ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 1, secondo comma (recte: terzo  comma),  e  103,  secondo
 comma,   della   legge   11   luglio  1980,  n.  312  (Nuovo  assetto
 retributivo-funzionale del personale civile e militare dello  Stato),
 e   103,   settimo   comma,   del  d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382
 (Riordinamento  della  docenza  universitaria,  relativa  fascia   di
 formazione   nonche'   sperimentazione  organizzativa  e  didattica),
 promosso con  ordinanza  emessa  il  28  aprile  1994  dal  Tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio  sul ricorso proposto da Ciolfi
 Gaetano  contro  il  Ministero  dell'agricoltura  e  delle   foreste,
 iscritta  al  n.  121  del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  11,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  14  giugno  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Ruperto;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Un direttore di sezione ordinario appartenente ai ruoli degli
 istituti  di ricerca e sperimentazione agraria aveva proposto ricorso
 avverso   il    diniego,    oppostogli    dall'Amministrazione,    al
 riconoscimento  del servizio prestato in qualita' di docente di ruolo
 e non di ruolo nella scuola media ai fini del trattamento economico.
    L'adito T.A.R. del Lazio, premesso che in virtu' del rinvio di cui
 all'art. 1, terzo comma, della legge 11 luglio 1980,  n.  312  (Nuovo
 assetto  retributivo-funzionale del personale civile e militare dello
 Stato), e' nella specie applicabile l'art. 103 del d.P.R.  11  luglio
 1980,  n.  382  (attuativo  della  delega  per il riordinamento della
 docenza universitaria di cui alla legge 21 febbraio 1980, n. 28),  il
 quale   consente   la  valutazione,  per  un  terzo,  ai  fini  della
 ricostruzione  di  carriera,  dei  servizi  prestati   nella   scuola
 secondaria, ha rilevato che il ricorso avrebbe dovuto essere accolto.
    Tuttavia  il remittente con ordinanza emessa il 28 aprile 1994, ha
 sollevato, in  relazione  agli  artt.  3  e  76  della  Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
 artt.  1,  secondo  comma (recte: terzo comma), e 103, secondo comma,
 della legge 11 luglio 1980, n. 312, e 103, settimo comma, del  d.P.R.
 11  luglio 1980, n. 382, nella parte in cui consentono la valutazione
 dei servizi prestati nella scuola secondaria ai fini  della  carriera
 dei  direttori  di  sezione  ordinari del ruolo direttivo scientifico
 degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria.
   Osserva il giudice a quo che l'art. 12 della legge  di  delegazione
 n.  28  del 1980 prevede l'emanazione di norme atte "a consentire, ai
 sensi  delle  leggi  vigenti,  il   riconoscimento,   ai   fini   del
 pensionamento  e  del  trattamento  di  quiescenza  e  previdenza, in
 analogia con le norme generali sul  pubblico  impiego,  eventualmente
 anche della carriera, dei periodi di servizio effettivamente prestato
 nelle  universita'  da  coloro  che  sono inquadrati sulla base delle
 disposizioni" della legge stessa.
    Poiche' quindi il legislatore delegante ha inteso circoscrivere il
 riconoscimento ai soli servizi  resi  nelle  universita',  e  poiche'
 nella  citata  legge n. 28 del 1980 non vi sarebbero disposizioni che
 autorizzano  l'ampliamento  del  beneficio  oltre  tale  a'mbito,  vi
 sarebbe  il  dubbio  di  eccesso di delega nella previsione dell'art.
 103, settimo comma. Ne'  sarebbe  possibile  una  interpretazione  di
 ordine  sistematico atta a superare il dato testuale della norma, per
 l'inesistenza di norme generali che consentano di valutare,  ai  fini
 della  carriera  dei  pubblici  dipendenti, le anzianita' maturate in
 altre carriere o in posizione di fuori ruolo. Il  riconoscimento  dei
 servizi  prestati  postula  infatti  sempre,  oltre che una specifica
 previsione, un qualche collegamento tra la posizione precedente e  la
 nuova,  nel  senso dell'analogia delle funzioni, ovvero del fatto che
 lo svolgimento dei servizi riconosciuti ha consentito o ha concorso a
 consentire l'accesso alla nuova qualifica. Ma nessun collegamento  di
 tal  genere  sussisterebbe  tra  l'attivita'  di  docente  di  scuola
 secondaria e la posizione del docente universitario o  del  personale
 direttivo  scientifico  degli  istituti  di ricerca e sperimentazione
 agraria. In tal senso sarebbe ravvisabile anche  una  violazione  del
 principio di ragionevolezza.
    2.  - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che
 ha chiesto dichiararsi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 103,
 settimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980,  n.  382,  condividendo  le
 argomentazioni  del  T.A.R.  remittente.  L'Autorita'  intervenuta ha
 pero'  concluso  nel  senso  della  non  fondatezza  della  questione
 relativa  all'art.  1,  terzo  comma, della legge n. 312 del 1980 che
 opera il rinvio al trattamento economico dei docenti universitari, in
 quanto la declaratoria d'illegittimita' di tale  norma  avrebbe  come
 conseguenza la "recisione" del legame che consente l'attribuzione del
 trattamento  economico  dei  docenti  universitari  ai  direttori  di
 sezione in argomento.
                        Considerato in diritto
    1. - Il T.A.R del Lazio sospetta di illegittimita'  costituzionale
 il  combinato  disposto  dell'art.  1,  secondo  comma  (recte: terzo
 comma), della legge 11 luglio 1980, n. 312 - che rende applicabile il
 trattamento economico dei professori universitari a diverse figure di
 docenti, tra i quali i direttori di sezione degli istituti di ricerca
 e sperimentazione agraria - e dell'art. 103, primo e  settimo  comma,
 del  d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382 (il riferimento all'art. 103,
 secondo comma della citata legge  n.  312  del  1980,  contenuto  nel
 dispositivo  dell'ordinanza  di rimessione, deve intendersi dovuto ad
 un mero errore materiale, come si evince dalla parte motiva).
    Il citato primo comma dell'art. 103 prevede  che,  ai  fini  della
 carriera,  ai  professori ordinari venga riconosciuto per un terzo il
 servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7  della  legge
 21  febbraio  1980,  n.  28  (dove  si  elencano una serie di profili
 professionali  dell'attivita'  di  docente  svolta  a  vario   titolo
 nell'universita'). Il pure citato settimo comma, sempre ai fini della
 ricostruzione  di  carriera, assimila poi al servizio prestato in una
 delle dette figure anche i servizi prestati nella scuola secondaria.
    Ma la legge delega 21 febbraio 1980, n. 28, di cui  il  d.P.R.  n.
 382  del  1980  costituisce  attuazione, si limitava a consentire, ai
 fini della  carriera,  soltanto  il  riconoscimento  dei  periodi  di
 servizio  effettivamente prestato nelle universita' (art. 12, lettera
 i). Di qui il dubbio di legittimita'  costituzionale  per  violazione
 dell'art. 76 della Costituzione, concretando la censurata previsione,
 secondo  il  giudice  a  quo, un eccesso di delega ed una lesione del
 principio di ragionevolezza.
    2. - La questione e' fondata.
    Con la legge delega n. 28 del 1980 ed il successivo d.P.R. n.  382
 del  1980 e' stata attuata un'integrale trasformazione del precedente
 assetto dei ruoli dei docenti universitari,  comportante  innovazioni
 radicali,  che  concernono  in  particolare l'articolazione dei ruoli
 stessi in due fasce e l'ampliamento della loro  consistenza  numerica
 nonche'  la ridefinizione dei compiti dei docenti e l'istituzione del
 duplice regime d'impegno nel tempo pieno e nel tempo  definito  (cfr.
 sentenza  n.  1019  del  1988). La legge di delegazione, con riguardo
 all'inquadramento nella fascia dei ricercatori confermati, in fase di
 prima applicazione, individua  una  serie  di  figure  caratterizzate
 tutte  dallo  svolgimento, a vario titolo, di attivita' didattica, di
 ricerca o di studio, svolta  all'interno  dell'universita':  tale  e'
 appunto  l'elencazione  degli  aventi  diritto  alla conferma, previo
 giudizio di idoneita', contenuta nell'art.  7,  ottavo  comma,  della
 legge  n.  28 del 1980. Coerentemente con una ratio di valorizzazione
 dell'opera prestata nell'a'mbito accademico, che deriva a  sua  volta
 da  un disegno complessivamente finalizzato ad esaltare l'autonomia e
 la specificita' di tale sfera, l'art. 12 della legge  citata  demanda
 al  legislatore  delegato l'emanazione di norme volte a consentire il
 riconoscimento dei periodi di servizio effettivamente prestato  nelle
 universita' "ai sensi delle leggi vigenti", ai fini del pensionamento
 e del trattamento di quiescenza e di previdenza, nonche' "in analogia
 con  le  norme generali sul pubblico impiego, eventualmente anche (ai
 fini) della carriera".
    3.  -  Nell'attuare  la   delega,   l'art.   103,   sesto   comma,
 correttamente   rinvia,   quanto   ai   trattamenti  pensionistici  e
 previdenziali, alla normativa di cui ai  dd.P.R.  29  dicembre  1973,
 numeri  1092  e  1032,  cioe' a quelle "leggi vigenti" espressive del
 principio che impone di  computare  ai  fini  pensionistici,  nonche'
 nella  base  di  calcolo  della indennita' di buonuscita, il servizio
 comunque reso allo Stato. Su tale punto l'intervento legislativo  non
 poteva  non  ritenersi  vincolato  da  un  preciso  quadro  normativo
 contenente regole di generale applicazione.
    4. - Non cosi', invece, per il riconoscimento del servizio ai fini
 della   carriera,   riguardo   al   quale  la  delega  introduce  due
 determinanti  distinzioni,  precisando  che  il   riconoscimento   e'
 eventuale  ed  effettuato  in  analogia  con  le  norme  generali sul
 pubblico impiego.
    Ebbene, su tale ultimo punto deve  escludersi  l'esistenza  di  un
 comune  canone  enucleabile dalla legislazione in materia di pubblico
 impiego, al quale si possa attribuire la valenza  di  norma  generale
 sul  riconoscimento,  ai  fini  della carriera, dei servizi prestati,
 tanto piu' ove si ponga mente al frazionato panorama normativo che si
 offriva  al  legislatore  delegato.  Anzi,  i   pochi   segmenti   di
 legislazione  qualificabili come regola - al di la' delle contingenti
 discipline dettate per  specifici  settori  -  sembrano  limitare  il
 riconoscimento   ai   casi   di  passaggi  di  carriera  tra  diverse
 amministrazioni, in presenza pero' di un'identita' ordinamentale  che
 consenta  di  ravvisare  una  corrispondenza  di  qualifiche,  ovvero
 addirittura all'ipotesi di omogeneita' di carriera  per  il  servizio
 prestato anteriormente alla nomina (cfr. ad es., rispettivamente, gli
 artt.  200  e seg. del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e 26 della legge
 28 ottobre 1970, n. 775).
    Ed anche a voler spostare l'indagine circa la  sopravvenienza  nel
 sistema   di   tale   generale   principio   nel  periodo  successivo
 all'emanazione del d.P.R. n. 382 del 1980, deve parimenti giungersi a
 conclusioni negative in ragione  del  progressivo  abbandono  di  una
 prospettiva  di  legificazione  dei trattamenti e di reductio ad unum
 del criterio  di  valutazione  dei  servizi,  a  favore  dell'opposto
 principio  della  contrattualizzazione espresso dalla legge delega 23
 ottobre 1992, n. 421.
    In proposito va anzi osservato che l'art. 1, comma 5, del  decreto
 legislativo  3  febbraio  1993,  n.  29, ha ulteriormente distinto il
 rapporto  d'impiego  dei  professori  e   ricercatori   universitari,
 collegandolo  espressamente  a  quell'autonomia  dell'universita' che
 l'art. 33 della Costituzione garantisce e che questa  Corte  ha  piu'
 volte  posto  in luce (cfr. sentenza n. 281 del 1992). Autonomia che,
 in subiecta materia , risulta evidente dall'intento  del  legislatore
 di avviare un regime nuovo e diverso rispetto al previgente, mirato a
 privilegiare   esclusivamente   l'attivita'  svolta  all'interno  dei
 comparti della ricerca e della didattica. La  previsione  di  cui  al
 citato  art.  12,  con  il  riferimento a tale attivita', si distacca
 infatti  nettamente  e  volutamente  dalla  possibilita'  offerta  in
 passato  dagli  artt.  17 e 18 della legge 18 marzo 1958, n. 311, che
 consentivano tra l'altro, a domanda, il computo dei servizi  prestati
 nelle carriere di altri ruoli in qualifiche a partire dal grado sesto
 del  gruppo  A.  Soltanto in via transitoria l'art. 36 del piu' volte
 citato d.P.R. n.  382  del  1980  riconosce,  al  comma  settimo,  la
 possibilita'  di  fruire dell'inquadramento in base alle disposizioni
 vigenti al momento di entrata in vigore del d.P.R. medesimo.
    5. - Il denunciato art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980 ammette  il
 riconoscimento del servizio prestato in una delle anzidette figure di
 cui  all'art.  7  della  legge  n. 28 del 1980 (caratterizzate tutte,
 ripetesi, dall'appartenenza all'universita') nella misura di un terzo
 per i professori ordinari, della meta' per i professori  associati  e
 di  due  terzi  per  i ricercatori confermati (cfr., rispettivamente,
 primo, secondo e terzo comma).
    Dopo  aver operato, nel sesto comma, il rinvio ai servizi prestati
 in altri ruoli a fini pensionistici (di cui s'e'  detto  sub  2),  il
 settimo  comma aggiunge che "gli stessi periodi prestati nella scuola
 secondaria sono assimilati ai fini della ricostruzione di carriera al
 servizio in una delle figure di cui all'art. 7 della legge n. 28  del
 1980".   Alla   luce   delle   descritte   premesse,  il  richiamo  a
 (inesistenti) principi generali in tema di valutazione  dei  servizi,
 puo'  leggersi soltanto nel senso di una certa discrezionalita' quoad
 quantum del riconoscimento, cosi'  che  l'indicazione  contenuta  nel
 medesimo  art. 12, secondo cui il servizio deve effettivamente essere
 prestato nell'universita', conserva intatto il suo valore  cogente  e
 risulta  tanto  piu'  perentoria se si considera la complessiva ratio
 della delega, volta a valorizzare  -  ripetesi  -  l'autonomia  della
 sfera universitaria.
    L'assimilazione  -  a  fini  di carriera - dell'insegnamento nella
 scuola  secondaria  alle  figure,  squisitamente  universitarie,   di
 borsisti,  lettori,  assistenti ecc. di cui all'art. 7 vulnera quindi
 l'invocato art. 76 della Costituzione, per la contraddizione  con  il
 dato  testuale  (oltre  che  con il complessivo senso) della legge di
 delegazione.
   6. - La declaratoria d'illegittimita' costituzionale dell'art. 103,
 primo e settimo comma,  in  parte  qua,  comporta  altresi',  in  via
 conseguenziale,  l'illegittimita'  anche  del  secondo e terzo comma,
 sempre in relazione al comma settimo, con riguardo alla posizione dei
 professori associati e dei ricercatori confermati.
    7. - Esula invece dalle finalita' caducatorie della  decisione  il
 denunciato  art.  1,  terzo  comma,  della  legge  n.  312  del 1980,
 trattandosi d'una norma di mero rinvio,  del  tutto  indifferente  al
 denunciato  vulnus  e  che  viene  in  evidenza  solo in quanto rende
 applicabile la disciplina  dei  professori  universitari  ai  profili
 professionali ivi elencati.