ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'   costituzionale   dell'art.   3   del
 decreto-legge  16 gennaio 1995, n. 9 (Modifiche alla disciplina degli
 scarichi delle pubbliche fognature e degli  insediamenti  civili  che
 non  recapitano  in  pubbliche fognature), promossi con tre ordinanze
 emesse il 16 febbraio e il 9 febbraio 1995 dal  Pretore  di  Grosseto
 nei  procedimenti penali rispettivamente a carico di Toscano Giuseppe
 ed altri, Sabatini Paolo, Innocenti Giancarlo, iscritte ai  nn.  215,
 216  e  218  del  registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 17,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1995;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 31 maggio 1995 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto che con tre ordinanze di identico contenuto,  due  del  9
 febbraio  e  altra  del  16  febbraio 1995, il Pretore di Grosseto ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  3  del
 decreto-legge  16 gennaio 1995, n. 9 (Modifiche alla disciplina degli
 scarichi delle pubbliche fognature e degli  insediamenti  civili  che
 non  recapitano in pubbliche fognature), in riferimento agli articoli
 3, 9, 10 e 32 della Costituzione;
      che, muovendo  da  una  ampia  premessa  espositiva  del  quadro
 normativo  in  tema di tutela delle acque dall'inquinamento (legge 10
 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni ed integrazioni),  in
 particolare quanto alla graduazione dei vincoli collegati al rispetto
 dei  limiti  tabellari  in  rapporto  alle  diverse  tipologie  degli
 scarichi ("nuovi" o preesistenti all'entrata in vigore della legge n.
 319 del 1976, da  un  lato;  derivanti  da  insediamenti  produttivi,
 ovvero  civili,  ovvero  ancora da pubbliche fognature, dall'altro) e
 alla connessa articolazione normativa delle previsioni sanzionatorie,
 rispettivamente stabilite a presidio degli  obblighi  previsti  dalla
 legge citata, il Pretore rimettente ritiene che il decreto-legge n. 9
 del  1995  abbia  scardinato  i capisaldi della legge di tutela delle
 acque, rendendo incoerente e irragionevole  il  complessivo  riferito
 quadro normativo;
      che,  in particolare, un primo profilo di censura e' dedotto dal
 giudice a quo, in riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  sul
 rilievo   che   la   normativa  impugnata,  oltre  a  dare  copertura
 retroattiva alle violazioni del passato attraverso una sanatoria,  ha
 eliminato  gli  obblighi validi a livello generale e nazionale quanto
 ai limiti  di  rispetto  degli  scarichi  civili  e  delle  pubbliche
 fognature,  rimettendone la conformazione alla discrezionalita' degli
 enti territoriali  con  conseguente  possibilita'  di  ingiustificate
 diversita'  di  trattamento  da  regione  a  regione,  ed  inoltre ha
 impoverito il quadro  sanzionatorio  di  tutela  dell'osservanza  dei
 limiti tabellari; ne consegue che, dopo le modifiche apportate con il
 decreto-legge, le violazioni di obblighi formali e "burocratici", non
 direttamente causative di danno ambientale, come la mancata richiesta
 di  autorizzazione  allo scarico ex art. 21, primo comma, della legge
 n. 319  del  1976,  sono  punite  con  pena  alternativa,  mentre  le
 fattispecie  di  superamento  dei  limiti tabellari ex art. 21, terzo
 comma, di detta legge,  in  precedenza  punite  sempre  con  la  pena
 detentiva  dell'arresto,  vengono  ad  essere  -  irragionevolmente -
 sanzionate  con  la  pena  alternativa  ovvero  solo  come   illeciti
 amministrativi;
      che  ulteriore  profilo  di  censura  e'  sollevato  dal giudice
 rimettente in  relazione  all'art.  9  della  Costituzione,  in  base
 all'asserito  "svuotamento"  sanzionatorio  del reato di inquinamento
 delle acque, tale da arrecare lesione alla tutela del  paesaggio,  da
 intendersi  come  ecosistema  ambientale e non solo come "bellezza da
 cartolina";
      che, in collegamento con il  profilo  che  precede,  il  Pretore
 ravvisa  altresi'  una  lesione  della tutela della salute, garantita
 dall'art. 32 della Costituzione, come salute  della  collettivita'  e
 come salubrita' dell'ambiente di vita dei singoli, dato il venir meno
 del  deterrente  punitivo  rispetto  alla  commissione  di  fatti  di
 inquinamento idrico, tale da incentivare una evoluzione incontrollata
 del fenomeno;
      che, infine, il giudice a quo deduce la violazione dell'art.  10
 della    Costituzione,    per   la   regressione   della   disciplina
 sanzionatoria, apportata con il decreto-legge in argomento,  rispetto
 agli  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
 europea e, in particolare, con riguardo alle  prescrizioni  contenute
 nella  direttiva  n.  91/271/CEE  del  Consiglio  del 21 maggio 1991,
 ancora inattuata.
    Considerato che, data l'identita'  delle  questioni  sollevate,  i
 relativi giudizi vanno riuniti e decisi con unica pronuncia;
      che  il  decreto-legge  16  gennaio  1995,  n.  9,  non e' stato
 convertito in legge entro il termine di  sessanta  giorni  dalla  sua
 pubblicazione,  come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 65 del 18 marzo 1995;
      che, successivamente, e' stato emanato il decreto-legge 17 marzo
 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche
 fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
 fognature), il quale e' stato convertito,  con  modificazioni,  dalla
 legge 17 maggio 1995, n. 172;
      che   nella  sua  configurazione  definitiva  la  disciplina  in
 argomento, quale recata dal citato decreto-legge n. 79  del  1995  di
 "reiterazione"  del precedente n. 9 del 1995, risulta mutata rispetto
 a quella applicabile al tempo dell'ordinanza di rinvio  e  denunciata
 di  incostituzionalita',  in particolare per il definitivo venir meno
 della disciplina dell'autorizzazione  in  sanatoria  (gia'  contenuta
 nell'art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1995, e poi nei commi da 2 a 7
 dell'art.  7  del  decreto-legge n. 79 del 1995, soppressi in sede di
 conversione) nonche' per ulteriori  modifiche  aggiuntive  introdotte
 nel  corpo  delle  disposizioni  della  legge  n.  319 del 1976 quali
 novellate o sostituite con gli articoli del decreto-legge  da  ultimo
 emanato,  solo parzialmente corrispondenti a quelli del decreto-legge
 impugnato;
      che pertanto, essendo mutato  il  complessivo  quadro  normativo
 applicabile   in  rapporto  alle  fattispecie  dedotte  nei  processi
 principali, gli atti vanno restituiti al giudice del  rinvio  perche'
 valuti  se,  alla luce della nuova disciplina, le questioni sollevate
 siano tuttora rilevanti nei giudizi a quibus.