LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 19/1994/ord. sul ricorso in materia di pensione di guerra iscritto al n. 7424/G del registro di segreteria, avverso il provvedimento n. 2372851, emesso dal Ministero del tesoro in data 26 aprile 1969, proposto dalla sig.ra Scarpinati Carmela, vedova di Messina Francesco, elettivamente domiciliata in Roma, viale Corso n. 63, presso lo studio dell'avv. Alessandro Pintus (suo procuratore generale); Uditi all'udienza del 5 marzo 1993 il relatore, referendario dott. Vincenzo Lo Presti, l'avv. Giambelluca Nicolo' per la ricorrente ed il pubblico ministero nella persona del vice procuratore generale dott. Guido Carlino; Esaminati gli atti ed i documenti di causa. F A T T O La signora Scarpinati Carmela, vedova del sig. Messina Francesco, aveva chiesto la riversibilita' della pensione di guerra, di cui era in godimento il marito per l'infermita' "T.B.C. polmonare", deceduto il 5 settembre 1965, per infermita' diversa dalla predetta. Con il decreto impugnato, considerato che, nella fattispecie in questione, il matrimonio tra i predetti coniugi era durato meno di un anno (dal 24 aprile 1965 al 5 settembre 1965) e non risultava prole anche se postuma, il Ministero del tesoro ha respinto l'istanza della ricorrente in applicazione degli artt. 44 e 59 della legge n. 313/1968. Con ordinanza n. 179/1991, per il caso di specie, questa Corte sollevava questione di legittimita' costituzionale con riferimento agli artt. 44 e 59 della legge n. 313/1968, nella parte in cui subordinano il diritto alla riversibilita' della pensione, in favore della vedova, alla condizione che il matrimonio sia durato da almeno un anno, e, pertanto, sospendeva il giudizio. La sottoposizione della predetta questione, all'esame della Corte costituzionale, si e' resa necessaria in quanto quest'ultima con sentenza n. 123 del 1990 aveva dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 81 del d.P.R. 1092/1973 nella parte in cui subordinava la concessione del trattamento pensionistico delle vedove dei dipendenti civili e militari alla durata del matrimonio. Pertanto, questa Corte ha ritenuto che, nella specie, fosse ipotizzabile una ingiustificata disparita' di trattamento tra vedove di dipendenti civili e militari, nei confronti delle quali tale condizione e' stata eliminata nella predetta sentenza, e vedove di pensionati di guerra, rispetto alle quali detta condizione era ancora sussistente, con violazione quindi dell'art. 3 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza n. 274 del 1992, ha dichiarato la inammissibilita' della questione, nei termini in cui e' stata sollevata, ritenendo che l'ordinanza di rimessione non fosse adeguatamente motivata sotto il profilo della rilevanza non risultando della stessa se il caso concerna una pretesa di pensione di riversibilita' ex art. 44, terzo comma (norma peraltro di cui era gia' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale con sentenza n. 450 del 1991), ovvero ex art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, nonche' ex art. 40, terzo comma (norma anch'essa investita d'illegittimita' costituzionale), e 51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915. Il procuratore generale, in data 24 settembre 1992, ha presentato conclusioni scritte nelle quali, ritenendo che il caso di specie rientri nell'ipotesi disciplinata dall'art. 59, primo comma, della legge n. 313/1968 (art. 51 della legge 915/75), in quanto il coniuge della ricorrente e' deceduto per "emorragia cerebrale", infermita' diversa da quella (T.B.C. polmonare) riconosciuta dipendente da c.s.g. ed indennizzata con iscrizione della IV cat. oltre gli assegni di cura, ha chiesto che venga nuovamente sollevata la questione di legittimita' costituzionale con riferimento alla suddetta norma, anche in relazione alle motivazioni contenute nella sentenza n. 450/1991 della Corte Costituzionale. In via subordinata ha chiesto la reiezione del ricorso. In sede dibattimentale il p.m. ha confermato le conclusioni scritte, l'avv. Giambelluca, per la difesa, si e' associato alle conclusioni del P.M. in ordine alla richiesta diretta a sollevare l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 49, primo comma, della legge n. 319/1968. D I R I T T O La disposizione di legge che regola la fattispecie in questione, come giustamente rilevato dal p.m. nelle sue conclusioni scritte, e' l'art. 59 della legge n. 313/1968, norma poi riprodotta nell'art. 51 della legge n. 915/1978. Detta norma disciplina le ipotesi in cui il titolare della pensione di guerra deceda per un'infermita' diversa da quella per la quale ha goduto del trattamento pensionistico e subordina il diritto del coniuge superstite alla pensione di riversibilita' alla condizione che il matrimonio, dal quale non sia nata prole anche se postuma, sia durato almeno un anno. La normativa, in questione fa parte di un genus di disposizioni giuridiche, colpite tutte da dichiarazioni di incostituzionalita', perche' subordinavano il diritto alla pensione di riversibilita' della vedova alla condizione che il matrimonio avesse avuto una durata minima stabilita dalla legge. Anzitutto, infatti, l'art. 81, secondo comma del t.u. n. 1092/1973, il quale subordinava il diritto della vedova alla riversibilita' della pensione alla condizione che il matrimonio avesse avuto una durata non inferiore a due anni e' stato dichiarato incostituzionale, perche' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, con la gia' citata sentenza n. 123 emessa dalla Corte costituzionale il 16 marzo 1990. In tale pronuncia la Corte, avvalendosi dell'art. 27 della legge n. 87/1953, ha esteso la declaratoria di illegittimita' costituzionale all'art. 6, comma secondo, della legge n. 1646/1962 sugli istituti di previdenza contenente una analoga disposizione. La Corte costituzionale, con la predetta sentenza, non ha peraltro ritenuto di avvalersi dell'art. 27 della legge n. 83/1953 per estendere la declaratoria di illegittimita' costituzionale anche a quelle norme che, in materia di pensioni di guerra, subordinano il diritto della vedova alla pensione di riversibilita' alla condizione che il matrimonio sia durato almeno un anno (art. 40 e 51 del d.P.R. n. 915/1978, gia' art. 44 e 59 della legge n. 313/1968). Di queste ultime norme si era occupata la Corte costituzionale con la sentenza n. 2 del 1980, ritenendo legittimo il requisito di durata minima del matrimonio, ivi previsto, sul presupposto che dette norme contenessero una disciplina di favore per le pensioni di guerra (per le quali, il diritto della vedova alla riversibilita' della pensione era subordinata alla condizione che il matrimonio fosse durato almeno un anno) rispetto alle pensioni ordinarie (nelle quali tale durata minima era stabilita in due anni). Tali argomentazioni, alla luce della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 123 del 1990, sembravano venute meno, in quanto il "favor" per le pensioni di guerra, evidenziato dalla Corte Costituzionale con la predetta decisione n. 2 del 1980, rispetto alle pensioni ordinarie (sulla base del quale era stata ritenuta la legittimita' delle norme in questione) non poteva piu' ritenersi sussistente. Era, quindi auspicabile che venisse dichiarata la illegittimita' costituzionale delle norme in questione nella parte in cui prevedevano un requisito minimo di durata del matrimonio. Con riferimento a tale esigenza la Corte costituzionale, con la sentenza n. 450 del 4/13 dicembre 1991, ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 44, ultimo comma, della legge n. 313/1968 e l'art. 40, terzo comma del d.P.R. n. 915/1978 per contrasto con gli art. 3, 29 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordinano il diritto della vedova alla riversibilita' della pensione quando il dante causa sia deceduto per la stessa infermita' pensionata, alla condizione che il matrimonio sia durato almeno 1 anno. Premesso, quanto sopra, alla luce di tale ultima sentenza della Corte costituzionale, appare evidente, come l'art. 59 della legge n. 313/1968, sostanzialmente riprodotto nell'art. 51 del d.P.R. n. 915/1978 sia attualmente l'unica norma, appartiene al genus sopra indicato, (che subordina, il diritto della vedova alla riversibilita' della pensione alla condizione che il matrimonio sia durato almeno un anno) attualmente in vigore, in quanto non espressamente dichiarata incostituzionale. Le predette considerazioni determinano la non manifesta infondatezza, di cui all'art. 23 della legge n. 87/1953, della questione di legittimita' costituzionale, sollevata dal p.m., con riferimento all'art. 59 della legge n. 313/1968, riprodotto nell'art. 51 del d.P.R. n. 915/1978, per contrasto con gli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione. Sotto il profilo della rilevanza la questione di legittimita' costituzionale, sollevata dal p.m. e' parimenti fondata. Infatti, il giudizio in questione, non puo' essere definito indipendentemente della risoluzione della questione di legittimita' costituzionale suindicata; questo perche' la predetta norma tuttora vigente, e' applicabile alla fattispecie in questione, in quanto il matrimonio, celebrato successivamente alla insorgenza delle infermita' invalidanti, ha avuto una durata inferiore a un anno. Pertanto, l'accoglimento od il rigetto del ricorso dipendono necessariamente dalla risoluzione della predetta questione di legittimita' costituzionale.