IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nel processo a carico di Tagliamento Giovanni + 22, riunito in camera di consiglio per decidere sulle questioni preliminari sollevate dalla difesa; Premesso che nell'odierno giudizio, instauratosi a seguito di decreto emesso dal g.u.p. presso il tribunale di Genova, in virtu' dell'art. 328, comma 1-bis c.p.p., alla luce delle fattispecie contestate, le difese degli imputati hanno sollevato eccezione, ex art. 491 c.p.p., lamentando la nullita' del decreto che ha disposto il giudizio per essere lo stesso stato emesso da giudice incompetente, per territorio o funzionalmente; che tale eccezione si fonda sull'assunto che la deroga alla competenza ordinaria stabilita dal combinato disposto degli artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1- bis, c.p.p., valga solo per la fase delle indagini preliminari e non per l'attivita' conseguente all'esercizio dell'azione penale; Considerato che in linea di principio il tribunale condivide tale tesi (v. ordinanza del 29 novembre 1994), ritenendo che la norma ex art. 328, comma 1-bis, c.p.p., contenga una deroga che va interpretata in modo restrittivo, proprio per il carattere diverso che l'ordinamento assegna alle funzioni di g.i.p. e di g.u.p. Tale distinzione non si fonda infatti su una artificiosa costruzione dottrinaria, bensi' sul preciso dettato del codice di rito che assegna al g.i.p. interventi di solito per precisi atti e comunque su istanza di parte, nel corso della fase procedimentale, mentre al g.u.p. riconosce una vera e propria legittimazione al processo, nel senso che l'ordinamento gli consente, oltre al dovere di valutare l'esercizio dell'azione penale, anche la facolta' di definire il giudizio, con cognizione piena, come ad esempio nei casi del rito abbreviato e del c.d. patteggiamento; Rilevato che la questione concernente l'asserita, ed in concreto ritenuta fondata incompetenza del g.u.p. distrettuale puo' rilevare sotto il profilo della competenza territoriale o di quella funzionale; che il tribunale ritiene che l'art. 328, comma 1-bis, c.p.p., attribuisca al g.i.p. nel corso delle indagini preliminari, competenza di natura funzionale, stante il collegamento fissato con l'art. 51, comma 3-bis, ma che la questione inerente alla competenza del g.u.p. distrettuale rispetto a quella del giudice del locus commissi delicti riguardi la competenza territoriale, proprio per lo stesso nesso esistente tra funzioni processuali esercitate dal g.u.p. e dall'organo collegiale; Considerato che il legislatore ha scelto di non sanzionare con nullita' le violazioni della legge processuale concernenti le questioni di competenza, avendo volutamente omesso di prevedere tale sanzione per l'inosservanza delle norme sulla competenza per materia (arg. ex art. 34 c.p.p. 1930, la cui previsione non e' richiamata dal legislatore del 1988) e tali considerazioni portano a fartiori ad escludere che l'incompetenza territoriale possa risolversi in un vizio del processo sanzionato con nullita', tenuto anche conto del regime cui la questione stessa e' sottoposta (termini precisi per la proposizione della relativa eccezione posti a pena di decadenza); che da tale quadro emerge che nessun problema di nullita' del decreto che dispone il giudizio puo' legittimamente porsi; Ritenuto tuttavia che, alla luce delle sopra indicate considerazioni, e' evidente che la parte che abbia sollevato, ritualmente e tempestivamente la questione di incompetenza territoriale del g.u.p. e' priva di tutela in quanto: 1) l'eccezione, non riguardando nullita' alcuna come detto, non e' valutabile sotto tale profilo; 2) manca una norma che consenta al tribunale, sicuramente organo competente per territorio a conoscere del giudizio, di valutare l'eccepita incompetenza del g.u.p., o che consenta al giudice di appello di trattare le conseguenze di tale difetto originario: rinvio a giudizio disposto dal giudice incompetente per territorio, giudice che nel caso di specie avrebbe potuto definire con rito abbreviato tutte le posizioni processuali tratte innanzi al lui, come si evince dagli atti depositati; Ritenuto che tale situazione in concreto appare priva di sanzione anche perche' essa non e' tutelabile dalle norme regolanti la competenza: art. 22, 23 (e 24) c.p.p., neppure in via analogica. Basta infatti ricordare sul punto che questo tribunale non ha nessun strumento per dichiarare l'incompetenza del g.u.p. e per far regredire il processo alla fase anteriore, potendo delibare comunque solo sulla propria competenza; Ritenuto che tale situazione, cioe' l'omessa possibilita' di accertare, a fronte di un eccezione tempestivamente e ritualmente proposta al g.u.p. e riproposta ex art. 491 c.p.p., il difetto di competenza del g.u.p. distrettuale a causa dell'inesistenza della sanzione per tale violazione processuale negli artt. 22 e 33 c.p.p. comporti violazione degli artt. 3, 24 e 25 Cost. in quanto: non appare di poco conto che la formulazione di una accusa nei confronti di un imputato avvenga con la partecipazione di un organo giudicato incompetente (cfr. Corte cost. 26 febbraio - 11 marzo 1993, n. 76) poiche' tale situazione viola sia il diritto di difesa della parte sia il principio di precostituzione del giudice nel senso del diritto costituzionalmente garantito all'imputato di essere giudicato dal giudice competente. Non avrebbe infatti senso alcuno fissare criteri attributivi di competenza valevoli per i giudici l'inosservanza dei quali e', pur se a determinate condizioni valutate dal legislatore, sanzionata dalle norme, e poi consentire che nel momento in cui viene esercitata l'azione penale con conseguente controllo del giudice sul corretto esercizio di essa (in cui puo' essere anche definito il giudizio con l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. o con giudizio abbreviato) tali criteri vengano posti nel nulla, pur a fronte della legittima richiesta da parte dell'imputato che la sua posizione processuale sia valutata dal giudice competente, come nel caso di specie. Si rileva, peraltro, che l'imputato di reati non rientranti nella previsione dell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., sottoposto a giudizio, con i riti alternativi avrebbe invece tutte le possibilita' che l'ordinamento gli pone a disposizione per far rilevare l'incompetenza del giudice, con palese violazione dell'art. 3 Cost. Ritiene altresi' indubbio il tribunale che la stessa norma di cui all'art. 328, comma 1-bis, c.p.p., se interpretata nel senso dell'identita' del g.i.p. e g.u.p., sia costituzionalmente illegittima ex art. 25, comma 1, Cost., in quanto e' evidente che la stessa, non definendo specificamente quale giudice debba svolgere le funzioni di g.u.p., utilizza per l'individuazione in concreto del giudice competente un criterio non preventivamente e con certezza predeterminato, ma frutto del totale abbandono del criterio del locus commissi delicti in favore del criterio derogativo, da ritenersi come tale eccezionale. Ritenuto che la questione e' rilevante, poiche' a fronte dell'eccepita situazione di incompetenza del g.u.p., il tribunale non dispone di uno strumento normativo che gli consenta di trarre le dovute conseguenze dalla ritenuta violazione dei criteri attributivi di competenza, e non appare manifestamente infondata poiche' la violazione degli artt. 3, 24 e 25 Cost. si evince dalla mancata, ma non certo perche' previamente e consapevolmente voluta dal legislatore, previsione di una sanzione specifica per l'inosservanza dei predetti criteri nella fase dell'udienza preliminare da parte degli artt. 22 e 23 c.p.p., nonche' dalla previsione generica di cui all'art. 328 comma 1-bis c.p.p.