IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2638 del  1993
 proposto   dal  Comitato  Olimpico  Nazionale  Italiano  -  C.O.N.I.,
 rappresentato e difeso dall'avv.  Alfonso  Palladino,  con  domicilio
 eletto  in  Roma,  via Po n. 40, contro Antonelli Romeo, Cadazzi Anna
 Maria, Cantori Anna  e  Giannetta  Rolando,  rappresentati  e  difesi
 dall'avv.  Roni  Adalberto,  con  domicilio  eletto  in Roma alla via
 Goiran n. 8, per l'annullamento della sentenza n.1409 del 2  novembre
 1992  pronunciata tra le parti dal tribunale amministrativo regionale
 del Lazio, sezione III;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio degli appellati;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore il cons. Corrado Allegretta;
    Nessuno e' comparso alla pubblica udienza del 15 luglio 1994;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I. propone appello
 avverso   la  sentenza  n.  1409/1992,  con  la  quale  il  tribunale
 amministrativo regionale del Lazio, sezione  III,  ha  dichiarato  il
 diritto  dei  ricorrenti  a  percepire  l'indennita'  di  buonuscita,
 calcolata  sulla   base   della   retribuzione   media,   comprensiva
 dell'indennita' integrativa speciale.
    Deduce  la  violazione  e  falsa  applicazione  dell'art.  152 del
 regolamento organico del  personale  dipendente,  in  relazione  agli
 artt.  13  e 14 della legge 20 marzo 1975, n. 70, ed all'art. 1 della
 legge  27  marzo  1959,  n.  324,  dovendosi  escludere   la   natura
 retributiva  dell'indennita'  integrativa  speciale,  e chiede che il
 Consiglio di Stato  annulli  la  sentenza  impugnata,  respigendo  le
 domande avanzate dagli appellati con il ricorso di primo grado; vinte
 spese ed onorari.
    Si  sono  costituiti  in  giudizio  gli appellati per resistere al
 gravame, del quale hanno chiesto la reiezione.
    Sopravvenuta la legge 29 gennaio  1994,  n.  87,  il  C.O.N.I.  ha
 chiesto con istanza del 24 maggio 1994 che il giudizio sia dichiarato
 estinto  di  ufficio  con  compensazione  delle spese tra le parti, a
 norma dell'art. 4 della citata legge, e gli appellati, a loro  volta,
 hanno  chiesto  con domanda depostitata il 1› luglio 1994, che si dia
 atto che la fattispecie in esame rientra nelle previsioni di cui alla
 stessa disposizione, tenuto conto che essi hanno  tutti  lasciato  il
 servizio dopo il 1984.
    All'udienza  del  15 luglio 1994, sentiti i difensori delle parti,
 la causa e' stata trattenuta in decisione.
                             D I R I T T O
    La  controversia  concerne   la   computabilita'   dell'indennita'
 integrativa  speciale  nel trattamento di fine rapporto di dipendenti
 del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I.
    Nelle more del giudizio, prima, e'  intervenuta  la  pronuncia  19
 maggio  1993,  n.  243, della Corte costituzionale sulla questione di
 legittimita' costituzionale delle  disposizioni  di  legge  che  tale
 computabilita'  negavano  e,  poi,  e'  entrata  in vigore (in data 6
 febbraio 1994) la legge 29 gennaio 1994, n.87, recante  "Norme  rela-
 tive   al   computo   della  indennita'  integrativa  speciale  nella
 determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti"  (pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 1994).
    Questa  legge,  "in  attesa della omogeneizzazione dei trattamenti
 retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari comparti  della
 pubblica  amministrazione  e  per  i  lavoratori  privati conseguente
 all'applicazione del decreto legislativo 3 febbraio 1993,  n.  29,  e
 successive  modificazioni  e  ferma  la disciplina del trattamento di
 fine servizio in essere per i dipendenti degli enti locali" (art. 1),
 disposne  che,  a  decorrere  dal  10  dicembre  1994,   l'indennita'
 integrativa  speciale,  di  cui  alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e
 successive modificazioni, viene computata in varia misura nella  base
 di calcolo dell'indennita' di buonuscita e di analoghi trattamenti di
 fine servizo determinati in applicazione delle norme gia' vigenti con
 riferimento   allo  stipendio  ed  agli  altri  elementi  retributivi
 considerati utili.
    Nel prescrivere che il trattamento con essa  previsto  si  applica
 anche  ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 ed
 ai loro superstiti nonche' a quelli per  i  quali  non  siano  ancora
 giuridicamente   esauriti  i  rapporti  attinenti  alla  liquidazione
 dell'indennita' di buonuscita o analogo trattamento  (art.  3,  primo
 comma),   la   stessa   legge  dispone  poi  che  l'applicazione  del
 trattamento ai  dipendenti  gia'  cessati  dal  servizio  "avviene  a
 domanda,  che  deve  essere presentata all'ente erogatore su apposito
 modello nel termine  perentorio  del  30  settembre  1994"  (art.  3,
 secondo comma).
    All'art.  4  si  stabilisce,  infine, che "i giudizi pendenti alla
 data di entrata in vigore della presente legge aventi ad  oggetto  la
 riliquidazione  del  trattamento di fine servizio comunque denominato
 con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati
 estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti"  e  che
 "i  provvedimenti  giudiziali non ancora passati in giudicato restano
 privi di effetto".
    Entrambe le parti in giudizio hanno chiesto  l'applicazione  della
 nuova normativa: il C.O.N.I., perche', a norma del citato art. 4, sia
 dichiarata  l'estinzione del giudizio, con compensazione delle spese;
 gli appellati, perche' si dia atto che il caso in esame rientra nella
 previsione di cui alla stessa disposizione,  tenuto  conto  che  essi
 hanno tutti lasciato il servizio dopo il 1984.
    La disposizione assume, dunque, evidenza nel presente giudizio, ma
 riguardo  alla sua costituzionalita' questa sono stati gia' sollevati
 dubbi con ordinanza n. 664 del 3 maggio 1984.
    Si  e'  ritenuto,  invero, che, nel contesto normativo della legge
 considerata, l'art. 4 si pone in contrasto con gli artt. 3, 24, primo
 e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113 della Costituzione.
    La norma in  esso  contenuta  incide,  infatti,  direttamente  sul
 diritto  di  difesa  quale  garantito  dall'art.  24, primo e secondo
 comma, della Costituzione.
    Dopo aver ricordato che il potere  del  legislatore  ordinario  di
 variamente disciplinare il diritto di difesa, quale espressione della
 tutela   giurisdizionale,  in  funzione  di  superiori  interessi  di
 giustizia, incontra limiti, fra cui il  principale  e'  rappresentato
 dalla  condizione che l'esercizio del diritto di difesa sia garantito
 in  modo  effettivo  ed  adeguato  alle  circostanze,  la  menzionata
 odinanza  rileva  che il limite anzidetto risulta ampiamente superato
 allorche',   come   nella   specie,   il   legislatorre    intervenga
 successivamente all'esercizio dell'azione con disposizioni preclusive
 intese  a  vanificare la tutela giurisdizionale, specie se questa sia
 stata gia' sperimentata, essendosi  resa  necessaria  in  conseguenza
 dell'inerzia del legislatore a fronte di posizioni soggettive, che la
 Corte  costituzionale,  con la sentenza sopra citata, ha poi ritenuto
 direttamente garantite dalla Costituzione.
    Quanto meno in ordine alla sussistenza del diritto,  infatti,  non
 puo'  riconoscersi  alla  legge  in esmae alcun carattere innovativo,
 dato che soltanto la determinazione della  misura,  dei  modi  e  dei
 tempi  di  computo  dell'indennita' integrativa speciale in quella di
 anzianita' trova risposta nella nuova legge, essendo nella previgente
 legislazione    statale,    siccome    emendata    dalla    pronuncia
 costituzionale, il riconoscimento della titolarita' del diritto ad un
 suo adeguato computo.
    Il  contrasto  con  l'art.  3  della Costituzione, sul piano della
 razionalita',  si  e'  ravvisato  nel   fatto   che,   imponendo   la
 dichiarazione  di  estinzione,  la  disposizione normativa si risolve
 proprio nella vanificazione di quegli stessi giudizi, che hanno  reso
 possibile    la   proposizione   incidentale   della   questione   di
 illegittimita' costituzionale in materia e che,  seppure  ancora  non
 definitivamente  decisi  dal giudice naturale con sentenza passata in
 cosa  giudicata,  pur   tuttavia   hanno   consentito   di   incidere
 sull'ordinamento generale attraverso la pronuncia suddetta.
    Ad   ulteriore   sospetto  di  incostituzionalita'  da'  corpo  la
 compromissione del diritto di difesa derivante dalla  estinzione  dei
 giudizi  pedenti,  in  relazione  ai  tempi  lunghi  previsti  per la
 realizzazione della pretesa e, in definitiva, per  il  riconoscimento
 del  diritto,  dal  momento  che,  per un verso, anche i soggetti che
 avevano gia' proposto la loro pretesa in  sede  giurisdizionale  sono
 tenuti  a  proporre  apposita domanda entro un determinato termine di
 decadenza, e, per altro verso, tale  estinzione  potrebbe  consentire
 alla  Amministrazione  di  rimettere  in  discussione, caso per caso,
 l'esistenza stessa del diritto, anche in relazione a  quelle  ipotesi
 che per tale aspetto potrebbero gia' pervenire a pronta soluzione.
    Anche  la  disposta  compensazione  delle  spese  del  giudizio e'
 apparsa in violazione delle garanzie costituzionali poste dagli artt.
 24, primo e secondo comma, 25, primo comma,  della  Costituzione,  in
 quanto  sottrae al giudice naturale della pretesa sostanziale dedotta
 in  giudizio  tale  parte  accessoria  della  controversia,  che  per
 principio costituzionale non puo' esserne distolta.
    Il  sospetto  di  illegittimita' dell'art. 4 della legge n. 87 del
 1994 e' stato esteso poi alla violazione degli artt. 103 e 113  della
 Costituzione,   sotto   il   profilo   dell'illegittima  interferenza
 dell'esercizio del potere legislativo nella sfera di attribuzioni del
 potere giurisdizionale in un ambito che vede  come  giudice  naturale
 delle relative controversie il giudice amministrativo.
    Per  le stesse ragioni, del resto, la Corte costituzionale ha gia'
 dichiarato incostituzionale, con sentenza n. 123 del 10 aprile  1987,
 una norma di identico contenuto della legge n. 425 del 1994.
    Non  si  ha  motivo  di  dissentire  dalla precedente pronuncia e,
 peraltro, tutti gli aspetti di  illegittimita'  costituzionale  sopra
 delineati sono rilevati a fini della definizione del giudizio.
    Dalla  risoluzione  della  relativa questione dipende, infatti, se
 possa essere accolta, o non, la domanda di  estinzione  del  giudizio
 avanzata  dalle  parti,  ovvero  se  questo  debba  proseguire fino a
 conclusioni di merito, salva ogni altra iniziativa processuale  delle
 parti  intesa a determinarne comunque la chiusura senza una pronuncia
 di merito.
    Per le considerazioni  fin  qui  svolte,  previa  sospensione  del
 giudizio,   la   risoluzione   della   questione   di  illegittimita'
 costituzionale  di  cui   sopra   dev'essere   rimessa   alla   Corte
 costituzionale.