ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  5,
 della  legge  della Regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13 (Disciplina
 degli scarichi delle pubbliche  fognature  e  degli  scarichi  civili
 (art.  14,  legge  10 maggio 1976, n. 319)), promossi con le seguenti
 ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 19 settembre  1994  dal  Giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso  la  Pretura  di  Asti nel procedimento
 penale a carico di Cunotto Luigina Natalina, iscritta al n.  672  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1994;
      2) ordinanza emessa il 20 dicembre 1994 dal Pretore di Asti  nel
 procedimento  penale  a  carico di Borello Armando, iscritta al n. 57
 del registro ordinanze 1995 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto di intervento della Regione Piemonte;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 17 maggio 1995 il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un  procedimento  penale  a  carico  di  Cunotto
 Luigina  Natalina  - imputata del reato di cui all'art. 27 del d.P.R.
 10 settembre 1982, n.  915,  in  relazione  all'art.  1  della  legge
 regionale  del  Piemonte  26 marzo 1990, n. 13, perche' non osservava
 tutte le prescrizioni impartite  nell'atto  di  autorizzazione  della
 Provincia  di  Asti  dell'11  agosto  1992 in tema di spandimento dei
 liquami su terreno ad uso agricolo -,  il  Giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  Pretura  di  Asti  ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 1, comma 5, della
 citata  legge  regionale,   per   violazione   dell'art.   25   della
 Costituzione.
    Il giudice a quo osserva che la disposizione impugnata, includendo
 nel  campo  di applicazione del d.P.R. n. 915 del 1982 una condotta -
 lo  spandimento  su  terreno  adibito  ad  usi  agricoli  dei  reflui
 provenienti da insediamenti civili o produttivi, nella specie liquami
 derivanti   da  macellazione  -  la  quale  ha  la  propria  compiuta
 disciplina, anche penale, nella legge n. 319 del 1976, comporta  come
 conseguenza  la  qualificazione dello spandimento di liquami su suolo
 agricolo come forma di smaltimento  di  rifiuti.  Il  che,  peraltro,
 sulla   base  di  una  ricostruzione  sistematica  del  rapporto  tra
 disciplina degli scarichi e disciplina dello smaltimento dei  rifiuti
 e sulla base altresi' dell'orientamento giurisprudenziale prevalente,
 deve ritenersi contrario a Costituzione.
    Ad  avviso  del  giudice a quo, infatti, il contrasto tra la norma
 regionale impugnata e l'art. 25 della Costituzione, appare  evidente,
 in   quanto,   come   anche   ripetutamente   affermato  dalla  Corte
 costituzionale,  la  legge  regionale  non  puo'  interferire   sulla
 competenza in materia penale, riservata esclusivamente allo Stato.
   Quanto  alla  rilevanza,  il  giudice  a quo osserva che, a seguito
 dell'accoglimento  della  sollevata  questione,  non   sarebbe   piu'
 configurabile   l'imputazione  contestata  e  il  pubblico  ministero
 dovrebbe valutare la possibilita' di contestare alla stessa il  reato
 di cui all'art. 21, comma primo, della legge n. 319 del 1976.
    2.  -  E'  intervenuta  in giudizio la Regione Piemonte, la quale,
 riservandosi di svolgere in una successiva memoria le proprie difese,
 chiede che la questione venga dichiarata manifestamente infondata.
    3. - Nel corso di un  procedimento  penale  a  carico  di  Borello
 Armando  -  imputato tanto del reato di cui all'art. 21, comma primo,
 della legge n. 319 del 1976, perche' effettuava sul suolo scarichi di
 liquami (feci, urine e acque di lavaggio) dell'allevamento  di  suini
 costituente   insediamento   produttivo,   senza  aver  richiesto  la
 prescritta autorizzazione, quanto del reato di cui  all'art.  25  del
 d.P.R.  10  settembre 1982, n. 915, in relazione all'art. 1, punto 5,
 della legge della Regione Piemonte 26 marzo 1990,  n.  13,  per  aver
 effettuato  smaltimento  su  terreno  sotto  forma di trattamento dei
 liquami provenienti dal proprio allevamento suinicolo - il Pretore di
 Asti  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
 riferimento  agli  artt.  25  e 117 della Costituzione, nei confronti
 dell'art. 1, comma 5, della citata legge della Regione Piemonte n. 13
 del 1990.
    Il giudice a quo osserva, quanto alla rilevanza  della  questione,
 che  la  disposizione impugnata si pone in contrasto macroscopico con
 il quadro normativo risultante dalla legge n.  319  del  1976  e  dal
 d.P.R.  n. 915 del 1982, laddove include nel campo di applicazione di
 quest'ultimo le operazioni di  spandimento  su  terreni  agricoli  di
 liquami   provenienti   da  insediamenti  civili  o  produttivi,  con
 conseguente   duplicazione   di   incriminazioni    prodotta    dalla
 disposizione   impugnata.  Tale  duplicazione,  secondo  il  giudice,
 potrebbe avvenire solo attraverso una dichiarazione di illegittimita'
 costituzionale, e  non  anche  attraverso  la  disapplicazione  della
 disposizione stessa da parte del giudice.
    In  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza,  il  giudice a quo
 osserva che, poiche' la disposizione impugnata stabilisce l'equazione
 "spandimento dei  reflui  provenienti  dagli  insediamenti  civili  o
 produttivi"  -  "attivita'  di  smaltimento dei rifiuti sub specie di
 trattamento  degli  stessi",  il  legislatore  regionale  non  si  e'
 limitato  a specificare una previsione gia' contenuta nella normativa
 statale, ma ha attuato un vero e proprio ampliamento  dell'ambito  di
 operativita'   della   disciplina   sullo  smaltimento  dei  rifiuti,
 concretando la violazione del principio di riserva allo  Stato  della
 competenza  in  campo  penale, derivante dal combinato disposto degli
 artt. 25 e 117 della Costituzione. E cio' sia perche' il concetto  di
 spandimento  non  puo'  essere assimilato a quello di trattamento dei
 rifiuti, sia perche' l'attivita' di spandimento dei reflui di origine
 animale sul suolo ai fini agricoli non realizza alcuna delle fasi  di
 smaltimento  dei  rifiuti,  per  le  quali  il d.P.R. n. 915 del 1982
 richiede l'autorizzazione. La disposizione  impugnata,  infatti,  non
 distinguendo se si tratti di reflui prodotti da insediamenti propri o
 di  terzi  e  non  richiedendo che venga necessariamente installato o
 gestito un impianto di innocuizzazione o una discarica, ha  l'effetto
 di   ampliare   la  previsione  normativa  statale,  con  l'ulteriore
 conseguenza di assoggettare all'obbligo  dell'autorizzazione  e  alla
 possibile  comminatoria  di sanzioni penali attivita' che, in difetto
 della stessa, ne sarebbero escluse.
    4. - E' intervenuta anche in questo giudizio la Regione  Piemonte,
 chiedendo  che  la questione sia dichiarata manifestamente infondata,
 cosi' come e'  gia'  stata  dichiarata  manifestamente  infondata  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 3, della
 medesima  legge  regionale,  sul  presupposto  che  lo spandimento di
 liquami animali per  uso  agricolo  o  di  deiezioni  provenienti  da
 allevamenti  di  suini  su  terreni a fini agricoli non rientra nella
 previsione dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, la  quale
 disciplina  l'apertura  e  l'effettuazione  di  scarichi  nelle acque
 superficiali o sotterranee,  interne  o  marine,  sia  pubbliche  che
 private, sul suolo o sottosuolo.
                        Considerato in diritto
    Con  le  due  ordinanze  indicate  in  epigrafe  il Giudice per le
 indagini preliminari presso la Pretura di Asti e il Pretore  di  Asti
 hanno   sollevato   questione   di  legittimita'  costituzionale,  in
 riferimento agli artt. 25 e 117  della  Costituzione,  nei  confronti
 dell'art.  1,  comma  5,  della legge della Regione Piemonte 26 marzo
 1990, n. 13 (Disciplina degli scarichi delle  pubbliche  fognature  e
 degli  scarichi  civili  (art.  14,  legge  10 maggio 1976, n. 319)).
 Secondo  i  giudici  rimettenti,  la  disposizione   impugnata,   nel
 prevedere che l'operazione di smaltimento ai fini agricoli dei reflui
 provenienti  da  insediamenti  civili  e produttivi, considerata come
 fase  di  trattamento  dei  reflui  stessi,  rientra  nell'ambito  di
 applicazione   del   d.P.R.   10   settembre  1982,  n.  915,  appare
 contrastante con gli artt. 25 e 117 della Costituzione, per il  fatto
 che  estende  l'ambito  di operativita' del d.P.R. n. 915 del 1982 ad
 attivita' rientranti nella disciplina degli scarichi stabilita  dalla
 legge  10  maggio 1976, n. 319 e, cosi' facendo, rende assoggettabili
 tali attivita' alle  sanzioni  penali  previste  dal  citato  decreto
 presidenziale,   in   violazione   dei  principi  costituzionali  che
 riservano esclusivamente allo Stato la competenza ad  adottare  norme
 incriminatrici.
    Poiche'  le ordinanze hanno ad oggetto la medesima disposizione, i
 giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
    La questione e' fondata.
    La disposizione contestata contiene una norma diretta  a  definire
 l'ambito  di  operativita'  del  d.P.R.  10  settembre  1982, n. 915,
 stabilendo  che  lo  spandimento   dei   reflui   provenienti   dagli
 insediamenti  civili o produttivi debba rientrare fra le attivita' di
 smaltimento dei rifiuti sotto specie di trattamento degli stessi. Nel
 far cio', come osservano i giudici a quibus, il legislatore regionale
 non si e' limitato a specificare il contenuto di un precetto di legge
 statale,  assistito  da  una  particolare  sanzione  penale,  ma   ha
 modificato  le  classificazioni  di  attivita'  stabilite dalle leggi
 statali alterando, conseguentemente, il sistema sanzionatorio  penale
 previsto da tali leggi.
    Stando a queste ultime, infatti, lo spandimento sul suolo agricolo
 di  liquami,  non  tossici  o  nocivi,  provenienti  da  insediamenti
 produttivi o civili  e,  in  particolare,  di  liquami  derivanti  da
 laboratori  di  macellazione o da allevamenti di bestiame rientra tra
 le fattispecie normative disciplinate dagli artt. 1 e 4  della  legge
 n.  319  del 1976, ed e' pertanto assoggettabile, ove sia compiuto in
 violazione dei precetti ivi stabiliti, alle sanzioni,  anche  penali,
 previste dall'art. 21 della predetta legge.
    La  disposizione  di  legge  regionale  oggetto  di  impugnazione,
 invece, nell'attrarre la disciplina  dello  spandimento  dei  liquami
 sopra   indicati  a  quella  dello  smaltimento  dei  rifiuti  e,  in
 particolare, alle norme stabilite per la fase del  trattamento  degli
 stessi  dal  d.P.R. n. 915 del 1982, si pone in diretto contrasto con
 l'art.  2,  comma  settimo,  lettera   d),   dello   stesso   decreto
 presidenziale,  il  quale  espressamente  esclude l'applicabilita' di
 quest'ultimo agli scarichi disciplinati dalla legge n. 319  del  1976
 (e  successive modificazioni), finendo per sovrapporre alle sanzioni,
 anche penali, previste dalla legge appena citata il  diverso  sistema
 sanzionatorio,  incluse le norme incriminatrici, fissato nel titolo V
 del d.P.R. n. 915 del 1982.
    Poiche', dunque, al legislatore regionale non spetta il potere  di
 comminare  o  rimuovere  sanzioni  penali  ovvero variare con proprie
 norme le pene previste dalle leggi statali  in  una  data  materia  e
 poiche'   allo   stesso  legislatore  e',  conseguentemente,  inibito
 interferire con proprie disposizioni  con  il  sistema  sanzionatorio
 penale   stabilito  dal  legislatore  statale  esentando  determinate
 condotte  dalla  sottoposizione  a  norme  penali  o,  in   generale,
 modificando,  in meglio o in peggio, l'assoggettamento di determinati
 comportamenti alle pene  fissate  dalle  leggi  dello  Stato  (v.  ad
 esempio  sentenze  nn. 213 e 117 del 1991, 309 e 43 del 1990, 370 del
 1989),  non  resta  che  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  1,  comma  5, della legge della Regione Piemonte n. 13 del
 1990 per violazione degli artt. 25 e 117 della Costituzione.