ipotesi in cui tale direttiva non sia stata recepita dall'ordinamento nazionale. L'immediata applicabilita' delle direttive comunitarie, secondo la richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di giustizia delle Comunita' Europee, si avrebbe quindi quando la direttiva comunitaria risulti incondizionata e sufficientemente precisa, il che si verificherebbe nella fattispecie oggetto di ricorso. Oltre alle suddette argomentazioni, il notaio Todeschini, chiamato a rispondere come coobligato per l'imposta principale, sosteneva nel proprio ricorso di primo grado che il diritto di sottoscrivere l'aumento di capitale da parte dei soci ed il correlativo obbligo di effettuare il conferimento, risultava sospensivamente condizionato alla omologazione del verbale assembleare che aveva deliberato l'aumento di capitale medesimo. Secondo l'ufficiale rogante, quindi, egli era tenuto a rispondere soltanto per la registrazione a tassa fissa, dell'atto soggetto a condizione; secondo il ricorrente, infatti, l'imposta da pagarsi all'atto dell'avveramento della condizione avrebbe natura complementare; come tale l'ufficiale rogante non sarebbe chiamato a rispondere. Il giudice di primo grado, ritenute fondate le tesi dei ricorrenti ha accolto i ricorsi. Ha proposto appello all'Ufficio del registro, sostenendo che la direttiva comunitaria invocata dai contribuenti non potrebbe trovare applicazione prima della emanazione da parte del legislatore interno di una norma specifica in applicazione della direttiva medesima. Resistono gli appellati, ribadendo le tesi esposte in primo grado e sostenendo altresi' che l'appello proposto dall'Ufficio risulterebe inammissibile, in quanto nessuna puntuale censura sarebbe rivolta contro la decisione di primo grado. Inoltre avendo la Commissione tributaria di primo grado deciso congiuntamente tutti i ricorsi, ivi compresi quelli relativi all'Invim, l'Ufficio del registro si sarebbe limitato a prendere in considerazione la questione relativa all'imposta di registro, per cui si sarebbe formato il giudicato interno, relativamente all'Invim, all'imposta catastale ed ipotecaria. Tanto premesso in fatto osserva la Commissione di secondo grado in D I R I T T O Vanno, preliminarmente, disattese le eccezioni sollevate dai resistenti, secondo i quali l'appello proposto dall'Ufficio sarebbe inammissibile, per mancata indicazione dei motivi specifici di impugnazione e perche', in subordine, si sarebbe formato il giudicato interno, quantomeno con riferimento all'Invim e all'imposta di trascrizione e catastale. Nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado, infatti, e' indicato chiaramente che l'Amministrazione delle finanze intende sottoporre all'esame della Commissione l'intera questione oggetto del giudizio di primo grado e che intende quindi riproporre, in tale sede, tute le argomentazioni, gia' esposte nel primo giudizio, in ordine alla legittimita' degli accertamenti contestati. E' possibile pertanto verificare se, nella fattispecie, risultino applicabili le norme interne, come sostenuto dall'ufficio appellante, o se il giudice tributario debba invece, come sostengono gli appellanti nelle proprie scritture difensive, applicare la diversa normativa comunitaria. Con la sentenza n. 168 del 1991 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimita' dell'art. 4, lett. e) della tariffa A allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 (che sottoponeva ad imposta di registro le delibere societarie di emissione di obbligazioni) sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Ancona per contrasto con l'art. 76 della Costituzione ritenendo sussistente un eccesso di delega rispetto all'art. 7, primo comma della legge-delega (legge 9 ottobre 1971 n. 825), che, nel porre i principi direttivi cui si sarebbe dovuta ispirare la riforma dell'imposta di registro, aveva precisato, tra l'alttro, il rispetto dell'art. 11 della direttiva 17 luglio 1969 del Consiglio delle Comunita' Europee facenti divieto agli Stati membri di sottoporre ad imposizione, sotto qualsiasi forma, i prestiti contratti mediante emissione di obbligazioni. A tale risultato la Corte e' pervenuta sulla base della rilevata diretta applicabilita' nell'ordinamento interno della norma contenuta nella suddetta direttiva comunitaria; e pertanto il giudice a quo era tenuto a non applicare le corrispondenti norme di diritto interno, con la prima confliggenti, di cui aveva denunciato la legittimita' costituzionale; da cio' l'irrilevanza della questione proposta. Nella citata sentenza si e' puntualizzato che: la diretta applicabilita' nell'ordinamento interno delle direttive comunitarie non discende dalla qualificazione formale della fonte, ma richiede il riscontro di alcuni presupposti sostanziali; in particolare la prescrizione della direttiva deve essere incondizionata (in modo da non lasciare margine di discrezionalita' agli Stati membri nell'attuazione della stessa) e sufficientemente precisa (nel senso che la fattispecie ed il predetto applicabile devono essere determinati compiutamente in tutti i loro elementi); la ricognizione in concreto di tali presupposti costituisce l'esito di una interpretazione della direttiva comunitaria e delle sue singole disposizioni che il giudice nazionale (anche il giudice delle leggi), puo' direttamente ovvero rimettere alla Corte di giustizia ai sensi dell'art. 177, secondo comma del Trattato di Roma. Cio' premesso, nella controversia all'esame di questa Commissione si dibatte sulla diretta applicabilita' nell'ordinamento giuridico italiano della disposizione, contenuta nella direttiva n. 335 del 17 luglio 1969 della Comunita' economica europea, secondo la quale "Gli Stati membri possono esentare dall'imposta sui conferimenti o assoggettare ad un unica aliquota non superiore all'1% le operazioni diverse da quelle di cui al paragrafo 1)" e sulla conseguente non applicabilita' delle norme di legislazione interna che prevedono l'applicazione dell'imposta di registro con aliquota del 4% (art. 4, lett. A) n. 2 della parte prima delle tariffe allegate al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131) nonche' - almeno alla data dell'atto deliberativo di aumento di capitale in questione - l'Invim (art. 2/2 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643) e le imposte ipotecarie e di trascrizione (d.P.R. 31 ottobre 1990 n. 347), ai conferimenti immobiliari in societa' di ogni tipo. Appare evidente, a giudizio della Commissione, la diversita' del contenuto precettivo della disposizione della direttiva comunitaria appena indicata, rispetto a quelli delle disposizioni - esaminate della sentenza della Corte costituzionale richiamata in premessa - concernenti i prestiti obbligazionari. Quest'ultima ha infatti un precetto negativo, di esclusione, idoneo a raggiungere direttamente negli ordinamenti degli Stati membri il risultato prefissosi dal legislatore comunitario l'esclusione di ogni forma di imposizione sugli atti deliberativi di emissione di obbligazioni); la prima invece contiene la prescrizione positiva di una imposta sui conferimenti caratterizzata da unicita' e da aliquota non superiore all'1% e proprio per tale contenuto positivo non puo' operare, nell'ordinamento interno dei singoli Stati membri, se non come vincolo di risultato per il legislatore nazionale a cui carica viene posto - nell'ambito dell'ordinamento comunitario - l'obbligo di rimodellare il sistema impositivo dei conferimenti immobiliari secondo le caratteristiche indicate dalla direttiva. E' altresi' evidente, che in un ordinamento come quello italiano caratterizzato da una pluralita' di imposizioni sui conferimenti immobiliari nelle societa' di ogni tipo, non puo' non essere necessario un intervento del legislatore nazionale per delineare, con inevitabilita' margini di discrezionalita', fermo restando il tetto dell'aliquota dell'1%, quale debba essere il tipo d'imposta unica avuto di mira dalla normativa comunitaria, quale il suo presupposto, come si determini la base imponibile, quali siano i soggetti passivi di essa. La necessita' di un ampio intervento del legislatore nazionale, attuativo della direttiva comunitaria, porta ad escludere che la stessa presenti quelle caratteristiche di incondizionatezza alle quali secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita' Europee e della Corte costituzionale, e' subordinata la sua diretta applicabilita' nell'ordinamento dello Stato italiano. Nella presente controversia debbono per contro trovare piena applicazione le norme interne che disciplinano l'imposta di registro e le altre imposte indirette sui conferimenti immobiliari; e di esse pertanto diviene rilevante esaminare l'eventuale contrasto con i principi della Costituzione. Le norme interne che prevedono, nell'ipotesi di conferimenti di immobili a societa' di qualsiasi tipo, l'assoggettamento all'imposta di registro, all'Invim (quantomeno al momento in cui l'atto di cui si controverte e' stato formato) all'imposta ipotecaria e catastale, appaiono in contrasto con i principi informatori contenuti nella legge con la quale il Governo e' stato delegato ad emanare le disposizioni occorrenti per la riforma del sistema tributario (legge 9 ottobre 1971 n. 825) e, in particolare, con il disposto degli articoli 7 e 17 della citata legge-delega, il primo dei quali, in tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale, stabilisce che la riforma debba adeguarsi alla direttiva comunitaria n. 335/69 che, come gia' evidenziato, prevede che gli Stati membri possano, in via alternativa, o esentare i conferimenti di immobili a societa', da imposta, o assoggettarli all'aliquota unica non superiore all'1%, mentre l'art. 17 delega il Governo ad emanare Testi Unici, sempre nel rispetto dei principi direttivi stabiliti dalla legge-delega e quindi nel rispetto delle direttive contenute nell'art. 7. Il legislatore delegato, superando i criteri direttivi fissati dal delegante, ha invece sottoposto i conferimenti ad imposta di registro con aliquota variabile fra l'1% e il 4%; ha inoltre assoggettato la medesima operazione ad Invim e ad imposta catastale ed ipotecaria. Ne consegue, a parere di questa Commissione, che le norme tributarie sopra richiamate, nella parte in cui assoggettano a registro, Invim, imposta ipotecaria e catastale i conferimenti immobiliari in favore di societa' di qualsiasi tipo violino il disposto dell'art. 76, della Costituzione, non essendosi il Governo attenuto ai principi direttivi fissati con la legge-delega.