IL PRETORE
    Decidendo  sull'eccezione  di  incostituzionalita'   proposta   in
 relazione  all'art.  11  della  legge  n.  482/1968 per contrasto con
 l'art. 41 della Costituzione (nella parte in cui la  legge  ordinaria
 impone    l'obbligo    di    assunzione    di   invalidi   da   parte
 dell'imprenditore,  indipendentemente  dallo  stato  in   cui   versi
 l'azienda  e  da  quelle  che  siano le sue esigenze organizzative ed
 economiche, cosi' realizzando una grave limitazione della liberta' di
 impresa),  ed  in  relazione agli artt. 5, 10 e 11 della stessa legge
 per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione (nella parte in
 cui la legge ordinaria impone la corresponsione all'invalido  -  tale
 essendo  colui  che  sia  afflitto di un'invalidita', e quindi da una
 corrispondente riduzione della capacita' lavorativa, non inferiore al
 terzo - di un trattamento economico pari a quello  di  un  lavoratore
 valido,  e nella parte in cui finisce per addossare all'impresa e non
 allo Stato - come invece prescritto dall'art. 38 della Costituzione -
 gli  obblighi  di  assistenza  a  favore  dei  cittadini   bisognosi,
 piuttosto  che  realizzare  un  sistema  che  garantisca l'avviamento
 professionale - come prescritto  dall'art.  38,  comma  terzo,  della
 Costituzione  -, senza far gravare sull'impresa oneri impropri, quale
 la retribuzione sproporzionata  alla  capacita'  lavorativa,  che  la
 costituzione  assegna  invece  allo  Stato  e  che,  per  principi di
 eguaglianza e  parita'  di  trattamento,  dovrebbero  essere  infatti
 distribuiti  su  tutta  la  collettivita'  sociale  e  non solo sugli
 imprenditori);
                             O S S E R V A
    La  questione  e'  fondata,  e  ad   essa   va   aggiunta   quella
 conseguenziale  della  legittimita' costituzionale dell'art. 23 della
 legge   n.    482/1968,    che    svolge    funzioni    sanzionatorie
 dell'inosservanza  del  precetto  di  cui  all'art. 11 della predetta
 legge.
    Detta ultima norma, per  costante  interpretazione  dottrinaria  e
 giurisprudenziale,    impone   all'imprenditore   di   assumere   una
 determinata percentuale di lavoratori invalidi per il solo  fatto  di
 averne  alle  proprie dipendenze gia' un certo numero (35) prefissato
 dalla legge.
    Il  Di  Lello,  in  ipotesi  accusatoria,  si   troverebbe   nella
 situazione  prefigurata  dalla  norma  incriminatrice, per avere alle
 proprie dipendenze piu' di 35 unita'  e  non  aver  assunto  invalidi
 nella  proporzione  fissata  dall'art. 11 della legge n. 482/1968; la
 questione e' quindi rilevante ai fini della decisione.
    Come gia' osservato, l'art. 11  della  legge  n.  482/1968  impone
 all'imprenditore   di   assumere   una   determinata  percentuale  di
 lavoratori  invalidi  per  il  solo  fatto  di  averne  alle  proprie
 dipendenze gia' un certo numero (35) prefissato dalla legge, e quindi
 in    maniera    assolutamente    imdipendente    dalla    intenzione
 dell'imprenditore di procedere ad ulteriori assunzioni; ai fini della
 norma,   e'   addirittura   irrilevante   che   le    assunzioni    -
 indipendentemente  dal  parere  dell'imprenditore - rispondano o meno
 alle esigenze dell'impresa.
    La normativa esaminata appare pertanto in contrasto con  l'art.  3
 della  Costituzione,  atteso  che  per  l'imprenditoria  pubblica  e'
 previsto l'obbligo di procedere ad assunzioni obbligatorie  solo  nel
 caso  in  cui  occorra  coprire delle vacanze apertesi nell'organico,
 mentre per l'imprenditore privato l'obbligo discende dal  mero  fatto
 di  avere  un  certo  numero  di  dipendenti; cosi' realizzandosi una
 ingiustificata disparita' di trattamento tra imprenditore  privato  e
 imprenditore pubblico.
    Per l'impresa, che opera sul mercato, in regime di concorrenza con
 altre  imprese,  anche  estere  -  e quindi non tenute all'osservanza
 della norma in parola - il volume dei costi -  incidendo  sul  prezzo
 del prodotto offerto sul mercato - costituisce un elemento essenziale
 ai  fini  della  sua  concorrenzialita',  e  quindi  della sua stessa
 sopravvivenza;  tra  i   costi   rientra   sicuramente   quello   per
 retribuzione  del  lavoro  dipendente;  sicuramente,  si realizza una
 limitazione della liberta' di  impresa  e  delle  regole  di  mercato
 (entrambe esplicitamente o implicitamente tutelate dall'art. 41 della
 Costituzione) laddove si addossino all'impresa costi non necessari ad
 evitare  che  la  sua attivita' si svolga in contrasto con l'utilita'
 sociale; il che non e' pero' il caso in esame, atteso che la legge n.
 482/1968 non opera per evitare che l'attivita' di impresa si  risolva
 in  esiti antisociali, ma impone alla stessa la realizzazione di fini
 a lei  estranei  e  potenzialmente  incompatibili  con  quelli  della
 sopravvivenza  dell'impresa  (incidendo  sui  costi,  che,  come gia'
 osservato, sono uno degli elementi decisivi nella realizzazione della
 concorrenzialita' dell'impresa), e quindi in potenziale lesione della
 liberta' di impresa pur costituzionalmente tutelata.
    L'art.  11,  poi,  impone  non  solo  l'assunzione  di  lavoratori
 indipendentemente  dalle  esigenze  dell'impresa,  ma  individua  gli
 stessi in "categorie protette" che non assicurano pero' la  capacita'
 di   eseguire  una  prestazione  lavorativa  adeguata  al  salario  e
 corrispondente a quella di  un  lavoratore  valido;  anche  per  tale
 profilo,   la   norma   si  appalesa  in  contrasto  con  i  principi
 costituzionali, incidendo gravemente sulla liberta'  di  impresa,  ed
 imponendo   un   trattamento   eguale  (eguaglianza  di  salario)  di
 situazioni difformi (diseguaglianza di capacita' lavorativa).
    Certamente l'art. 38, comma terzo,  della  Costituzione  riconosce
 agli  invalidi  il  diritto all'avviamento professionale; e' tuttavia
 evidente,   disponendolo   il   successivo    comma    quarto,    che
 all'assolvimento  dei  compiti  di cui all'art. 38 della Costituzione
 debba provvedere lo Stato, e quindi l'intera collettivita' nazionale,
 e non gia' il singolo od una categoria particolare (in  questo  caso,
 quella  degli  imprenditori che abbiano un certo numero di lavoratori
 alle proprie dipendenze); anche  sotto  tale  profilo,  pertanto,  la
 normativa   in   esame   si   appalesa   in   contrasto  col  dettato
 costituzionale, almeno nella parte  in  cui  non  prevede,  a  fianco
 dell'obbligo  di  assunzione  obbligatoria  (che  di per se' realizza
 sicuramente il diritto all'avviamento professionale), che i  relativi
 oneri  (individuabili nelle diseconomie indotte dall'assunzione di un
 lavoratore invalido, non necessario o  non  capace  di  eseguire  una
 prestrazione   corrispondente   alla   remunerazione   spettante  per
 contratto  di  categoria)  siano  a  carico   dello   Stato   e   non
 dell'imprenditore.