ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 328 del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 7 giugno 1994 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dall'Ente Ferrovie dello Stato contro Maretto Lucia ed altri iscritta al n. 697 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1994; Udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1995 il Giudice relatore Renato Granata; Ritenuto che, con ordinanza del 7 giugno 1994, la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione incidentale di legittimita' dell'art. 328 cod. proc. civ., "nella parte in cui, in relazione al decesso verificatosi durante i primi sei mesi del decorso del termine annuale di cui all'art. 327 cod. proc. civ., non prevede la automatica interruzione del processo nel caso che il procuratore della parte deceduta successivamente alla pubblicazione della sentenza, all'atto della ricezione della notificazione dell'impugnazione dell'altra parte, ometta di dichiarare l'evento; ovvero, con riferimento all'art. 325 c.p.c., non prevede che, nel caso anzidetto, il termine annuale di decadenza decorra soltanto dal momento in cui sia conosciuto l'avvenuto decesso"; che, in questo giudizio non v'e' stata costituzione di parti, ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato che, come da questa Corte reiteratamente affermato, l'adozione di pronunzie additive, come quella nella specie auspicata, e' consentita nei soli limiti in cui la reductio ad legitimitatem della norma impugnata sia "costituzionalmente obbligata" e non implichi una scelta, tra piu' soluzioni possibili, come tale riservata alla discrezionalita' del legislatore (cfr., da ultimo, sentenze nn. 129, 286, 438 del 1993; nn. 5, 114, 265, 373 del 1994; ordinanza n. 73 del 1995); che non e', quindi, ammissibile la denuncia di omissioni normative non univocamente emendabili; ed, a fortiori, e' precluso l'esame di questioni che gia' lo stesso giudice a quo prospetti - come nella specie - in modo ancipite, prefigurandone un duplice possibile esito correttivo (cfr. sentenza n. 129 del 1993); che, per le ragioni indicate, deve conseguentemente dichiararsi la manifesta inammissibilita' della questione in oggetto. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.