ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4
 della legge 29  gennaio  1994,  n.  87  (Norme  relative  al  computo
 dell'indennita'   integrativa  speciale  nella  determinazione  della
 buonuscita dei pubblici dipendenti), promossi  con  cinque  ordinanze
 emesse  il  14  ed  il  7  novembre 1994 dal Tribunale amministrativo
 regionale del Lazio, il 2 dicembre, il 4 novembre  ed  il  15  luglio
 1994  dal  Consiglio  di  Stato, sezione VI giurisdizionale, iscritte
 rispettivamente ai  nn.  233,  243,  266,  267  e  268  del  registro
 ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn. 18, 19, 21, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  28  giugno  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Ruperto;
    Ritenuto  che  il  T.A.R. del Lazio, con due ordinanze di identico
 contenuto emesse rispettivamente il 7 ed  il  14  novembre  1995,  ha
 sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale: a) dell'art. 4
 della legge 29  gennaio  1994,  n.  87  (Norme  relative  al  computo
 dell'indennita'   integrativa  speciale  nella  determinazione  della
 buonuscita dei pubblici dipendenti), per contrasto con gli  artt.  3,
 24,  primo  e  secondo  comma,  25,  primo  comma,  103  e  113 della
 Costituzione,  in  quanto  -  disponendo  l'estinzione  dei   giudizi
 pendenti  e  la  compensazione delle spese processuali - sottrae alla
 valutazione del giudice (interferendo  con  la  sua  indipendenza)  i
 profili  relativi al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed alle
 pronunce accessorie, nonche' - escluso il carattere innovativo  della
 legge, promulgata solo a seguito della sentenza n. 243 del 1993 della
 Corte  costituzionale  -  viola il diritto di difesa e di azione e la
 naturale precostituzione del giudice; b) dell'art. 3, comma 2,  della
 legge  citata,  per  violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella
 parte in cui  non  esclude  dall'obbligo  della  presentazione  della
 relativa  domanda  in  via amministrativa quei dipendenti cessati dal
 servizio che abbiano proposto ricorso in sede giurisdizionale al fine
 di ottenere il computo  dell'indennita'  integrativa  speciale  nella
 base  di  calcolo  del  trattamento di fine servizio; c) dell'art. 1,
 comma 1, lettera b) (recte: lettera a)), per contrasto con gli  artt.
 3   e   36   della   Costituzione,  in  ragione  della  irragionevole
 discriminazione della previsione di una minore percentuale di computo
 dell'indennita' integrativa speciale  tra  i  dipendenti  degli  enti
 pubblici  non  economici  ex lege n. 70 del 1975 e quelli di tutte le
 altre pubbliche amministrazioni di cui alla successiva lettera b) del
 citato art. 1, comma 1; d) dell'art. 2, comma 4, della stessa  legge,
 in  relazione  agli  artt.  3 e 36 della Costituzione, per l'illogica
 sperequazione del regime dei  crediti  ivi  disciplinati  rispetto  a
 quelli  ordinari,  con  notevole  diminuzione  del  contenuto  di una
 prestazione economica che deve essere considerata quale  retribuzione
 differita;
      che il Consiglio di Stato, VI sezione, con ordinanza emessa il 4
 novembre 1994, ha sollevato uguali questioni di costituzionalita', in
 riferimento  agli  stessi  parametri  costituzionali, dei gia' citati
 artt. 1, comma 1, lettera b) (recte: lettera  a)),  2,  comma  4,  3,
 comma  2, e 4 della legge n. 87 del 1994, alla stregua di motivazioni
 sostanzialmente identiche a  quelle  svolte  in  merito  dagli  altri
 giudici  remittenti,  estendendo  le  censure  di incostituzionalita'
 anche all'art. 3, comma 1, della stessa legge, in relazione  all'art.
 3  della Costituzione, nella parte in cui limita l'applicazione della
 normativa ai dipendenti cessati dal  servizio  dopo  il  30  novembre
 1994;
      che  il Consiglio di Stato, VI sezione, con altre due ordinanze,
 emesse rispettivamente il 15 luglio 1994 ed il 2 dicembre 1994, sulla
 base di considerazioni di uguale tenore rispetto a quelle degli altri
 giudici  a  quibus,  ha  sollevato  questione  di   costituzionalita'
 dell'art.  4 della menzionata legge n. 87 del 1994, per contrasto con
 gli  artt.  3 e 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113
 della Costituzione;
      che  in  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello
 Stato, chiedendo che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 sollevate  dai  giudici  remittenti  siano  dichiarate  inammissibili
 ovvero infondate.
    Considerato  che  i  giudizi,  complessivamente   concernenti   la
 medesima normativa, possono essere riuniti e congiuntamente decisi;
      che  identiche  questioni sono state gia' dichiarate non fondate
 con la sentenza n. 103 del 1995, nonche' manifestamente infondate con
 l'ordinanza n. 207 del  1995,  in  ragione  dell'affermato  carattere
 tendenzialmente satisfattivo - assunto dalla normativa de qua - delle
 aspettative  dei  pubblici  dipendenti ad un'estensione della base di
 computo dell'indennita' erogata in  occasione  della  cessazione  dal
 servizio, fino a ricomprendervi l'indennita' integrativa speciale;
      che,  in  particolare,  in tali decisioni - con riferimento alla
 questione di natura pregiudiziale rispetto  alle  altre,  concernente
 l'asserita  illegittimita' della dichiarazione d'estinzione d'ufficio
 dei giudizi pendenti con compensazione delle spese - questa Corte  ha
 sottolineato, sia pure in una prospettiva di gradualita' ed in attesa
 di  una  complessiva  omogeneizzazione dei trattamenti dei lavoratori
 dei vari comparti della pubblica amministrazione, l'adeguatezza e  la
 sufficiente  tempestivita'  della  risposta data dal legislatore alle
 suddette aspettative, le quali, a seguito della sentenza n.  243  del
 1993,  erano  ben  assurte  al  rango di diritti, ma non erano ancora
 immediatamente determinabili;
      che, quindi, valutato il rapporto tra l'intervento normativo  ed
 il  grado  di  realizzazione  che  alla  pretesa  azionata  e'  stato
 accordato per via  legislativa,  e'  stata  riconosciuta  (e  va  qui
 ribadita)  la  ragionevolezza  della  norma  censurata, come tale non
 incidente  sul  diritto  di  difesa  e  sull'assetto   costituzionale
 riservato  "all'esercizio  dell'attivita'  giurisdizionale e alla sua
 prerogativa, anche nei rapporti col legislatore" (sentenza n. 103 del
 1995);
      che, pertanto, la  questione  e'  manifestamente  infondata,  in
 quanto  i  giudici a quibus non offrono argomenti ulteriori o diversi
 rispetto a quelli a suo tempo esaminati.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9,
 secondo comma, delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla
 Corte costituzionale.