IL PRETORE
     Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale
 contro Landuzi Anna Paola, nata a Venezia il 16 novembre 1948, res.te
 Ravenna,via  Mazzini  n. 62, e Fabbri Giuseppe nato a Comacchio il 24
 ottobre 1950, res.te Lido degli Estensi, via Piacenza n. 19, imputati
 del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge n.  319/1976
 per  avere  la  prima  proprietaria  ed  il secondo quale gestore del
 distributore ARAL di Portogaribaldi, effettuato in pubblica fognatura
 uno scarico con parametri superiori ai limiti di legge quanto a farro
 e tensioattivi. In Portogaribaldi l'8 settembre 1992.
                                OSSERVA
    Il pretore ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale
 in  ordine  alla  ipotesi  di  rilevanza e non manifesta infondatezza
 della questione di legittimita'  del  d.-l.  17  marzo  1995  n.  79,
 nell'intero  suo  testo,  per  violazione  degli  artt. 25 e 77 della
 Costituzione, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    A tale proposito, si rileva quanto segue:
     Nella fattispecie concreta e' applicabile il d.-l. 17 marzo  1995
 n.  79,  "Modifiche  degli scarichi delle pubbliche fognature e degli
 insediamenti  civili  che  non  recapitano  in  pubbliche  fognature"
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 65 del 18 marzo 1995. Esso
 reitera, nella sostanza,  precedenti  decreti-legge  non  convertiti,
 l'ultimo dei quali e' il d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9.
    L'art.  25  cpv.  della  Costituzione  fissa,  tra  gli  altri, il
 principio della riserva di legge in materia penale.
    E' implicito in tale principio il fatto che  tutte  le  scelte  di
 politica  criminale siano monopolio esclusivo del Parlamento, cio' in
 quanto la rappresentativita' del medesimo si  impone  quale  garanzia
 contro la commissione di arbitrii. Il potere legislativo e', infatti,
 un  centro  dialettico  della  maggioranza  e  delle  minoranze  e le
 decisioni prese si fondano sul dibattito parlamentare dopo vari vagli
 critici.
    L'ammissibilita'  che  nuove  norme  di   diritto   penale   siano
 introdotte  attraverso decreti legislativi o decreti-legge e connessa
 alla circoscrizione che, in  entrambi  i  casi,  si  realizzi  e  sia
 assicurato l'intervento del Parlamento in posizione sovraordinata.
    Rispetto   ai   decreti   legislativi,   il  Parlamento  conserva,
 attraverso la delegazione, la prerogativa della  iniziativa  e  delle
 fondamentali    scelte   politiche,   con   controllo   della   Corte
 costituzionale anche sulla conformita'  di  tali  atti  normativi  ai
 criteri   della   delegazione.   I   decreti   legge   sono,  invece,
 provvedimenti provvisori, destinati, entro  il  termine  di  sessanta
 giorni  previsto  dall'art.  77, ultimo comma, della Costituzione, ad
 essere convertiti in legge o a perdere efficacia ex tunc.
    In   materia   penale   cio'   significa  che  ai  reati  commessi
 anteriormente alla data di entrata in vigore di un decreto-legge  non
 convertito,   si  applica  la  normativa  precedente,  in  quanto  un
 decreto-legge non convertito e' privo di effetto fin dall'inizio.  La
 Corte  costituzionale,  con  sentenza  19  febbraio  1985  n. 51, ha,
 infatti, dichiarato l'illegittimita' costituzionale, del quinto comma
 dell'art. 2 del c.p., nella parte in  cui  rendeva  applicabili  alle
 ipotesi  da  esso previste (e cioe' al caso di mancata conversione di
 un  decreto-legge  recante  norme  piu'  favorvoli)  le  disposizioni
 contenute  nel secondo e terzo comma di tale articolo. Tale questione
 rileva poiche'  il  decreto-legge  in  oggetto  potrebbe  non  essere
 convertito.
    Pertanto,  alla  luce di quanto sopra, il ricorso al decreto-legge
 in materia penale oltre che  talora  inopportuno  in  relazione  alla
 complessita'  e  alla  delicatezza delle questioni trattate, presenta
 dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della
 riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari
 estremi della necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre,  essendo  in
 una  posizione  precaria,  puo'  far  venir  meno  le  garanzie della
 certezza del diritto.
    Si  osserva  che,  nella   materia   in   questione,   invece,   i
 decreti-legge,  con contenuto parzialmente diverso, si sono reiterati
 a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto
 con specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la  carenza
 dei  requisiti  della  "necessita'  ed  urgenza". Ora, se puo' essere
 opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo
 dei decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono  venuti
 meno  ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale da
 consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria.
    Inoltre, con la continua  ed  ininterrotta  reiterazione  di  vari
 decreti-legge   mai   convertiti  si  e'  realizzata,  di  fatto,  la
 sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza  a  disporre
 in   materia   penale,   con   l'inammissibile  assunzione  da  parte
 dell'esecutivo del relativo potere di bilanciamento e di  valutazione
 degli  interessi  che,  in materia penale, e' di esclusiva competenza
 dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare.
    Ancora, la prassi della reiterazione dei decreti-legge in  materia
 penale,  ha,  come  nella  specie,  la  conseguenza  di  sottrarre al
 Parlamento la possibilta' prevista dall'art. 77, ultimo comma,  della
 Costituzione  "di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
 base dei decreti non convertiti".
    E' evidente che, se  la  reiterazione  dei  decreti  nella  stessa
 materia  si  protrae  per  un  anno,  si potranno determinare effetti
 defintivi quale il giudicato, non modificabili in  sede  giudiziaria,
 con  la  conseguente gravissima compressione dei diritti dei singoli,
 resa  ancora  piu'  incisiva  dalla  disparita'  di  trattamento  che
 potrebbe  verificarsi  ove due fattispecie identiche, ma commesse e/o
 giudicate sotto la  vigenza  di  un  diverso  decreto-legge,  vengano
 diversamente giudicate.
    Dalle  considerazioni  esposte  si desume che il presente giudizio
 non puo' essere definito, allo stesso e vigenti i principi del  d.-l.
 n.  79/1995  in  esame,  in modo indipendente dalla risoluzione della
 questione di legittimita' costituzionale.