IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Rizzi  Filippo,  Rizzi  Massimo,  Giovagnoli Paolo e Cois
 Luciano, imputati del reato di cui all'art.  1-sexies  del  d.-l.  27
 giugno  1985,  n.  312,  convertito con legge 8 agosto 1985, n. 431 e
 punito ai sensi dell'art. 20, lett. c), della legge 28 febbraio 1985,
 n. 47, osserva quanto segue:  all'udienza  del  7  febbraio  1995  il
 pubblico  ministero  ha  richiesto  a  questo  pretore, ritenutane la
 rilevanza e non manifesta infondatezza, di sollevare la questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  39  della  legge 23 dicembre
 1994, n. 724, nella parte in  cui,  al  comma  ottavo,  nel  caso  di
 interventi  edilizi  nelle  zone e fabbricati sottoposti a vincolo ai
 sensi delle leggi 1› giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497, e
 del d.-l. 27 giugno 1985,  n.  312,  convertito,  con  modificazioni,
 dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, prevede l'estinzione del reato per
 la  violazione  del  vincolo  stesso,  a  seguito  del rilascio della
 concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato
 al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni  preposte
 alla tutela del vincolo.
    A  parere  del  p.m.  la recente normativa in materia di sanatoria
 degli abusi edilizi, prevedendo  che  la  domanda  di  condono  possa
 essere   presentata   solamente  in  relazione  alle  opere  indicate
 nell'art. 31, primo comma, della legge n. 47/1985 tra le quali non vi
 sono  le  opere  realizzate  in  assenza  della  sola  autorizzazione
 prevista dall'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, si porrebbe
 in  contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione, consentendo a coloro
 che hanno realizzato interventi urbanistici  in  zona  sottoposta  al
 vincolo  della  cd.  "legge Galasso", senza richiedere la concessione
 edilizia ne' l'autorizzazione paesaggistica, di sanare anche il reato
 conseguente la violazione del vincolo, e non prevedendo  invece  tale
 favorevole   effetto  per  coloro  che  abbiano  realizzato  analoghi
 interventi richiedendo ed ottenendo la concessione edilizia,  ma  non
 l'autorizzazione paesaggistica.
    Il contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza appare
 al  p.m.  evidente  in considerazione della disparita' di trattamento
 che si realizzarebbe in tale caso,  venendo  ad  essere  discriminati
 coloro  che si sono posti in contrasto con la legge penale in misura,
 per cosi' dire, minore.
    Al riguardo il pretore osserva che,  all'udienza  del  7  febbraio
 1995  il  difensore  degli  imputati Rizzi Filippo e Rizzi Massimo ha
 dichiarato che questi hanno  presentato  domanda  per  usufruire  del
 condono  edilizio, ai fini dell'estinzione del reato loro contestato,
 e  cio'  comporterebbe  per  il  pretore  l'obbligo  di  disporre  la
 sospensione del procedimento ex art. 44 della legge n. 47/1985.
    Anzitutto, in relazione alla rilevanza della prospettata questione
 di  legittimita'  costituzionale,  si  osserva che a parere di questo
 giudice, in particolare a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 39
 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, la  possibilita'  di  sanatoria
 delle  opere  abusive  deve  ritenersi  estesa a tutti gli interventi
 comportanti una trasformazione urbanistica del territorio, e non solo
 agli interventi concretantisi in realizzazione di  nuovi  edifici  od
 ampliamento di edifici preesistenti.
    Inizialmente  l'art.  1  del  d.-l. 27 settembre 1994, n. 551, nel
 prevedere l'applicazione delle disposizioni di cui ai  capi  IV  e  V
 della  legge  28  febbraio  1985, n. 47, e successive modificazioni e
 integrazioni, alle opere abusive, ultimate entro il 31 dicembre 1993,
 indicava le stesse in ampliamenti di manufatti preesistenti  o  nuove
 costruzioni,  con  precisi  limiti  di  cubatura,  con cio' sembrando
 riferirsi solamente agli edifici abusivi, anche in  sintonia  con  le
 finalita'  perseguite  dal governo nell'emanazione dei decreti-legge,
 circa la regolarizzazione del c.d. "abusivismo di necessita'".
    Con l'entrata in vigore dell'art. 39 della legge  n.  724/1994  la
 situazione  appare  tuttavia  mutata,  tanto  da  far ritenere che il
 legislatore abbia inteso ampliare la possibilita' di sanatoria  anche
 ad  altri interventi non qualificabili come edilizi in senso stretto,
 e purtuttavia, per costante giurisprudenza penale ed  amministrativa,
 soggetti  al  previo controllo dell'autorita' comunale, e per i quali
 deve  comunque  ritenersi  prescritta  la  concessione   edilizia   o
 l'autorizzazione.:  trattasi  di  interventi vari, quali sbancamenti,
 recinzioni, demolizioni, scavi, riporti, spianamenti  e  livellamenti
 del terreno.
    L'art.  31,  primo  comma,  della  legge  28 febbraio 1985, n. 47,
 riferendosi semplicemente a "costruzioni od altre opere",  realizzate
 in  assenza  di licenza, concessione o autorizzazione edilizia, aveva
 consentito di ritenere compresi nel condono introdotto con tale legge
 anche tali interventi.
    Tale interpretazione  estensiva  puo'  tuttavia  essere  applicata
 anche  alla  nuova normativa, e cio' non appare anzitutto contrastare
 con il dato letterale del primo comma dell'art.  39  della  legge  n.
 724/1994,  ove  si richiamano espressamente le disposizioni di cui ai
 capi  IV  e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e dove comunque il
 riferimento generale e' alle "opere abusive",  mentre  le  successive
 prescrizioni  circa  la  volumetria  dei manufatti possono intendersi
 specificazioni relative ai piu' frequenti casi di abusivismo relativo
 ad abitazioni.
    Ulteriore dato testuale che appare  confortare  nella  prospettata
 interpretazione e' costituito al richiamo, effettuato dal citato art.
 39, al terzo comma, ai fini della determinazione dell'oblazione, alla
 tabella allegata alla legge n. 47/1985 e, al quinto comma "alle opere
 di  cui  al  numero  7  della tabella allegata alla legge 28 febbraio
 1985, n. 47": al punto 7 della richiamata tabella erano  indicate  le
 "opere  o  modalita'  di  esecuzione  non  valutabili  in  termini di
 superficie o di volume".
    Peraltro anche il settimo comma del citato art. 39 della legge  n.
 724/1994  richiama,  con  riferimento alle opere eseguite su immobili
 soggetti alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e  al  d.-l.  27  giugno
 1985,  n.  312,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 8 agosto
 1985, n. 431, "ampliamenti o tipologie  d'abuso  che  non  comportano
 aumento di superficie o di volume".
    Una siffatta interpretazione appare peraltro conforme al principio
 di  cui  all'art.  3  della  Costituzione, poiche' di norma gli abusi
 relativi alla costruzione od ampliamento di edifici (specie  in  zone
 soggette  a vincolo) hanno impatto ambientale ben piu' consistente di
 (spesso modesti), interventi di sbancamento, livellamento  o  riporto
 di terreno.
    Per  i  motivi  esposti  si ritiene che anche l'intervento oggetto
 dell'imputazione nel presente procedimento (esecuzione di  lavori  di
 miglioramento  fondiario  consistiti  nella realizzazione di opere di
 drenaggio delle acque di scolo ed interventi di movimento di  terreno
 che determinavano la modifica della graduatoria preesistente, in zona
 soggetta  a vincolo paesaggistico), in quanto soggetta al rilascio di
 concessione edilizia, qualora  questa  non  fosse  stata  rilasciata,
 avrebbe potuto usufruire della sanantoria, con conseguente estinzione
 anche del reato derivante dalla violazione del vincolo.
    Nel caso di specie, come indicato nella memoria difensiva dimessa,
 i  lavori sono stati autorizzati con concessione edilizia del 1990, e
 furono di fatto terminati nei primi mesi del 1991.
    Ulteriore  requisito  per  l'accesso  al  condono,  e'  costituito
 dall'ultimazione dell'opera abusiva entro il 31 dicembre 1993, e tale
 requisito appare anch'esso sussistente.
    Nella  perizia  del  consulente  del  p.m. di data 20 aprile 1993,
 allegata  alla  memoria  difensiva  dimessa  dal  difensore  di  Cois
 Luciano,  si  afferma  infatti, sulla base del sopralluogo di data 23
 marzo 1993, che l'intervento e' stato  realizzato  come  da  progetto
 approvato,  e  quindi  almeno  a  tale data i lavori devono ritenersi
 ultimati.
    Che l'effetto estintivo del "reato per la violazione del  vincolo"
 previsto  dall'ottavo  comma  del  citato  art.  39 sia riferito alla
 violazione dell'art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312 appare
 evidente, non solo perche' il  d.-l.  n.  312/1985  e'  espressamente
 richiamato  dalla norma in esame, ma anche perche' la legge 29 giugno
 1939, n. 1497 non prevedeva sanzioni penali.
    Peraltro  gia'  l'art.  38,  secondo  comma,  della legge del 1985
 consentiva l'estinzione, a  seguito  del  procedimento  di  sanatoria
 previsto  dagli  artt.  31  e segg., di reati previsti da altre leggi
 connesse all'attivita' edilizia.
    Evidente appare pertanto la disparita'  di  trattamento  istituita
 con  la  recente  normativa di sanantoria degli abusi edilizi, ove si
 consideri che gli  odierni  imputati,  per  il  solo  fatto  di  aver
 regolarmente   ottenuto   la   necessaria  concessione  edilizia  per
 l'esecuzione dell'opera, non possono  usufruire  dell'estinzione  del
 reato  di  cui  all'art.  1-sexies  del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312,
 mentre qualora, con condotta  maggiormente  rilevante  dal  punto  di
 vista  penale, avessero realizzato l'opera in zona soggetta a vincolo
 senza  neppure  essere  in  possesso  della  prescritta  concessione,
 andrebbero  esenti,  a  seguito  del perfezionamento del procedimento
 amministrativo di sanatoria, da ogni sanzione.
    A parere di questo  giudice  non  puo'  ritenersi  neppure,  nella
 ricerca  di  un'interpretazione  della normativa in esame conforme al
 dettato costituzionale, che questa  introduca  un  condono  non  solo
 "edilizio"   bensi'   "edilizio   ed  urbanistico",  con  conseguente
 possibilita' per gli imputati di avvalersi della  sanatoria  al  solo
 fine di ottenere l'estinzione del reato paessaggistico.
    Tale soluzione deve essere esclusa anzitutto per l'impossibilita',
 aderendo  a  tale  interpretazione,  di determinare la somma dovuta a
 titolo di oblazione,  poiche'  le  tabelle  allegate  alla  legge  n.
 47/1985  e  richiamate  dalla  recente normativa, si riferiscono agli
 illeciti edilizi, ed in particolare ad opere realizzate in assenza  o
 in  difformita'  dalla  concessione  edilizia,  e  l'oblazione  viene
 determinata diversamente a seconda della  conformita'  o  meno  delle
 opere  stesse agli strumenti urbanistici; tali indicazioni non paiono
 estensibili  agli  illeciti  paesaggistici,  ne'  pare  possa   farsi
 riferimento  in tali casi alla previsione residuale del punto 7 della
 tabella, poiche' in tal caso gli illeciti verrebbero sanzionati tutti
 in ugual misura.
    Peraltro la recente normativa richiama espressamente i capi IV e V
 della legge n. 47/1985, e quindi  in  primo  luogo  l'art.  31  della
 stessa,  che dichiara sanabili solo le opere eseguite senza licenza o
 concessione  edilizia  o  autorizzazione  a  costruire,   ovvero   in
 difformita'   da   esse,   o   in   base  a  licenza,  concessione  o
 autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace.
    Ma  a  parere  di  questo  pretore  l'impossibilita'  di  ritenere
 applicabile  la normativa sul condono ai soli illeciti paesaggistici,
 non correlati ad una violazione edilizia, discende dal  testo  stesso
 dall'art.  39, ottavo comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724: in
 tale  disposizione  infatti  l'effetto  estintivo  del   "reato   per
 violazione  del  vincolo" viene espressamente ricondotto al "rilascio
 della concessione  edilizia  o  della  autorizzazione  in  sanatoria,
 subordinato    al    conseguimento    delle    autorizzazioni   delle
 Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo".
    In altri termini mentre, ai sensi  dell'art.  38  della  legge  28
 febbraio  1985, n. 47, l'estinzione dei reati ivi indicati conseguiva
 all'integrale  versamento  dell'oblazione,  e  a  tale  momento,   in
 mancanza  di contraria disposizione della nuova normativa, deve farsi
 riferimento anche oggi per  l'estinzione  dei  reati  correlati  alla
 mancanza  di  atto  autorizzativo  comunale,  per  il  "reato  per la
 violazione del vincolo"  l'art.  39,  ottavo  comma  della  legge  23
 dicembre  1994,  n.  724  prevede  espressamente che l'estinzione del
 reato consegua (solamente) al "rilascio della concessione edilizia  o
 della autorizzazione in sanatoria, sobordinato al conseguimento delle
 autorizzazioni   delle   Amministrazioni  preposte  alla  tutela  del
 vincolo".
    Tale interpretazione appare conforme al primo comma  dell'art.  39
 citato,  che  richiama  le  disposizioni della legge n. 47/1995 nella
 parte in cui non siano modificate dall'art. 39 stesso.
    Pertanto  appaiono  non  estensibili  al   caso   di   specie   le
 considerazioni  svolte  dalla Corte costituzionale con la sentenza 31
 marzo 1988,  n.  369,  in  relazione  alla  distinzione  tra  effetto
 costitutivo  prodotto dal rilascio della concessione in sanatoria, ed
 effetto estintivo dei reati  integrati  dall'esecuzione  delle  opere
 abusive.
    Una  ulteriore  possibile  interpretazione della normativa tale da
 adeguare la stessa al dettato costituzionale e'  stata  dal  Pubblico
 Ministero  individuata  ipoteticamente, per poi giungere a negarne la
 praticabilita', nella possibilita' per gli imputati di avvalersi  del
 condono previa disapplicazione della concessione edilizia.
    Tale  soluzione  muove  dal richiamo all'art. 25, primo comma, del
 r.-d. 3 giugno 1940, n. 1357, recante il  regolamento  di  esecuzione
 della  legge  29 giugno 1939, n. 1497, che prescrive: "Sia nella zona
 dei piani territoriali  paesistici  sia  nell'ambito  delle  bellezze
 d'insieme,  quando sia imposto il vincolo a termini della legge e del
 presente regolamento, i (sindaci) non possono rilasciare  licenza  di
 costruzione   se   non  previo  favorevole  avviso  della  competente
 Soprintendenza".
    In applicazione di tale norma,  poiche'  la  concessione  edilizia
 rilasciata   dal   sindaco   in   assenza  di  previa  autorizzazione
 paesaggistica dovrebbe  ritenersi  illegittima,  la  stessa  dovrebbe
 essere  revocata  dal  sindaco  nell'esercizio  dei  suoi  poteri  di
 autotutela,  e  la  domanda  di  condono  edilizio  presentata  dagli
 imputati  potrebbe  nel  caso  di  specie  trovare  accoglimento, con
 rilascio di una nuova concessione e conseguente estinzione anche  del
 reato loro contestato.
    Tale   soluzione  appare  tuttavia  anche  a  questo  pretore  non
 condivisibile, poiche' la norma citata fa riferimento  esclusivamente
 alla  opere da realizzarsi nelle zone comprese nei piani territoriali
 paesistici o vincolate come bellezze d'insieme, ed  esclude  pertanto
 implicitamente le opere interessanti zone vincolate singolarmente, ai
 sensi dell'art. 1, nn. 1 e 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.
    Si  deve pertanto ritenere che la norma, peraltro emanata in epoca
 ben anteriore all'entrata in vigore della legge "Galasso", non  detti
 un  principio  generale  valevole per ogni zona soggetta a vincolo, e
 non sia pertanto suscettibile di interpretazione analogica.
    Peraltro la natura del vincolo di  cui  alla  legge  "Galasso"  e'
 stata  ritenuta  diversa da quella dei vincoli paesaggistici previsti
 dalla legislazione previgente.
    In  ordine  alla  rilevanza   della   prospettata   questione   di
 costituzionalita',   sollevata   in   sede  di  atti  preliminari  al
 dibattimento, si richiama la circostanza che gli imputati hanno  gia'
 presentato domanda di condono, hanno prodotto copia dell'attestazione
 dei  versamenti effettuati, e che gia' con sentenza 31 marzo 1988, n.
 369 la Corte costituzionale ha ritenuto sufficiente,  ai  fini  della
 rilevanza,  che  sia  stata  avanzata  richiesta  di  sospensione del
 procedimento ex art. 44 della legge n. 47/1985.
    Per le ragioni suesposte deve quindi essere disposta la remissione
 degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio.