IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  di  rigetto  di  richiesta di
 archiviazione, art.  554  del  c.p.p.,  eccezione  di  illegittimita'
 costituzionale, art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                               F A T T O
    Nel  corso  delle indagini preliminari a carico di Geddes Filicaia
 Vincenzo e Giaconi Patrizio, svolte  sulla  base  della  denuncia  di
 Antonini Brunetta, la quale riferiva di aver visto presso l'esercizio
 commerciale  del  primo,  esposte per la vendita, delle sedie antiche
 che assumeva essere identiche a quelle  a  lei  rubate  qualche  anno
 prima,  veniva  accertata  a  carico degli indagati sopraindicati, la
 violazione  alle  norme  relative  alla  tenuta  dei  registri  delle
 operazioni  commerciali  aventi  ad  oggetto  mobili antichi e usati,
 norme previste dall'art. 128 del T.U.L.P.S.
    Per il reato ipotizzato di cui all'art. 712 del c.p. questa  a.g.,
 su richiesta del p.m. procedeva con decreto di archiviazione, essendo
 emerso  che  trattavasi  di  beni diversi da quelli oggetto del furto
 denunciato.
    Parimenti il p.m. chiedeva l'archiviazione per la violazione  alle
 disposizioni di cui all'art. 128 del T.U.L.P.S., assumendo l'avvenuta
 depenalizzazione della fattispecie ai sensi dell'art. 3, terzo comma,
 del d.lgs. n. 480/1994.
    Questa  a.g.  ritiene,  diversamente, di non poter accogliere tale
 ultima richiesta poiche' con l'art. 3 cit.  contrariamente  a  quanto
 affermato  dal  p.m.  e'  stata depenalizzata la fattispecie prevista
 dall'art.   128   del   T.U.L.P.S.,   con   riferimento    unicamente
 all'attivita'  di  commercio  di  preziosi  di  cui  all'art. 127 del
 T.U.L.P.S., ma non anche con riferimento a quella  del  commercio  di
 cose antiche e usate di cui al diverso art. 126 del T.U.L.P.S.
    Dovrebbe  pertanto  ordinarsi  la  formulazione dell'imputazione a
 mente dell'art. 554, secondo comma del c.p.p. onde procedere  per  il
 reato  di  cui  all'art.  17, primo comma del T.U.L.P.S. in relazione
 agli artt. 128 e 126 del T.U.L.P.S.
    Tuttavia, ad avviso della scrivente, ed  in  questo  senso  se  ne
 evidenzia  la  rilevanza nel presente giudizio, deve essere sollevata
 d'ufficio questione di  illegittimita'  costituzionale  in  relazione
 alla  mancata  depenalizzazione  di  tale fattispecie, questione gia'
 sollevata  in  procedimenti  analoghi  da  questa  stessa  a.g.   con
 ordinanze  del  31  gennaio 1995, la cui motivamente si riporta quasi
 integralmente.
                             D I R I T T O
    Va, infatti, premesso innanzitutto che in materia di commercio  di
 cose  antiche  o  usate cosi' come di oggetti preziosi, la disciplina
 sanzionatoria  per  le  violazioni  all'obbligo  rispettivamente   di
 preventiva   dichiarazione   e   di  licenza  nonche'  alle  relative
 prescrizioni   di  legge  richiamate  nel  testo  unico  di  pubblica
 sicurezza ha subito una sostanziale modifica per effetto  del  d.lgs.
 13 luglio 1994, n. 480.
    1)  In  primo  l'art. 706 del c.p. e' stato abrogato (cfr. art. 13
 del d.lgs. cit.).
    Venuta  meno  tale  disposizione,  la  violazione  agli   obblighi
 esistenti  in materia di commercio di cose antiche o usate, trova ora
 la propria disciplina sanzionatoria nell'art. 17 del T.U.L.P.S., che,
 come modificato dall'art. 2 del d.lgs. cit.,  per  le  violazioni  al
 testo  unico, laddove non sia prevista una sanzione dal codice penale
 ovvero dove non sia prevista una sanzione amministrativa,  stabilisce
 in  via  generale  e residuale la pena dell'arresto fino a tre mesi o
 dell'ammenda fino a lire  400.000.  Per  la  materia  riguardante  il
 commercio  delle  cose antiche o usate, dunque, la mancata preventiva
 dichiarazione all'autorita', imposta dall'art. 126 del T.U.L.P.S.  e'
 ora  sanzionata  in  via amministrativa, stante la introduzione della
 previsione specifica all'art.  17-bis  del  T.U.L.P.S.,  per  effetto
 dell'art. 3, terzo comma, del d.lgs. cit.
    Diversamente,  sempre  nella  stessa  materia,  la violazione alle
 prescrizioni imposte dalla legge e piu'  precisamente  dall'art.  128
 del  T.U.L.P.S.  (con  riferimento alle attivita', appunto richiamate
 all'art. 126),  non  e'  stata  depenalizzata  talche',  in  mancanza
 dell'art.  706  del  c.p.,  -  ora  abrogato  -  dovra' applicarsi la
 sanzione penale prevista dall'art. 17, primo comma,  come  modificato
 dall'art. 2 del d.lgs. cit., come appena detto.
    2)  Diversamente  in  materia  di  commercio  di  cose preziose si
 applica tuttora l'art. 705 del c.p., che diversamente  dall'art.  706
 del c.p., non e' stato abrogato.
    La  violazione  all'obbligo  della  preventiva  licenza  di  P.S.,
 imposta dall'art. 127 del c.p., continua dunque ad essere  sanzionata
 penalmente  ai  sensi dell'art. 705 del c.p. con l'arresto fino a tre
 mesi o con l'ammenda da lire 100.000 a 2 milioni,  visto  che  l'art.
 17,  primo  comma,  del T.U.L.P.S., fa salve le sanzioni previste dal
 codice penale per le violazioni al medesimo testo unico.
    Diversamente, per le violazioni alle prescrizioni di legge, quelle
 richiamate all'art. 128 del T.U.L.P.S. (riferite all'attivita' di cui
 all'art. 127), l'art. 705  del  c.p.  puo'  ritenersi  implicitamente
 abrogato  in  parte  qua,  posto  che  il terzo comma dell'art. 3 del
 d.lgs.  cit.,  introducendo   l'art.   17-bis   del   T.U.L.P.S.   ha
 depenalizzato  una  serie  di  violazioni tra cui quella all'art. 128
 (sempreche' non sia riferita alle attivita'  di  cui  all'art.  126),
 prevedendo  la  sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
 lire 300.000 a lire due milioni.
    In conclusione attivita' relative a due settori molto  simili  che
 prima  dell'intervento del d.lgs. cit. si trovavano ad essere oggetto
 di obblighi e di sanzioni penali per cosi' dire  paralleli  e  dunque
 oggetto  di  una  disciplina  omogenea  (obbligo  di  dichiarazione o
 licenza di P.S., obbligo della tenuta dei registri, etc.), stante  la
 sostanziale  identita'  di  interessi  perseguiti attraverso forme di
 controllo dirette a prevenire e reprimere eventuali reati  contro  il
 patrimonio anche in danno degli acquirenti, oggi, invece, per effetto
 delle  modifiche apportate dal d.lgs. cit., non tanto in relazione ai
 precetti quanto in relazione alle sanzioni previste per la violazione
 a  tali  precetti  -  rimasti  invariati  -,  vengono  a  subire  una
 disparita' di trattamento  (cfr.  art.  3  della  Costituzione),  che
 francamente,   ad   avviso   della   scrivente   non   pare   trovare
 giustificazione, ma che al contrario si traduce, per i  casi  tuttora
 sanzionati  penalmente,  in  una  ingiustificata  e  piu'  penetrante
 limitazione alla  iniziativa  economica,  il  cui  controllo  a  fini
 sociali  e  di  sicurezza  (cfr. art. 41 della Costituzione) ben puo'
 essere raggiunto,  come  negli  altri  casi,  attraverso  gli  stessi
 strumenti  che  prevedono  nel  caso  di inosservanze alle regole una
 adeguata sanzione amministrativa.
    Vi e' in conclusione disparita' di trattamento:
       A) tra la disciplina sanzionatoria prevista per  la  violazione
 all'obbligo  di  preventiva  licenza di P.S. per il commercio di cose
 preziose (sanzionata penalmente ai sensi dell'art. 705  del  c.p.  in
 relazione all'art. 127 del T.U.L.P.S.) e quelle previste:
        a)  per  la violazione all'obbligo di preventiva dichiarazione
 all'autorita' per il commercio di cose antiche  o  usate  (sanzionata
 ora  in  via amministrativa ex art. 17-bis, terzo comma, in relazione
 all'art. 126 del T.U.L.P.S.);
        b) per la violazione alle  prescrizioni  di  legge  richiamate
 dall'art. 128 del T.U.L.P.S. in materia di commercio di cose preziose
 (sanzionata in via amministrativa ex art. 17-bis, terzo comma);
       B)  tra  la disciplina sanzionatoria prevista per la violazione
 alle prescrizioni di legge richiamate dall'art. 128 del T.U.L.P.S. in
 materia di commercio di cose antiche o usate  (sanzionata  penalmente
 ex art. 17, primo comma del T.U.L.P.S.) e quelle previste:
        a)  per  la  violazione  alle  stesse  prescrizioni richiamate
 dall'art. 128 del T.U.L.P.S. in materia di commercio di cose preziose
 (sanzionata in via amministrativa ex art. 17-bis, terzo comma);
        b) per la violazione all'obbligo di  preventiva  dichiarazione
 all'autorita'  richiesto  in  materia  di commercio di cose antiche o
 usate (sanzionata in via amministrativa ex art. 17-bis, terzo  comma,
 in relazione all'art. 126 del T.U.L.P.S.).
    Venendo  al caso che qui interessa, va rilevato che la fattispecie
 che ricorre e' proprio quella p. e p. dall'art. 17, primo comma,  del
 T.U.L.P.S.  in relazione all'art. 128 del T.U.L.P.S. (con riferimento
 alle attivita' di cui all'art. 126 del T.U.L.P.S.).
    Per i motivi sopra specificati si ritiene pertanto la  sussistenza
 delle  condizioni  di  rilevanza  e di non manifesta infondatezza per
 sollevare d'ufficio la eccezione di illegittimita' costituzionale per
 contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione:  dell'art.  17-bis
 del d.lgs. 480/1994 nella parte in cui esclude dalla depenalizzazione
 la  fattispecie relativa alla violazione dell'art. 128 del T.U.L.P.S.
 con riferimento alle attivita' previste dall'art. 126 del T.U.L.P.S.,
 ora sanzionata penalmente ai sensi del primo comma dell'art.  17  del
 T.U.L.P.S.