IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 575/1990, proposto dalla U.C.G. C.I.S.L. (Unione generale coltivatori), presidenza regionale Campania, in persona del presidente pro-tempore, sig. Elia Fiorillo, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Di Prisco con il quale elettivamente domicilia in Roma, via Teulada n. 52, presso l'avv. Antonio Valensise, contro la regione Campania, in persona del presidente in carica pro-tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso dall'avv. Tommaso Maria Monti e con lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, alla via del Tritone n. 61, e nei confronti: a) della Federazione regionale coltivatori diretti della Campania, in persona del presidente dott. Spirito Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Cochetti presso il quale e' elettivamente domiciliato in Roma, via Salaria n. 400; b) Federazione regionale unione coltivatori diretti della Campania, non costituita; c) Confederazione italiana coltivatori, Comitato regionale campano, non costituita; d) Associazione italiana coltivatori, non costituita; per l'annullamento o la riforma della sentenza n. 792/1988 della prima sezione del tribunale amministrativo regionale della Campania, depositata il 19 dicembre 1980 con la quale il tribunale amministrativo regionale ha rigettato il ricorso n. 3338/1983 proposto dalla Federcoltivatori-Cisl regionale e dalla Federcoltivatori-Cisl nazionale; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della regione campana e della Federazione regionale coltivatori diretti della Campania; Viste le memorie delle parti costituite prodotte a sostegno delle rispettive ragioni; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 17 dicembre 1993 l'avv. Pizzuti per delega dell'avv. Di Prisco e gli avvocati Cochetti e Monti; Relatore il consigliere Sabino Luce; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con ricorso notificato il 29 gennaio 1990, la U.G.C. Cisl (Unione generale coltivatori), presidenza regionale campana, in persona del presidente in carica pro-tempore, ha chiesto l'annullamento e/o la riforma della sentenza n. 792/1988, con la quale il tribunale amministrativo regionale della Campania aveva rigettato la domanda dalla stessa presentata per l'annullamento della delibera della giunta regionale n. 3048 del 24 maggio 1983, concernente la ripartizione delle sovvenzioni dirette a consentire la realizzazione delle finalita' istituzionali delle associazioni professionali dei coltivatori diretti contemplate dalla legge regionale 2 agosto 1982, n. 41. Tale legge all'art. 1 prevede che alle articolazioni regionali delle (in essa stessa legge indicate) associazioni dei coltivatori diretti (Federazione regionale dei coltivatori diretti, Confederazione italiana coltivatori, Confederazione generale dell'agricoltura italiana, Associazione italiana coltivatori) vanno concesse, anno per anno e su specifica domanda, sovvenzioni per consentire la realizzazione delle proprie finalita' istituzionali. Avverso l'indicata delibera n. 3048 della giunta regionale della Campania, con la quale erano state concesse le sovvenzioni in questione per l'esercizio finanziario 1982, la U.G.C. Cisl aveva presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale della Campania che, con l'impugnata sentenza, lo aveva respinto. La ricorrente organizzazione sindacale, con il proposto appello, richiamando i motivi di gravame gia' dedotti in primo grado, sostiene - in particolare - l'illegittimita' dell'atto impugnato in quanto carente di motivazione in ordine alle modalita' di individuazione dei beneficiari delle sovvenzioni. Soprattutto, pero', lamenta l'illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 41 del 1982 che prevede le modalita' di distribuzione delle sovvenzioni medesime. Il legislatore regionale - si sostiene nel ricorso - avrebbe, nell'individuare i beneficiari del sostegno finanziario, operato delle scelte del tutto arbitrarie ed immotivate pretermettendo, ingiustificatamente, essa associazione appellante. Ad ulteriore conferma dell'arbitrarieta' della previsione normativa, la U.G.C. Cisl, con successiva memoria, ha ancora dedotto di identificare una organizzazione sindacale avente rilevanza sul pi- ano generale locale. Con memoria difensiva del 29 aprile 1993, la regione Campania ha ribadito, dal canto suo, la piena legittimita' del suo operato per come gia' riconosciuto dal giudice di primo grado. In particolare, sostenendo che l'atto impugnato non necessitava di motivazione in quanto vincolato alle prescrizioni della gia' indicata legge regionale e che la scelta, in questa operata, di attribuire ad alcune soltanto delle organizzazioni di categorie i previsti benefici era giustificata dal fatto che solo tali organizzazioni possedevano i necessari requisiti di importanza, rappresentativita', e presenza nel territorio. La Federazione regionale coltivatori diretti della Campania, ricompresa tra i beneficiari del provvedimento impugnato, nel ribadire, anch'essa, la legittimita' della scelta del legislatore regionale, ha, altresi', eccepito la mancanza di legittimazione al ricorso da parte della U.G.C. Cisl che, per non essere inclusa tra le destinatarie delle sovvenzioni, non avrebbe avuto alcun interesse a ricorrere avverso il provvedimento che tali sovvenzioni, concretamente, disciplina. Il ricorso e' stato chiamato per l'udienza odierna al cui esito e' stato trattenuto in decisione dal collegio. D I R I T T O La resistente Federazione regionale coltivatori diretti ha, preliminarmente, eccepito il difetto di legittimazione dell'appellante U.G.C. Cisl. La legge regionale campana elenca, all'art. 1, le associazioni professionali dei coltivatori diretti destinatari dei contributi e non comprende, tra questi, la Federcoltivatori Cisl, ne' nell'originaria, ne' nell'attuale denominazione U.G.C. Cisl. L'appellante, pertanto, non avrebbe interesse a far questione sui criteri di riparto di attribuzioni patrimoniali dalle quali e' esclusa per legge. L'eccezione e' infondata e va respinta. L'interesse all'impugnazione di un atto amministrativo e' dato non solo dall'utilita' concreta e finale conseguente all'annullamento del provvedimento, ma anche dalla semplice utilita' strumentale consistente nella rimozione dell'atto lesivo e nella rimessa in discussione del rapporto, anche all'esito della verifica di costituzionalita' della legge regolatrice dello stesso. Cio' premesso, sembra al collegio che la sollevata questione di legittimita' costituzionale della legge della regione Campania n. 41 del 1982 sia rilevante ed appaia non manifestamente infondata. E' rilevante in quanto la determinazione dell'amministrazione oggetto del ricorso e' stata adottata in esecuzione della legge stessa; con la conseguenza che, dichiaratane eventualmente l'illegittimita' costituzionale, il riparto dei contributi dovrebbe avvenire secondo diversi criteri di scelta che possono portare alla ricomprensione tra i beneficiari dell'associazione appellante. Quanto alla non manifesta infondatezza, della questione medesima, sembra, in primo luogo, al collegio che - pur aderendo alla tesi secondo cui la funzione legislativa di cui all'art. 70 della Costituzione abbia valore esclusivamente formale e siano, pertanto, consentite le leggi cosiddette provvedimento - occorre, anche in tal caso, che le scelte ivi operate siano assistite dal requisito della ragionevolezza e non arbitrarieta'. Ragionevolezza e non arbitrarieta' che sembrano mancare nel caso in esame in cui il legislatore regionale ha operato una scelta di favore per alcune organizzazioni di lavoratori agricoli non sorretta da alcuna logica spiegazione e, pertanto, del tutto irrazionale ed in contrasto con il principio di uguaglianza e di liberta' di associazione sindacale e buon andamento della attivita' amministrativa, di cui agli artt. 3, 39 e 97 della Costituzione. Va, poi, anche rilevato che - come osservato dallo stesso Tribunale amministrativo regionale - l'ordinamento statale, in ossequio ai principi del pluralismo partecipativo e della liberta' associativa, e' anche, generalmente, orientato nel senso di attribuire rilievo indistintamente, con riguardo all'effettivo grado di rappresentativita', alle organizzazioni di singole categorie di lavoratori ed alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale. Con la conseguenza che appare ragionevole dubitare della legittimita' costituzionale, anche in relazione all'art. 117 della Costituzione, di una norma regionale la quale ha provveduto, invece, ad identificare, in via normativa, e prescindendo dal considerare l'indicato principio della legislazione statale le associazioni dei coltivatori diretti beneficiari di contributi per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali.