ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 25 della legge 2 febbraio 1972 (recte: 1973), n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio), promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Scala Renato e l'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio (Enasarco) iscritta al n. 554 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di costituzione dell'Enasarco nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1995 il Giudice relatore Renato Granata; Uditi l'avv. Bartolo Spallina per l'Enasarco e l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio promosso da Scala Renato, titolare di pensione di vecchiaia a carico dell'Enasarco con decorrenza 1 settembre 1981, al fine di ottenere da quest'ultimo ente il ricalcolo della pensione senza le riduzioni previste dall'art. 25 della legge 2 febbraio 1973, n. 12, ma sulla sola base della media delle provvigioni, il Pretore di Torino con ordinanza del 24 maggio 1994 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25 cit. in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost. invocando un riesame di analoga questione in precedenza sollevata e ritenuta manifestamente infondata da questa Corte con ordinanza n. 366 del 1989. Premesso che la disposizione censurata prevede che qualora l'ammontare annuo della pensione erogata dall'Enasarco, che ha funzione integrativa di altro trattamento pensionistico (art. 2, primo comma, legge n. 12 del 1973 cit.), superi determinati importi, fissati a scaglione da un minimo di L. 5.000.000 fino ad oltre L. 10.000.000, sulle somme in eccedenza a tali importi deve calcolarsi una detrazione progressivamente crescente da un minimo del 10% per le somme comprese tra L. 5.000.000 e L. 6.000.000 ad un massimo del 20% per le somme eccedenti L. 20.000.000, il pretore rimettente dubita (non della legittimita' in se' di tale automatica riduzione del trattamento pensionistico integrativo, bensi') della mancata previsione di un meccanismo di adeguamento degli scaglioni suddetti in ragione della rilevante svalutazione monetaria intervenuta nel tempo e della elevazione dei massimali e delle aliquote contributive; mancato adeguamento che avrebbe incrinato il criterio di razionale proporzionalita' tra entita' reale del trattamento pensionistico, versamenti contributivi e aliquote percentuali di riduzione. Ed infatti - osserva il pretore rimettente - mentre nel 1973 la riduzione di cui all'art. 25 colpiva la fascia alta di pensioni, essendo il massimale di contribuzione pari a L. 9.000.000 e l'aliquota contributiva pari al 6% (art. 6 legge n. 12 del 1973), successivamente da una parte vi e' stata una ragguardevole perdita di valore della moneta, d'altra parte il massimale e l'aliquota sono stati progressivamente incrementati (con d.P.R. 24 giugno 1978, n. 460 il massimale era stato portato a L. 12.000.000 e l'aliquota all'8% ed ancora, con d.P.R. 31 marzo 1983, n. 277, il massimale aveva raggiunto l'importo di L. 24.000.000 con aliquota al 10% per attestarsi infine, ferma l'aliquota, a L. 34.000.000 per gli agenti monomandatari ed a somme superiori per i plurimandatari). Quindi con il passare del tempo, la riduzione di cui all'art. 25 cit. era venuta a colpire non soltanto la fascia di pensioni alte, ma anche la fascia media e medio-bassa, tenuto anche conto che il trattamento minimo dell'Enasarco ammonta a circa L. 5.000.000 annue. Questa situazione - rileva conclusivamente il pretore rimettente - evidenzia una vulnerazione degli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost. in quanto sono trattate in modo eguale situazioni diseguali; inoltre e' violato il principio di effettivita' delle prestazioni assistenziali e previdenziali, per le quali deve tenersi conto anche di un rapporto di proporzionalita' tra quanto l'assicurato e' chiamato a versare e quanto andra' poi a percepire come trattamento pensionistico. 2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata in quanto gia' dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 366 del 1989 di questa Corte. 3. - Si e' costituito l'Enasarco chiedendo parimenti - anche con una successiva memoria - che la questione sia dichiarata inammissibile perche' non esiste nell'ordinamento positivo un principio che valga ad assicurare in maniera diretta il meccanismo di adeguamento ipotizzato dal Pretore rimettente, potendo tale risultato essere raggiunto in forme e con articolazioni differenziate e variamente modulate. Comunque - secondo la difesa dell'Enasarco - la questione e' infondata. Nel sottolineare il carattere integrativo della pensione erogata dall'ente, osserva la difesa che l'elevazione nel tempo dell'aliquota contributiva e del massimale annuo provvigionale da sottoporre a contribuzione determinano l'innalzamento dell'ammontare delle pensioni annue, in nulla incidendo nel rapporto tra prestazione liquidata e versamenti contributivi eseguiti; sicche' quindi le riduzioni previste dall'art. 25 censurato trovano applicazione sui piu' elevati importi, senza che possa ritenersi sussistente la prospettata maggiore e sfavorevole incidenza sul nuovo pensionato rispetto al vecchio pensionato. Mentre la individuazione dei limiti annui pensionistici entro i quali deve operare la riduzione rientra nella discrezionalita' del legislatore. Considerato in diritto 1. - E' stata sollevata questione incidentale di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell'art. 25 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio) - in forza del quale, quando l'ammontare annuo della pensione erogata dall'Enasarco, integrativa di altro trattamento pensionistico, supera determinati importi (fissati a scaglione da un minimo di L. 5.000.000 fino ad oltre L. 10.000.000) deve calcolarsi, sulle somme eccedenti, una detrazione progressivamente crescente (da un minimo del 10% per le somme comprese tra L. 5.000.000 a L. 6.000.000 fino ad un massimo del 20% per le somme eccedenti L. 10.000.000) - in quanto violerebbe il combinato disposto degli artt. 3 e 38 Cost. nella parte in cui non prevede un meccanismo di adeguamento degli scaglioni suddetti in ragione della rilevante svalutazione monetaria intervenuta nel tempo e della elevazione dei massimali e delle aliquote contributive (per effetto delle quali attualmente la detrazione colpisce anche le pensioni di importo vicino al trattamento minimo); e cio' per contrasto sia con il principio di effettivita' delle prestazioni assistenziali e previdenziali, per le quali deve tenersi conto anche di un rapporto di "razionale proporzionalita'" tra entita' reale del trattamento pensionistico, versamenti contributivi ed aliquote percentuali di riduzione, sia con il principio di eguaglianza sostanziale, non potendo tale rapporto essere ingiustificatamente sfavorevole per il nuovo pensionato rispetto al vecchio, costretto a versare piu' contributi per percepire poi una pensione nominalmente piu' alta, ma in effetti maggiormente decurtata, in virtu' dell'applicazione dell'art. 25 censurato. 2. - Va preliminarmente rilevato che l'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla difesa dell'Enasarco non ha carattere pregiudiziale, ma implica la valutazione nel merito della censura di costituzionalita'; solo - infatti - ove si riscontrasse la denunciata violazione dei parametri allegati si potrebbe porre utilmente un problema di inammissibilita' della questione in ragione della (asserita) pluralita' dei rimedi finalizzati alla reductio ad legitimitatem. 3. - Nel merito la questione non e' fondata. L'art. 25 censurato - nel piu' ampio contesto della disciplina del trattamento pensionistico a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio, trattamento che e' integrativo di quello dell'assicurazione generale obbligatoria estesa a tale categoria di assicurati dalla legge 22 luglio 1966, n. 613 - va correlato con il precedente art. 10 nel senso che il criterio di calcolo dell'importo delle pensioni di vecchiaia e' fissato da tale combinato disposto (degli artt. 10 e 25) secondo una sequenza di operazioni che terminano con quella specificamente indicata nell'art. 25. In particolare occorre considerare, nell'ultimo decennio, le provvigioni sulle quali sono stati versati i contributi assicurativi e individuare la media piu' elevata di quelle calcolate per ognuno dei periodi di tre anni consecutivi compresi nel decennio; su tale media si calcolano tanti quarantesimi del settanta per cento quanti sono gli anni di anzianita' contributiva fino ad un massimo di quaranta; infine - come ultima operazione - si riduce l'importo cosi' calcolato secondo un'aliquota progressiva a scaglioni (a partire dal 10% sugli importi da L. 5.000.000 a L. 6.000.000 fino al 20% per gli importi eccedenti L. 10.000.000). Quest'ultima operazione - di c.d. "riduzione" - svolge non solo una funzione (meramente contabile) di integrare il criterio di calcolo della pensione di vecchiaia quale previsto dal precedente art. 10; ma anche (e soprattutto) quella di operare un moderato effetto di riequilibrio, in chiave solidaristica, tra le pensioni di maggior importo e quelle di minor importo. Sotto il primo profilo la funzione della "riduzione" non e' dissimile da quella sottesa al precedente art. 21 che fissa le aliquote di riduzione della pensione ai superstiti; in tal modo la pensione di vecchiaia e' anche differenziata dalla pensione di invalidita' permanente (totale e parziale), che si calcola sulla base di criteri analoghi, ma senza la riduzione dell'art. 25. Sotto questo aspetto - puo' subito rilevarsi - la idoneita' (ex art. 38 Cost.) del trattamento previdenziale costituito dalla pensione di vecchiaia (a carattere integrativo) non potrebbe che essere valutata nel suo complesso e non gia' isolando una singola operazione della sequenza di calcolo dell'importo spettante all'assicurato per presentarla - suggestivamente ma impropriamente - come penalizzante compressione del trattamento stesso, mentre si tratta di un momento del piu' complesso procedimento di calcolo del trattamento previdenziale. 4. - C'e' poi la funzione riequilibratrice della "riduzione", conseguente alla previsione di un'aliquota non gia' fissa, ma proporzionale all'ammontare della stessa pensione di vecchiaia secondo scaglioni determinati in cifra fissa e rimasti invariati dal 1973. Si ha quindi che il criterio di calcolo in esame, ancorche' neutro (e quindi uniforme) quanto ai parametri indicati nell'art. 10, e' invece mirato quanto all'ultima operazione di calcolo (la "riduzione") in modo da essere piu' favorevole per le pensioni basse e meno per le pensioni alte. Questa funzione non e' insensibile al fenomeno della svalutazione monetaria: rimanendo invariati gli scaglioni correlati alle varie aliquote di riduzione, l'aumento della base imponibile, congiuntamente peraltro ai massimali, ha comportato che un crescente numero di pensioni di vecchiaia sia soggetto alle aliquote di riduzione piu' elevate, piuttosto che a quelle piu' basse. Si e' quindi verificata una progressiva traslazione di un crescente numero di pensioni di vecchiaia verso le aliquote piu' elevate sicche' la finalita' di riequilibrio si e' affievolita (nel senso che mentre originariamente il favor era per la intera platea delle pensioni medio-basse, oggi avvantaggiate sono essenzialmente le pensioni al minimo) ed e' destinata a risultare sempre meno incisiva fino, eventualmente, ad azzerarsi nel momento in cui il trattamento minimo di pensione dovesse raggiungere lo scaglione corrispondente all'aliquota massima, la quale a quel punto sarebbe del tutto neutra al pari delle aliquote di riduzione di cui all'art. 21. Ma da una parte tale progressivo svilimento della funzione riequilibratrice della "riduzione" opera per tutte le pensioni di vecchiaia indipendentemente dal momento della erogazione del trattamento previdenziale sicche' non c'e' sotto questo aspetto violazione del principio di eguaglianza, come gia' ritenuto da questa Corte (ordinanza n. 366 del 1989). D'altra parte rientra nella discrezionalita' del legislatore la correzione di tale effetto, atteso che in un sistema di previdenza integrativa (quale quella gestita dall'Enasarco), che garantisce comunque il trattamento minimo di pensione, non sussiste una necessita' costituzionale che il criterio di calcolo delle pensioni di vecchiaia sia apprezzabilmente differenziato in ragione dell'importo, piu' o meno elevato, delle stesse. Correzione questa non necessitata dai parametri evocati ed in particolare dall'art. 38 Cost., tanto piu' che "il precetto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori si riferisce principalmente all'organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria" (sentenza n. 87 del 1995), mentre nella fattispecie si tratta di previdenza integrativa. 5. - Va infine pure considerato che la scelta in ordine al grado di incidenza da attribuire al meccanismo di "riduzione" ex art. 25 della legge n. 12 del 1973 (come in generale "la determinazione del possibile e necessario sistema di indicizzazione della base di computo del trattamento pensionistico erogato agli agenti di commercio": cfr. sentenza n. 265 del 1992) si coniuga, nel contesto di una piu' complessa valutazione dell'equilibrio finanziario dell'ente previdenziale gestore dell'assicurazione in questione, con l'altra scelta concernente la determinazione delle stesse aliquote contributive e dei massimali progressivamente incrementati nel tempo atteso che, in un complessivo bilanciamento dei molteplici dati di riferimento, viene in rilievo anche il progressivo svilimento della funzione riequilibratrice originariamente sottesa all'art. 25 censurato e la conseguente piu' ampia operativita' della riduzione in esame, che ha influito come fattore di contenimento e di contrappeso rispetto alle esigenze di maggiore provvista. D'altra parte proprio la natura di previdenza integrativa potrebbe giustificare un atteggiamento del legislatore di graduale abdicazione al meccanismo riequilibratore, piuttosto che di sua rivitalizzazione, tanto piu' che, dopo il riordino di tale sistema previdenziale settoriale operato dalla legge n. 12 del 1973, sono stati estesi ( ex d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41) alle pensioni erogate dall'Enasarco il trattamento minimo previsto per l'assicurazione generale obbligatoria e la stessa perequazione, sicche' una nuova tutela e' stata introdotta per le pensioni di importo piu' basso.