ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 11, penultimo
 comma, della legge 29 novembre 1977, n. 875 (Miglioramenti  economici
 a  favore  dei  pensionati  di  guerra  e  delega  al  Governo per il
 riordinamento delle pensioni di guerra), dell'art. 74, primo  (recte:
 decimo) comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle
 norme  in  materia  di  pensioni  di guerra), dell'art. 32, secondo e
 terzo comma, della legge 24 aprile 1980, n. 146 (Disposizioni per  la
 formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), dell'art.
 80 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, dell'art. 1, sesto comma, del
 d.P.R.  30  dicembre  1981,  n.  834  (Definitivo riordinamento delle
 pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista  dall'art.  1
 della  legge 23 settembre 1981, n. 533) e degli artt. 46, 47, 48 e 49
 del d.P.R. 8 luglio 1986, n. 429  (Adeguamento  della  normativa  sui
 servizi  espletati  dagli  uffici periferici del Tesoro in materia di
 stipendi,  pensioni  e  altre  spese   fisse   all'evoluzione   della
 tecnologia   e   alle   esigenze  di  utilizzazione  dei  sistemi  di
 elaborazione automatica dei dati; semplificazione delle relative pro-
 cedure; definizione delle specifiche  responsabilita'  amministrative
 dei  dirigenti e del personale delle direzioni provinciali del tesoro
 e degli organi  del  sistema  informativo),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  27  luglio  1994  dalla  Corte  dei  conti, sezione prima
 giurisdizionale sul ricorso proposto da Siviglia Salvatore contro  la
 Direzione  provinciale  del Tesoro di La Spezia, iscritta al n. 1 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  31  maggio  1995  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio promosso da Salvatore Siviglia
 avverso due provvedimenti della Direzione provinciale del  Tesoro  di
 La   Spezia,   che   gli   aveva   contestato  l'indebita  percezione
 dell'indennita'  integrativa  speciale  sulla  pensione  di   guerra,
 nonche'  dell'assegno  mensile  di  assistenza  dal 1 luglio 1977, la
 Corte dei conti, con ordinanza  del  27  luglio  1994,  ha  sollevato
 questione di legittimita' costituzionale:
       a)  degli  artt.  11,  penultimo comma, della legge 29 novembre
 1977, n. 875; 74, primo (recte: decimo) comma, del d.P.R. 23 dicembre
 1978, n. 915; 32, secondo e terzo comma, della legge 24 aprile  1980,
 n. 146, per contrasto con l'art. 42 Cost.;
       b) degli artt. 80 del citato d.P.R. n. 915 del 1978, e 1, sesto
 comma,  del  d.P.R.  30  dicembre 1981, n. 834, per contrasto con gli
 artt. 42 e 76 Cost.;
       c) degli artt. 46, 47, 48 e 49 del d.P.R.  8  luglio  1986,  n.
 429, per contrasto con gli artt. 28 e 76 Cost.
    L'art.  11,  penultimo  comma,  della  l.  875  del 1977, ripetuto
 dall'art. 74, decimo comma, del d.P.R. n. 915 del  1978  e  dall'art.
 32, secondo comma, della legge n. 146 del 1980 (abrogati, a decorrere
 dal  1 gennaio 1982, dall'art. 1, quarto comma, del d.P.R. n. 834 del
 1981), dispone che  l'indennita'  integrativa  speciale  mensile  per
 l'adeguamento al costo della vita delle pensioni di guerra, istituita
 dalla  legge  28  luglio  1971,  n.  585,  "  non spetta a coloro che
 fruiscano  di  altra  pensione,  assegno  o   retribuzione   comunque
 collegati  con  le  variazioni dell'indice del costo della vita o con
 analoghi sistemi di adeguamento automatico  stabiliti  dalle  vigenti
 disposizioni".
    Il divieto di cumulo e' stato confermato dall'art. 1, sesto comma,
 del  d.P.R.  n.  834  del  1981,  attuativo  della delega legislativa
 disposta dalla legge 23 settembre 1981, n.  533,  per  il  definitivo
 riordinamento delle pensioni di guerra.
    Ad  avviso  del  giudice rimettente, atteso l'art. 1 del d.P.R. 23
 dicembre 1978, n. 915 - che qualifica  le  pensioni  di  guerra  come
 "atto  risarcitorio,  di  doveroso  riconoscimento  e di solidarieta'
 dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra abbiano
 subito  menomazioni  nell'integrita'  fisica  o  la  perdita  di   un
 congiunto"   -   l'indennita'   integrativa   speciale   deve  essere
 considerata "un aggiornamento del quantum risarcito dallo Stato".  Il
 divieto  di cumulo con benefici analoghi in aggiunta ad altri redditi
 (pensionistici o  di  retribuzione)  goduti  dal  titolare  lo  priva
 parzialmente  del diritto al risarcimento attribuitogli dal d.P.R. n.
 915 del 1978 e pertanto violerebbe l'art. 42, terzo comma, Cost.  che
 vieta  l'espropriazione senza indennizzo della proprieta' privata per
 motivi di interesse generale.
    L'ultima in ordine di tempo delle norme in questione, cioe' l'art.
 1, sesto comma, del d.P.R. n. 834 del 1981, contrasterebbe anche  con
 l'art. 76 Cost., poiche' la legge di delega n. 533 del 1981, "era nel
 senso  opposto,  ossia di rivedere le norme non aderenti al principio
 della natura risarcitoria del diritto alla pensione di guerra".
    Contraddittorio con tale natura,  e  percio'  contrastante  con  i
 richiamati  parametri  costituzionali, sarebbe altresi' l'art. 80 del
 d.P.R. n. 915 del 1978, nella parte in cui  modifica  la  res  debita
 imponendo  l'obbligo  di  autodenuncia del venir meno dei requisiti o
 delle condizioni cui e' subordinata la liquidazione  del  trattamento
 pensionistico  e  ordinando,  in caso di omessa denuncia, il recupero
 delle somme indebitamente percepite.
    Infine, sono denunciate, per contrasto  con  gli  artt.  28  e  76
 Cost.,  le  norme  sopra  citate del d.P.R. 8 luglio 1986, n. 429, in
 quanto avrebbero imposto ai dirigenti e ai funzionari delle direzioni
 provinciali  del  tesoro  "una  responsabilita'  eccedente  le   loro
 competenze   (esattezza   delle   liquidazioni   e   regolarita'  dei
 documenti), mentre tali impiegati svolgono  prevalentemente  funzioni
 esecutive di decreti e provvedimenti emanati da vari ministri, di cui
 in   pratica   divengono  i  censori  obbligati  con  responsabilita'
 oggettiva".
    2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il   Presidente   del   Consiglio   dei    ministri,    rappresentato
 dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
 dichiarata manifestamente infondata.
    Secondo  l'interveniente  e'  del  tutto  improprio  il   richiamo
 dell'art.  42 Cost., il quale ha riguardo ai diritti reali, non anche
 ai diritti di credito. Parimenti infondato e' il richiamo all'art. 76
 Cost. in quanto la legge di delega non puo' che impartire "principi e
 criteri direttivi", laddove l'autodenuncia prevista dall'art. 80  del
 d.P.R.   n.  915  del  1978  non  e'  che  un  aspetto  di  dettaglio
 dell'accertamento della  posizione  pensionistica,  insufficiente  da
 solo  a  fondare un giudizio di illegittimita' per preteso eccesso di
 delega.
    La questione concernente la responsabilita' dei  funzionari  della
 direzione   provinciale   del   tesoro,   prima   che  infondata,  e'
 inammissibile  per  irrilevanza.  L'art.  28  Cost.   e',   comunque,
 disposizione  inconferente, in quanto si limita a stabilire la natura
 della responsabilita' dei pubblici funzionari,  ma  non  offre  alcun
 criterio  in  ordine  alla  distribuzione della responsabilita' fra i
 diversi settori dell'Amministrazione.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte dei conti ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale:
       a)  degli  artt.  11,  penultimo comma, della legge 29 novembre
 1977, n. 875; 74, primo (recte: decimo) comma, del d.P.R. 23 dicembre
 1978, n. 915; 32, secondo e terzo comma, della legge 24 aprile  1980,
 n. 146, per contrasto con l'art. 42 Cost.;
       b) degli artt. 80 del citato d.P.R. n. 915 del 1978, e 1, sesto
 comma,  del  d.P.R.  30  dicembre 1981, n. 834, per contrasto con gli
 artt. 42 e 76 Cost.;
       c)  degli  artt.  46,  47, 48 e 49 del d.P.R. 8 luglio 1986, n.
 429, per contrasto con gli artt. 28 e 76 Cost.
    2. - Le questioni sub a) e b) non sono fondate.
    La definizione della pensione di guerra come  "atto  risarcitorio"
 (art.  1  del  testo unico approvato con d.P.R.  23 dicembre 1978, n.
 915) non implica un rinvio  ai  criteri  di  liquidazione  del  danno
 risarcibile  ai  sensi  dell'art.  2043  cod. civ., tanto e' vero che
 all'adeguamento ai mutamenti del potere di acquisto della moneta  non
 si  provvede  mediante  rivalutazione monetaria (cioe' riliquidazione
 della pensione), bensi' con l'aggiunta di una indennita'  integrativa
 calcolata  sulla  base  dell'indice  annuale  di variazione del costo
 della vita. La legge citata intende dire soltanto che la pensione  di
 guerra  ha  carattere indennitario, non previdenziale o assistenziale
 (cfr. sentenza n. 113 del 1968).
    Al  legislatore  e'  lasciata  un'ampia  discrezionalita'  per  la
 determinazione   dell'ammontare   della   pensione,   il   dovere  di
 riconoscenza e di  solidarieta'  verso  i  soggetti  considerati  dal
 d.P.R. n. 915 del 1978 dovendo essere contemperato con i limiti delle
 disponibilita' di bilancio e con i criteri di allocazione della spesa
 pubblica  (cfr.  sentenza  n.  405  del  1993). La necessita' di tale
 bilanciamento giustifica  l'accostamento,  nella  misura  in  cui  si
 riscontrino  pari esigenze, della disciplina delle pensioni di guerra
 a quella delle pensioni ordinarie (cfr. sentenza n. 97 del  1980),  e
 in particolare l'applicazione anche alle prime della regola che vieta
 il cumulo dei meccanismi di indicizzazione nel caso di titolarita' di
 altre  pensioni o di retribuzioni collegate alle variazioni del costo
 della vita.
    Pertanto, l'art. 1, sesto comma, del d.P.R. n. 834 del  1981,  che
 ha  confermato  il detto divieto, gia' stabilito dall'art. 25, ultimo
 comma, della legge n. 585 del 1971, e l'art. 80 del d.P.R. n. 915 del
 1978, che impone ai titolari  di  pensioni  di  guerra  l'obbligo  di
 denunciare  il venir meno delle condizioni del diritto all'indennita'
 integrativa, non appaiono lesivi dell'art. 76 Cost.  per  eccesso  di
 delega  in  relazione,  rispettivamente, alla legge n. 533 del 1981 e
 all'art. 13 della legge n. 875 del 1977, mentre non e' pertinente  il
 riferimento  all'art.  42  Cost.  Secondo la giurisprudenza di questa
 Corte (sentenza n.  99  del  1976),  il  concetto  costituzionale  di
 proprieta',   per  quanto  piu'  ampio  di  quello  civilistico,  non
 comprende anche i diritti di credito.
    3. - La questione sub c) e' inammissibile.
    Nel giudizio a quo non si  controverte  sulla  responsabilita'  di
 dirigenti  o  funzionari di direzioni provinciali del tesoro ai sensi
 delle norme impugnate del d.P.R. n. 429 del  1986.  La  questione  di
 legittimita' costituzionale di tali norme e' percio' irrilevante.