IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Letti gli atti del proc. pen. n.  2947/94  r.g.p.m.  e  n.  3823/94
 r.g.gip  nei  confronti  di  Minoliti  Arturo, in atti generalizzato,
 indagato per il reato di cui all'art. 282, lett. f),  del  d.P.R.  23
 gennaio  1973,  n.  43, perche' deteneva kg 4.800 di tabacco lavorato
 estero di provenienza illegittima: fatto accertato in Potenza  Picena
 il 22 giugno 1994;
    Letta  la  richiesta  di archiviazione del p.m. in sede per essere
 intervenuta definizione del fatto in via amministrativa;
    Ritenuto, in punto di fatto, che  l'indagato  venne  sottoposto  a
 perquisizione  della  propria  autovettura  da parte della Guardia di
 finanza di Macerata che procedette al sequestro  delle  sigarette  di
 contrabbando  di  cui  al  verbale  in atti; con nota 25 ottobre 1994
 l'Ispettorato  compartimentale  dei  Monopoli  di  Stato  di   Ancona
 comunicava  di  aver  "dato  corso al tentativo di definizione in via
 amministrativa  del  contesto"  e,  con  successivo  decreto  del  15
 dicembre  1994,  lo  stesso  organo  amministrativo, dato atto che il
 Minoliti  aveva  presentato  la  domanda  di   definizione   in   via
 amministrativa  ai  sensi  dell'art. 2 del d.lgs. 9 novembre 1990, n.
 375, versando la somma dovuta a tale titolo, dichiarava  "estinto  il
 reato  per  intervenuta  definizione  amministrativa"  ed ordinava la
 confisca della merce sequestrata.
    Rilevato  in  linea di diritto: va premesso che nel caso concreto,
 trattandosi di delitto di contrabbando  avente  ad  oggetto  tabacchi
 lavorati esteri, accertato fuori degli spazi doganali (e precisamente
 nei  pressi  di un distributore stradale sito in Porto Potenza Picena
 al km 335 della s.s. Adriatica, come da comunicazione di  notizia  di
 reato),  e  punibile con la sola pena della multa, trova applicazione
 la normativa introdotta dal citato d.lgs. n. 375/1990.
    Esso, infatti, allo scopo di adeguare le disposizioni  concernenti
 il  contrabbando  di  tabacchi  lavorati  esteri,  ha  introdotto una
 disciplina differenziata a seconda  che  i  delitti  di  contrabbando
 avente  ad oggetto T.L.E. siano punibili o non con la sola pena della
 multa, nel senso che mentre per i secondi stabilisce (art. 3)  che  i
 relativi   processi  verbali  siano  trasmessi,  a  cura  dell'organo
 verbalizzante, in originale all'Autorita' competente secondo le norme
 del Codice di procedura penale, invece per i primi e' previsto  (art.
 2)  che  il  processo  verbale  venga  trasmesso  a  cura dell'organo
 verbalizzante all'Ispettorato compartimentale dei Monopoli  il  quale
 "puo'  consentire  che  il  denunciato, su sua richiesta, effettui il
 pagamento, oltre che del tributo dovuto, di una somma  non  inferiore
 al  doppio  e  non  superiore  al  decuplo  del  tributo  stesso,  da
 determinarsi dall'Ispettorato medesimo" (art.  1);  la  stessa  norma
 prevede, infine, che il pagamento della somma anzidetta e del tributo
 estingue il reato.
    Ora,   nel   caso  in  esame,  l'Ispettorato  compartimentale  dei
 Monopoli,  essendo  stata  esperita  dall'indagato  la  procedura  di
 definizione  amministrativa sopra descritta, ha provveduto ad emanare
 il conseguente decreto 15 dicembre 1994 con il  quale  ha  dichiarato
 estinto il reato ed ordinato la confisca della merce sequestrata.
    Per  conseguenza,  in  presenza della citata normativa che risulta
 nella specie correttamente  applicata,  questo  g.i.p.  non  potrebbe
 emanare  il  richiesto  decreto di archiviazione, in quanto lo stesso
 presuppone  la  verifica  da  parte  dello  stesso   giudice   e   la
 declaratoria  della  estinzione  del  reato,  operazione che e' stata
 invece compiuta dall'organo del p.a.
    A parte cio', sussiste  un  generale  ostacolo  all'intervento  di
 questa a.g. nel senso richiesto dal p.m.: il meccanismo messo a punto
 dal  citato  decreto legislativo e sopra descritto, infatti, nel caso
 dei delitti di contrabbando punibili con la  sola  pena  della  multa
 (come   nel   caso   di   specie),   prevede  l'esclusiva  competenza
 dell'autorita' amministrativa sull'intera  procedura,  sino  all'atto
 finale  della  dichiarazione  di  estinzione  del reato e di confisca
 della merce in sequestro.
   L'intervento  dell'a.g.  e'  previsto  solo  per  il  caso  -   non
 verificatosi  nella  fattispecie  - in cui l'ispettorato dei Monopoli
 non acconsenta alla definizione in via amministrativa, ovvero qualora
 nel termine prefisso l'interessato non abbia effettuato il pagamento.
 Nel caso in esame, dunque, non  e'  previsto  ne'  concepibile  alcun
 intervento  da  parte di questa a.g., la quale, a stretto rigore, non
 avrebbe dovuto  nemmeno  essere  informata  della  notitia  criminis,
 essendosi,  appunto,  la  procedura definita davanti all'organo della
 p.a.
    Ora, ad avviso di questo g.i.p., la descritta normativa si pone in
 palese contrasto con il disposto del primo e seconda comma  dell'art.
 102  della Costituzione, in quanto consente che l'a.g. venga di fatto
 completamente esautorata dalla funzione giurisdizionale in  relazione
 ad intere categorie di delitti, attraverso "l'espropriazione" di tale
 funzione  istituzionale  e  l'attribuzione  del potere di esercitarla
 (con atti tipici e caratteristici quali la declaratoria di estinzione
 del reato e l'applicazione della  misura  di  sicurezza  patrimoniale
 della confisca) ad un'organo della p.a.
    Appare  evidente,  cioe',  sia  la  sottrazione  alla Magistratura
 ordinaria della funzione giurisdizionale (art. 102, primo comma della
 Costituzione), sia, sotto altro profilo, la istituzione di un vero  e
 propio giudice speciale per determinate categorie di reati (art. 102,
 secondo comma, della Costituzione).
    Oltre che non manifestamente infondata, la questione risulta anche
 rilevante  nel  caso  di  specie  nel quale, come detto sopra, questo
 g.i.p., in applicazione della denunciata normativa,  si  trova  nella
 impossibilita'  di  emanare il richiesto decreto di archiviazione per
 estinzione del reato e di esercitare la funzione  giurisdizionale  in
 relazione al reato stesso (delitto di contrabbando di T.L.E. punibile
 con la sola pena della multa).
    Analoga  questione di legittimita' costituzionale, sollevata dallo
 scrivente con ordinanza  29  settembre  1994,  e'  stata  risolta  da
 codesta  eccellentissima Corte con setenza n. 79 del 23 febbraio 1995
 con la quale la questione medesima e' stata dichiarata non fondata.
    In quella sentenza codesta eccellentissima Corte giudico' inesatto
 il  presupposto  interpretativo  secondo  cui  sarebbero   attribuite
 funzioni  giurisdizionali  alla autorita' amministrativa in quanto, a
 prescindere dalla formula usata dal legislatore  per  qualificare  il
 provvedimento  con  cui  la p.a. definisce la procedura, la autorita'
 giudiziaria  "non  e'  vincolata  alle  valutazioni   amministrative,
 potendo   sempre  giudicare  se  la  conciliazione  era  ammissibile,
 rientrando nei casi consentiti dalla legge, e la  relativa  procedura
 sia stata correttamente conclusa".
    Questo  g.i.p.  e'  rispettosissimo  delle  decisioni  di  codesta
 eccellentissima Corte, ma poiche' nutre  il  fondato  timore  che  la
 precedente  questione  di costituzionalita' non sia stata esposta con
 la dovuta chiarezza, si permette di sollevare nuovamente la questione
 medesima - quanto meno limitatamente al  parametro  di  cui  all'art.
 102,  primo  e  secondo  comma,  della  Costituzione  -  in base alle
 seguenti considerazioni.
    L'affermazione  conclusiva  della  citata  sentenza   di   codesta
 eccellentissima  Corte - "il Giudice non e' dunque privato del potere
 di accertare l'estinzione del reato"  -  sembra  contrastare  con  il
 chiaro  dettato  normativo  ricavabile  dal  combinato disposto degli
 artt. 1, 2 e 3 dell'impugnato d.lgs. n. 375/90.
    Esso   prevede,   infatti,   un   meccanismo   di    conciliazione
 amministrativa  che,  per  una intera categoria di reati quale quello
 per  cui  si  procede,  espressamente  esclude  qualsiasi   tipo   di
 intervento dell'a.g. nella cognizione stessa - prima ancora che nella
 decisione - dei reati medesimi.
    Invero, solo per i reati per i quali non e' ammessa la definizione
 in  via  amministrativa  e'  prevista  la  trasmissione della notizia
 criminis  all'a.g.  penale;  per  gli   altri,   al   contrario,   e'
 espressamente  stabilito  il  dovere  per  l'organo  verbalizzante di
 trasmettere gli atti all'ispettorato dei Monopoli il quale procedera'
 al tentativo di conciliazione amministrativa  e,  se  questo  riesce,
 alla  declaratoria  di  estinzione del reato (e di applicazione della
 misura di sicurezza della confisca).
    Il tutto all'insaputa dell'a.g. che,  ove  il  procedimento  abbia
 esito  favorevole,  rimane  del  tutto  all'oscuro  del  fatto, della
 notizia criminis, della procedura instaurata e della  estinzione  del
 reato  pronunciata  dall'Organo  amministrativo: per conseguenza, nei
 casi normali, l'a.g. non e' messa  in  condizione  di  esercitare  il
 controllo  a  cui  fa  riferimento  codesta  eccellentissima Corte in
 quanto - si ripete - verra' notiziata solo nelle ipotesi  patologiche
 e/o  eccezionali  in  cui l'Ispettorato per i Monopoli non acconsenta
 alla definizione in via amministrativa ovvero l'interessato non abbia
 effettuato il pagamento nel termine dovuto (art. 2, comma terzo,  del
 d.lgs. n. 375/1990).
    Non  tragga in inganno la circostanza che, nel presente caso, come
 nell'altro sottoposto al vaglio  di  codesta  eccellentissima  Corte,
 l'a.g.  penale  sia stata informata della definizione della procedura
 in via amministrativa e della declaratoria  di  estinzione  da  parte
 dell'Ispettorato:  in entrambi i casi e' agevole rilevare che cio' e'
 avvenuto per circostanze del tutto casuali e precisamente perche'  la
 p.g.  che  effettuo' gli accertamenti, paradossalmente, non segui' la
 procedura prevista, trasmettendo gli  atti  anche  al  p.m.  anziche'
 soltanto  all'ispettorato  compartimentale  dei  Monopoli  di Stato e
 meritandosi, al riguardo, la censura da parte dello  stesso,  proprio
 per questo motivo (nota 25 ottobre 1994, 3› periodo).
    Ad  ulteriore  conforto della tesi qui sostenuta e' sufficiente il
 confronto con la, per molti versi analoga, disciplina di  definizione
 in  via  amministrativa introdotta per una consistente parte di reati
 in materia di sicurezza ed igiene del lavoro dal d.lgs.  19  dicembre
 1994, n. 758.
    Il  capo II di tale decreto prevede una procedura di conciliazione
 in via amministrativa che comprende l'ammissione  del  contravventore
 al  pagamento  di  una  certa  somma,  con conseguente estinzione del
 reato. Senonche' tale decreto non solo prevede comunque espressamente
 (art.  20,  comma  quarto)  l'obbligo  dell'organo  accertatore   "di
 riferire  al  p.m.  la  notizia  di  reato ai sensi dell'art. 347 del
 c.p.p.";  ma  altresi'  che  sia  sempre   il   p.m.   a   richiedere
 l'archiviazione e il giudice a dichiarare estinto il reato (art. 24).
 In tal modo, dunque, l'a.g. e' messa in condizione di esercitare quel
 controllo   cui   accenna   la   sentenza   n.   79/1995  di  codesta
 eccellentissima Corte ed in questo caso  puo'  certamente  convenirsi
 sul  fatto  che  il  giudice  non  e' privato del potere di accertare
 l'estinzione del reato.
    Non altrettanto, invece, puo' dirsi con riferimento alla procedura
 di conciliazione di cui al d.lgs. n. 375/1990  impugnato,  la  quale,
 ove ritualmente applicata, non puo' che comportare l'ignoranza totale
 da  parte  dell'a.g. penale circa la commissione di determinati reati
 e, pertanto, l'impossibilita' assoluta  di  effettuare  da  parte  di
 questa  qualsiasi sindacato e di esercitare il potere giurisdizionale
 che in esclusiva le compete.