ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5, del
 decreto-legge  18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia
 sanitaria e socio-assistenziale), convertito  nella  legge  18  marzo
 1993, n. 67, e del combinato disposto del citato art. 1, comma 5, del
 decreto-legge  18 gennaio 1993, n. 9, convertito nella legge 18 marzo
 1993, n. 67, e degli artt. 615, secondo comma, e 624  del  codice  di
 procedura civile, promosso con l'ordinanza emessa il 29 novembre 1994
 dal  Pretore di Cosenza nel procedimento di esecuzione promosso dalla
 s.p.a. DASIT contro la USL n. 2 di Castrovillari ed  altra,  iscritta
 al  n.  14  del  registro  ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n.  5,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  31  maggio  1995  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  del  procedimento  di esecuzione promosso dalla
 s.p.a. DASIT contro la USL n.  2  di  Castrovillari,  il  Pretore  di
 Cosenza,  con  ordinanza del 29 novembre 1994, ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale: a) in riferimento agli artt. 3, primo
 comma, e 24, secondo comma, Cost., dell'art. 1, comma 5, del d.l.  18
 gennaio  1993, n. 9, convertito in legge 18 marzo 1993, n. 67; b) del
 combinato disposto del citato art. 1, comma 5,  e  degli  artt.  615,
 secondo  comma,  e  624  cod. proc. civ., in riferimento all'art. 97,
 primo comma, Cost.
    2. - L'art. 1, comma 5,  del  citato  decreto-legge  dispone:  "Le
 somme  dovute  a qualsiasi titolo alle unita' sanitarie locali e agli
 istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico  non  sono
 sottoposte   ad   esecuzione   forzata   nei   limiti  degli  importi
 corrispondenti agli stipendi e alle competenze comunque spettanti  al
 personale  dipendente o convenzionato, nonche' nella misura dei fondi
 a destinazione  vincolata  essenziali  ai  fini  dell'erogazione  dei
 servizi  sanitari definiti con decreto del Ministro della sanita', di
 concerto con il Ministro del tesoro, da emanare entro due mesi  dalla
 data  di  entrata  in  vigore della legge di conversione del presente
 decreto". La disposizione e' interpretata dal giudice rimettente  nel
 senso  che  -  in deroga ai principi generali in tema di pignoramento
 delle somme di pertinenza di enti pubblici - e' attribuita  rilevanza
 esterna, con conseguente opponibilita' ai terzi creditori pignoranti,
 alle  deliberazioni delle unita' sanitarie locali che vincolano somme
 o  fondi  al   pagamento   delle   retribuzioni   del   personale   e
 all'erogazione dei servizi sanitari definiti dal decreto ministeriale
 ivi   previsto,   mentre,  secondo  i  detti  principi,  questi  atti
 amministrativi avrebbero efficacia esclusivamente interna.
    Cosi' interpretata, la norma e' ritenuta  lesiva  del  diritto  di
 difesa    dei    creditori   procedenti.   Di   fronte   all'eccepita
 impignorabilita',fondata  su  atti   amministrativi   aventi   natura
 meramente  previsionale  e  programmatica  e  come  tali di contenuto
 generico, essi non sono in grado di far  valere  le  proprie  ragioni
 mediante  la  verifica  dell'effettiva  destinazione  delle  somme in
 contestazione  all'erogazione  in  concreto  dei   servizi   sanitari
 essenziali.
    Sarebbe inoltre violato l'art. 3 Cost., sia sotto il profilo della
 ragionevolezza  sia sotto il profilo della disparita' di trattamento.
 Sotto il primo profilo il regime privilegiato riservato  alle  unita'
 sanitarie   locali   e'   destituito   di   qualsiasi  fondamento  di
 razionalita', soprattutto ove si consideri che -  come  accade  nella
 specie  - il creditore, che si vede opposta l'impignorabilita' per il
 vincolo di destinazione ad  un  servizio  sanitario,  potrebbe  avere
 maturato  il  credito  a  seguito  della fornitura di una prestazione
 necessaria all'espletamento dello stesso o di altro  servizio.  Sotto
 il  secondo  profilo,  e'  vulnerato  il principio di eguaglianza per
 l'ingiustificata disparita' di trattamento, in senso  deteriore,  dei
 creditori  delle  unita'  sanitarie  locali  rispetto alla disciplina
 prevista dall'art. 11 del d.l. 18 gennaio 1993, n. 8,  convertito  in
 legge 19 marzo 1993, n. 68, per i crediti verso gli enti locali.
    Infine, l'impugnato art. 1, comma 5, in combinato disposto con gli
 artt.  615,  secondo  comma,  e  624  cod. proc. civ., si porrebbe in
 contrasto con l'art. 97, primo comma, Cost.,  in  quanto  la  mancata
 previsione  di  esonero  del tesoriere dall'obbligo di accantonamento
 delle somme oggetto della procedura esecutiva comporta che  di  esse,
 nonostante  l'impignorabilita',  l'ente non possa disporre qualora il
 giudice sospenda l'esecuzione in attesa dell'esito  del  giudizio  di
 merito  sull'opposizione. Di conseguenza l'ente, per assolvere i suoi
 compiti istituzionali, dovrebbe ricorrere, come  spesso  avviene,  ad
 anticipazioni  di  cassa  presso  la banca tesoriere, con inevitabili
 ritardi e notevoli costi aggiuntivi e  quindi  in  contrasto  con  il
 principio del buon andamento della pubblica amministrazione.
    3. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il    Presidente    del   consiglio   dei   ministri,   rappresentato
 dall'Avvocatura  dello  Stato,  chiedendo  che   la   questione   sia
 dichiarata infondata.
    Dopo  avere  rilevato,  quanto  all'impignorabilita'  delle  somme
 destinate al pagamento degli stipendi,  che  la  norma  impugnata  e'
 conforme  ai  principi  sanciti  nell'art.  545  cod.  proc.  civ.  e
 nell'art. 1 del  d.P.R.  5  gennaio  1950,  n.  180,  l'interveniente
 osserva  che  analoghe  considerazioni valgono per l'impignorabilita'
 dei fondi vincolati all'erogazione dei servizi  sanitari,  in  quanto
 finalizzati  alla  tutela  della  salute  pubblica di cui all'art. 32
 Cost.
    La  finalita' pubblicistica della norma denunciata non consente di
 rilevare alcuna violazione del principio di  ragionevolezza,  ne'  di
 denunciare  apoditticamente pretese disparita' di trattamento ponendo
 a confronto posizioni giuridiche non omogenee.  Non  sussiste  alcuna
 compressione  del diritto alla tutela gurisdizionale perche' la norma
 non incide sulla potesta' di agire in giudizio  dei  creditori  delle
 unita'   sanitarie  locali,  ma  introduce  unicamente  una  limitata
 indisponibilita' di determinate  somme  all'esecuzione  forzata.  Non
 meno infondato appare all'Avvocatura il richiamo all'art. 97 Cost.
                        Considerato in diritto
    1.  - Il Pretore di Cosenza ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale:
       a) in riferimento agli artt. 3,  primo  comma,  e  24,  secondo
 comma,  Cost.,  dell'art.  1,  comma  5, del decreto-legge 18 gennaio
 1993, n. 9, convertito nella legge 18 marzo 1993, n. 67, nella  parte
 in  cui  attribuisce  efficacia  nei confronti dei terzi creditori ai
 bilanci e agli atti amministrativi  interni  delle  unita'  sanitarie
 locali,  che  vincolano somme o fondi al pagamento delle retribuzioni
 del personale e all'erogazione  dei  servizi  sanitari  definiti  dal
 decreto ministeriale ivi indicato;
       b)  del  combinato  disposto  degli artt. 615, secondo comma, e
 624, cod. proc. civ., e del citato art. 1, comma 5, del decreto-legge
 n. 9 del 1993, in riferimento all'art. 97, primo comma, Cost.
    2. - La questione sub a) e' fondata.
    Il giudice rimettente accede all'interpretazione  letterale  della
 disposizione denunciata, secondo cui l'art. 1, comma 5, del d.l. n. 9
 del  1993  non  si  limita  a  recepire  i  principi  elaborati dalla
 giurisprudenza in tema di  esecuzione  forzata  contro  le  pubbliche
 amministrazioni  (come  ritengono  alcuni  giudici di merito), bensi'
 innova nell'ordinamento introducendo un regime  privilegiato  per  le
 unita'  sanitarie  locali.  Ai  bilanci  e  agli  atti amministrativi
 interni di questi enti, che programmano l'allocazione  delle  risorse
 finanziarie  prevedendo  vincoli  di destinazione di somme o fondi al
 pagamento degli stipendi del personale e  all'erogazione  di  servizi
 sanitari  essenziali,  e'  conferita  efficacia esterna, di guisa che
 l'eccezione di impignorabilita'  e'  opponibile  ai  terzi  creditori
 procedenti  sulla  semplice base di previsioni presuntive delle somme
 di denaro occorrenti,  che  vengono  cosi'  sottratte  all'esecuzione
 forzata  senza bisogno di esibizione di ordini specifici di pagamento
 e di relativi mandati in data  anteriore  all'atto  introduttivo  del
 processo esecutivo.
    Questo  essendo  il  significato della disposizione, la censura di
 violazione del principio di eguaglianza e, con esso, del principio di
 ragionevolezza risulta fondata soprattutto in esito alla comparazione
 con la disciplina parallela dell'art. 11 del d.l. 18 gennaio 1993, n.
 8, convertito nella legge 19 marzo 1993, n. 68, in tema di esecuzione
 forzata a danno degli enti locali. Contrariamente a  quanto  sostiene
 l'Avvocatura  dello  Stato,  le  due  posizioni  giuridiche  messe  a
 confronto sono praticamente  analoghe,  tanto  piu'  che  alcuni  dei
 servizi  locali  indispensabili,  considerati dal d.l. n. 8 del 1993,
 incidono, al pari dei  servizi  sanitari,  nell'ambito  della  tutela
 della  salute, quali i servizi connessi alla distribuzione dell'acqua
 potabile, i servizi di fognatura  e  di  depurazione,  i  servizi  di
 nettezza urbana.
    Si    deve   pertanto   far   luogo   a   una   dichiarazione   di
 incostituzionalita'   che,   nei   limiti   del   petitum   formulato
 nell'ordinanza  di  rimessione, integri la norma impugnata in termini
 corrispondenti alla disciplina prevista dall'art. 11 del  d.l.  n.  8
 del  1993.  Resta assorbita la censura ulteriore riferita all'art. 24
 della Costituzione.
    3. - La questione sub b) non ha  alcuna  autonomia  rispetto  alla
 questione  sub  a),  nella quale rifluisce interamente aggiungendo un
 ulteriore parametro  per  il  giudizio  di  costituzionalita'.  Senza
 ragione  alcuna,  essa  coinvolge nell'oggetto del giudizio gli artt.
 615  e  624  cod.  proc.  civ.,  mentre  tali  norme  sono  prese  in
 considerazione  dal  giudice rimettente esclusivamente come referenti
 per ipotizzare, a carico dell'art. 1, comma 5,  del  d.l.  n.  9  del
 1993, anche una violazione dell'art. 97 Cost.
    Pure  il  richiamo  di  quest'ultimo parametro rimane assorbito in
 conseguenza   dell'accoglimento   dell'impugnativa   in   riferimento
 all'art. 3 della Costituzione.