ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 10 del regio
 decreto-legge 29 luglio 1927,  n.  1509,  convertito  nella  legge  5
 luglio  1928,  n.  1760  (Provvedimenti per l'ordinamento del credito
 agrario nel regno), promosso con ordinanza emessa il 13 dicembre 1994
 dal Pretore di Lecce, sezione  distaccata  di  Campi  Salentina,  nel
 procedimento penale a carico di Guarino Antonio ed altro, iscritta al
 n.  133  del  registro  ordinanze  1995  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 11,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 17 maggio 1995 il Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
    Ritenuto che nel  corso  del  procedimento  a  carico  di  Guarino
 Antonio e Guarino Giuseppe, imputati, alla data del 13 dicembre 1991,
 del  reato  di  cui  agli  articoli  110  e 388 del codice penale, in
 relazione all'art. 10 del regio decreto-legge 29 luglio 1927, n. 1509
 (Provvedimenti per l'ordinamento  del  credito  agrario  nel  regno),
 convertito  nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, per avere distrutto i
 macchinari sottoposti al privilegio speciale in favore del  Banco  di
 Napoli  (che aveva loro concesso un credito agrario per l'acquisto di
 materiale utile all'agricoltura), il difensore di uno degli  imputati
 ha   eccepito,   in   relazione   all'art.   3   della  Costituzione,
 l'incostituzionalita'del predetto art. 10 in riferimento all'art.  1,
 comma   1,   lettera  a),  della  legge  28  dicembre  1993,  n.  561
 (Trasformazione di reati minori in illeciti amministrativi);
      che, ad avviso del difensore, la legge n. 561 del  1993  avrebbe
 determinato  una ingiustificata disparita' di trattamento, stabilendo
 la depenalizzazione del  reato  previsto  in  materia  di  privilegio
 automobilistico  (art.  10  del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n.
 436, convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510) e non,  invece,
 nella materia de qua (sui privilegi collegati ai crediti agrari);
      che  il Pretore di Lecce, sezione distaccata di Campi Salentina,
 ha convenuto sulla  rilevanza  e  sulla  non  manifesta  infondatezza
 dell'eccepita   questione  di  costituzionalita'  della  disposizione
 incriminatrice;
      che il  reato,  ora  depenalizzato,  posto  a  protezione  dello
 speciale  privilegio automobilistico e quello a presidio dell'analogo
 principio agrario, sarebbero entrambi ispirati da una comune  ragione
 volta a garantire due speciali forme di credito;
      che  la  mancata  depenalizzazione  del  reato  per  il quale si
 procede sarebbe da ascrivere a una mera  dimenticanza  ovvero  a  una
 scelta  abnorme  e  irrazionale  del  legislatore, tale da violare il
 precetto costituzionale contenuto nell'art. 3 della Costituzione;
      che e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per  l'inammissibilita'  o,  in  subordine,  per  la  non
 fondatezza;
      che,  ad  avviso  dell'Avvocatura, la questione proposta sarebbe
 irrilevante, atteso che il decreto legislativo 1 settembre  1993,  n.
 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), a far
 data   dal  1  gennaio  1994,  avrebbe  previsto,  all'articolo  161,
 l'abrogazione espressa dell'intero regio decreto-legge  n.  1509  del
 1927 (convertito nella legge n. 1760 del 1928);
      che, di conseguenza, sarebbe venuto meno anche l'art. 10 oggetto
 della  questione  di costituzionalita' (mentre la tutela privilegiata
 del  credito  agrario  sarebbe  ora  consegnata  alla  sola   materia
 civilistica, contenuta negli artt. 44-46 del citato testo unico);
    Considerato che l'art. 10 del regio decreto-legge n. 1509 del 1927
 e' stato espressamente abrogato dall'art. 161 del decreto legislativo
 n.  385  del  1993,  si'  che  non  e' piu' in essere la disposizione
 denunciata;
      che, pertanto, difettando uno dei due  termini  oggettivi  della
 questione (la disposizione denunciata), questa deve essere dichiarata
 manifestamente inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.