ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 141 d.P.R. 15
 giugno 1959, n. 393  (Testo  unico  delle  norme  sulla  circolazione
 stradale),  come novellato dall'art. 22 della legge 24 marzo 1989, n.
 122, del combinato disposto degli artt. 142 e  142-bis  dello  stesso
 d.P.R.  15  giugno  1959,  n. 393, cone novellati dagli artt. 23 e 24
 della legge 24 marzo 1989, n. 122, degli artt. 142, ultimo  comma,  e
 142-bis  del menzionato d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come novellati
 dagli artt. 23 e 24 della legge n. 122 del 1989 e dell'art.  203  del
 decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo codice della
 strada), promossi con le ordinanze  emesse  il  24  maggio  1994  dal
 pretore  di  Torino,  il  17  giugno 1994 dal pretore di Rimini (n. 5
 ordinanze),  il  3  maggio  1994  dal  pretore  di  Pordenone  (n.  4
 ordinanze),  iscritte  ai nn. 436, 557, 608, 609, 610, 611, 723, 724,
 725 e 726 del registro ordinanze 1994  e  pubblicate  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica nn. 30, 40, 42 e 50, prima serie speciale,
 dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella  camera  di  consiglio  del  22  febbraio  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
   Ritenuto che, nel corso di un giudizio instaurato per l'opposizione
 a due cartelle esattoriali emesse per il pagamento di pene pecuniarie
 irrogate  a  seguito di violazioni del codice della strada, accertate
 dal giugno del 1989 al settembre del 1992, il pretore di Torino,  con
 ordinanza  emessa  il  24  maggio 1994 (reg. ord. n. 436 del 1994) ha
 sollevato questioni di  legittimita'  costituzionale:  (questione  a)
 dell'art.  141  del  d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle
 norme sulla circolazione stradale), come novellato dall'art. 22 della
 legge 24 marzo 1989 n. 122, in riferimento agli artt. 3  e  97  della
 Costituzione,  "nella  parte  in cui prevede il termine di giorni 150
 per la notificazione delle  contestazioni  di  violazioni  al  codice
 della  strada,  anziche'  di  90  giorni,  come  avviene per le altre
 sanzioni   amministrative",   cosi'   determinando   un'irragionevole
 disparita'  di trattamento dei trasgressori, senza nemmeno assicurare
 il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione;  (questione
 b)  del  combinato  disposto  degli  artt. 142 e 142-bis dello stesso
 codice della strada del 1959, come novellati  dagli  artt.  23  e  24
 della legge n. 122 del 1989 cit., in riferimento agli artt. 3, 97, 24
 e  113 della Costituzione, perche' solo coloro che abbiano presentato
 ricorso al prefetto contro il verbale di accertamento dell'infrazione
 potrebbero poi proporre opposizione all'ordinanza-ingiunzione in sede
 giurisdizionale, mentre coloro che  abbiano  omesso  di  proporre  il
 ricorso   amministrativo   si  vedrebbero  sottoposti  all'esecuzione
 esattoriale a causa della qualita' di titolo  esecutivo  che  in  tal
 caso  assume il sommario processo verbale; cio' non senza considerare
 che il sistema  sanzionatorio  per  le  infrazioni  al  codice  della
 strada,  diversamente  da  quanto  previsto  per  le  altre  sanzioni
 amministrative,  non  consentirebbe  al  prefetto,  in  mancanza   di
 apposito  ricorso,  di controllare la regolarita' delle contestazioni
 degli organi accertatori e delle relative  notificazioni;  (questione
 c)  sempre  del  combinato  disposto  di cui agli artt. 142 e 142-bis
 citati, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, "nella
 parte in cui non prevede, quando all'interessato sia stata notificata
 la cartella esattoriale non preceduta da ordinanza-ingiunzione per la
 mancata  presentazione   del   ricorso   al   prefetto   avverso   la
 contestazione,  che  l'interessato  possa  proporre  il  giudizio  di
 opposizione ex art. 22 della legge n. 689 del 1981 .. e  nella  parte
 in  cui  non prevede il potere del pretore di sospendere l'esecuzione
 ex art. 22, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981";
      che  e'  intervenuto  in  questo  giudizio  il  Presidente   del
 Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello
 Stato, concludendo per l'infondatezza delle prime due questioni e per
 l'inammissibilita' della terza;
      che,  con  cinque  ordinanze  di  identico  tenore, emesse il 17
 giugno  1994  nel  corso  di  altrettanti  giudizi  promossi  avverso
 cartelle  esattoriali  concernenti  il  pagamento  di  somme dovute a
 titolo di sanzioni amministrative  per  violazioni  al  codice  della
 strada  del  1959, il pretore di Rimini (reg. ord. nn. 557, 608, 609,
 610 e 611 del 1994) ha sollevato, in riferimento agli artt.  24  e  3
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 (questione  d) degli artt. 142, ultimo comma, e 142-bis del d.P.R. 15
 giugno 1959, n. 392 (recte: 393), nel testo novellato dagli artt.  23
 e  24  della  legge  24  marzo  1989, n. 122, vigente all'epoca della
 commissione dell'illecito, sul  cui  presupposto  risulta  emessa  la
 cartella esattoriale opposta;
      che  nelle  ordinanze  si  sostiene  che  il  sistema  di cui al
 (precedente) codice della strada, come integrato dalla legge  n.  122
 del  1989  -  prevedendo  che, in caso di mancato pagamento in misura
 ridotta o di omesso ricorso al  prefetto,  acquisti  la  qualita'  di
 titolo  esecutivo  il  verbale  di  accertamento e non piu' invece il
 provvedimento del prefetto secondo la previsione dell'art.  18  della
 legge n. 689 del 1981 - priverebbe "il trasgressore della facolta' di
 proporre  opposizione  al  pretore  ex art. 22 della legge n. 689 del
 1981"   e   non   contemplerebbe   il   rimedio   della   opposizione
 all'esecuzione  (delle  cartelle  esattoriali  in  cui si concreta il
 debito delle sanzioni) secondo l'art. 615  c.p.c.,  che  consente  al
 debitore di contestare in via generale l' an e il quantum del debito;
 cio'  in  quanto  l'art.  54 del d.P.R. n. 602 del 1973 espressamente
 esclude quel rimedio nella fase della riscossione ne' le controversie
 avverso il ruolo esattoriale possono proporsi, in  casi  del  genere,
 dinanzi  al  giudice  tributario  a  causa  della  tassativita' delle
 materie indicate nell'art. 1 del d.P.R.  n.  636  del  1972,  tuttora
 vigente;
    che  pertanto  il sistema, in palese contrasto con l'art. 24 della
 Costituzione,   non   prevederebbe   nessuna    forma    di    tutela
 giurisdizionale  avverso  la  pretesa  di  pagamento  della  sanzione
 amministrativa conseguente a violazione del codice della strada,  una
 volta  divenuto  titolo  esecutivo  il  sommario  processo  verbale e
 notificata la cartella di pagamento sul presupposto della  formazione
 del ruolo dato in carico all'esattore;
      che,   inoltre,   si  avrebbe  un'ingiustificata  disparita'  di
 trattamento dei trasgressori che non si siano avvalsi del ricorso  al
 prefetto sia nei confronti di coloro che invece l'abbiano presentato,
 sia  nei  confronti  dei  responsabili  di qualsiasi altra violazione
 amministrativa;
      che in due di questi giudizi (reg. ord. nn. 597 e 608 del  1994)
 vi  e'  stato l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri,
 che ha concluso per l'infondatezza di tutte le questioni,  in  quanto
 analoghe  a  quella decisa con la sentenza di questa Corte n. 311 del
 1994;
     che, con quattro ordinanze identiche, emesse il 3 maggio 1994 nel
 corso di altrettanti giudizi di opposizione  a  cartelle  esattoriali
 per   la   riscossione   di   somme   dovute  a  titolo  di  sanzioni
 amministrative per violazioni del codice della strada  del  1959,  il
 pretore  di Pordenone (reg. ord. nn. 723, 724, 725 e 726 del 1994) ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 (recte:  113)  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale (questione e)
 degli artt. 142-bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (come novellato
 dall'art. 24  della  legge  n.  122  del  1989)  e  203  del  decreto
 legislativo  30  aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada) " ..
 nella parte in cui ciascuna  di  tali  disposizioni  non  prevede  la
 possibilita'  di  proporre  avanti  al pretore (giudice deputato alla
 valutazione della fondatezza dell'illecito amministrativo in caso  di
 emissione  di  ordinanza-ingiunzione)  opposizione  avverso  il ruolo
 esattoriale,  emesso  ai  sensi  dei predetti articoli sulla base del
 sommario  verbale  di  accertamento  divenuto  titolo  esecutivo  per
 mancata proposizione di ricorso al prefetto";
      che  nelle  ordinanze si osserva che la legge n. 122 del 1989 ha
 modificato il procedimento sanzionatorio per le violazioni del codice
 della strada, in precedenza disciplinato dalla legge n. 689 del 1981,
 comune a tutte le sanzioni  amministrative,  e  che  la  modifica  ha
 comportato  che  il ricorso al prefetto, avverso il sommario processo
 verbale  di  contestazione  dell'infrazione,   costituisca   ora   la
 necessaria     "condizione    di    procedibilita'    della    tutela
 giurisdizionale", che resta pertanto assicurata  solo  nei  confronti
 dell'ordinanza-ingiunzione   che  il  prefetto  emana  all'esito  del
 ricorso amministrativo, non essendo invece previsto  dal  sistema  di
 poter  fare  opposizione  ne'  al  verbale  di accertamento una volta
 divenuto titolo esecutivo, ne' al  ruolo  predisposto  dall'autorita'
 accertatrice ne' alla cartella esattoriale;
      che,   potendo  il  trasgressore  soltanto  "esperire  i  rimedi
 previsti per la fase esecutiva  (ricorso  all'intendente  di  finanza
 contro   gli  atti  esecutivi  dell'esattore,  anche  ai  fini  della
 sospensione, con la conseguente possibilita' di ricorrere al  giudice
 amministrativo,  nonche' azione giudiziaria di responsabilita' contro
 l'esattore)", in tal modo  si  sarebbe  in  presenza  di  una  tutela
 giurisdizionale "resa eccessivamente difficoltosa", con disparita' di
 trattamento riguardo agli altri illeciti amministrativi non attinenti
 a violazioni del codice della strada.
    Considerato  che  le  ordinanze di rimessione sollevano, pur sotto
 profili in parte diversi, questioni simili, tutte attinenti ad alcune
 norme del codice della strada anteriore rispetto a quello attualmente
 vigente, tranne una sola che riguarda  una  corrispondente  norma  di
 quest'ultimo;  onde  i  relativi  giudizi  possono essere riuniti per
 essere decisi con un'unica pronuncia;
      che in particolare la questione sub a), concernente  l'art.  141
 del  codice  della strada del 1959, come novellato dall'art. 22 della
 legge n. 122 del 1989, e in modo specifico  la  denunciata  eccessiva
 lunghezza  del  termine  di 150 giorni per la notifica del verbale di
 accertamento delle infrazioni in tema di  circolazione  stradale,  e'
 manifestamente infondata, perche', essendo gia' stata esaminata negli
 stessi  termini  ora prospettati, e' stata dichiarata non fondata con
 la sentenza n. 255 del 1994 di questa Corte;
      che, quanto alla questione sub  b),  che  censura  il  combinato
 disposto  degli artt. 142 e 142-bis del codice della strada del 1959,
 come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge n. 122  del  1989,  in
 riferimento  agli  artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, il primo
 dei  profili  con  essa  prospettati  muove  dall'errato  presupposto
 secondo cui il mancato preventivo esperimento del ricorso al prefetto
 precluderebbe  l'azione  giudiziaria, il che e' stato gia' escluso da
 questa  Corte  (sent.  n.  255  del  1994),  onde  la  sua  manifesta
 infondatezza;
      che  la  medesima  questione  sub b) e' manifestamente infondata
 anche sotto il profilo secondo cui soltanto il  ricorso  al  prefetto
 provocherebbe "il dovere in capo a quell'Autorita' .. di esaminare ..
 l'iter  sanzionatorio  e  .. la regolarita' delle contestazioni degli
 organi  accertatori   ..,   laddove   tutte   le   altre   violazioni
 amministrative   ..   provocano   sempre  il  potere-dovere  in  capo
 all'Autorita'  competente  (nel  caso,  il  prefetto) di esaminare la
 regolarita'  della  sanzione  e  procedere  in  sede  di   autotutela
 dell'annullamento o archiviazione del verbale .."; difatti, come gia'
 affermato  da questa Corte (sent. n. 311 del 1994), per le violazioni
 del codice della strada "il  riesame  della  contestazione  da  parte
 dell'autorita'  prefettizia  non  e'  stato  eliminato,  ma, anziche'
 avvenire d'ufficio, come era in precedenza in base alla legge n.  689
 del  1981, consegue al ricorso dell'interessato avverso il verbale di
 accertamento", consentendogli in questa sede di far  valere  comunque
 le  sue  ragioni  e  di  ottenere  quindi  l'invocato riesame in sede
 amministrativa,  per  cui  e'  privo  di  riflessi  sul  piano  della
 costituzionalita'  che  in  alcuni  casi  la  legge  subordini questo
 riesame  all'istanza  dell'interessato,  dato  che  la   Costituzione
 assicura  soltanto  la  tutela  giurisdizionale,  peraltro  anch'essa
 esperibile in via d'azione;
      che  quanto  alle  questioni  sub  c,   d,   e,   (quest'ultima,
 relativamente  al solo art. 142-bis del codice della strada del 1959,
 come novellato dall'art. 24 della legge n. 122 del 1989), prospettate
 sostanzialmente  sotto  il  profilo  della  carenza  di  un   rimedio
 giurisdizionale avverso le cartelle esattoriali, va considerato che -
 mancando  una  specifica disciplina circa i termini e le modalita' da
 osservarsi per l'esperimento dell'azione giudiziaria, nel caso in cui
 dopo la notifica del verbale di contestazione  l'interessato  non  si
 sia  avvalso  del  rimedio  del  ricorso  amministrativo  - una volta
 escluso dalla gia' menzionata giurisprudenza di questa Corte  (sentt.
 nn.  311  e  255  del 1994 cit.)   che in questo caso sia impedita la
 tutela giurisdizionale, spetta al giudice dinanzi al  quale  l'azione
 e'  proposta  di  verificare,  alla  stregua  del diritto vigente, il
 quomodo ed il quando della  sua  esperibilita'  affinche'  la  tutela
 risulti  assicurata  nella  sua  pienezza,  con  la  conseguenza che,
 formulando le ordinanze di rinvio quesiti d'ordine interpretativo, le
 relative questioni sono manifestamente inammissibili;
      che quanto alla medesima questione sub e), con riguardo all'art.
 203 del nuovo codice della strada (decreto  legislativo  n.  285  del
 1992)   -   impugnato   insieme   alla   norma,   solo   parzialmente
 corrispondente, dell'art. 142-bis del precedente codice della  strada
 per  ragioni  meramente  cautelative,  nella incertezza, sottesa alla
 prospettazione del giudice a quo, circa la disposizione  in  concreto
 applicabile  nella  successione  tra il regime normativo precedente e
 quello del nuovo codice  -  essa  e',  nella  specie,  manifestamente
 inammissibile  perche'  della norma, ratione temporis, il giudice non
 deve fare applicazione nei giudizi a quibus (V. artt. 237, comma 2, e
 238, comma 1, del decreto legislativo n. 285 del 1992).
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.