IL PRETORE
    1. - Sciogliendo la riserva contenuta nel verbale di udienza del 3
 maggio 1995.
                                OSSERVA
    L'I.N.P.S. ha eccepito la decadenza di parte attrice dalle  azioni
 proposte,  ex  art.  4  del  d.-l.  n.  384 del 1982, convertito, con
 modificazioni, nella legge n. 438 dello stesso anno.
    Secondo tale norma, infatti, che ha sostituito i commi  secondo  e
 terzo  dell'art.  47  del  d.P.R. n. 639 del 1970, opera la decadenza
 triennale   per   le   controversie   in   materia   di   trattamenti
 pensionistici, a decorrere:
       a)  dalla  data  di  comunicazione  della decisione del ricorso
 pronunziata dai competenti organi dell'istituto;
       b)  dalla  data  di  scadenza  del  termine  stabilito  per  la
 pronunzia della predetta decisione;
       c)   dalla   data   di  scadenza  dei  termini  prescritti  per
 l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a  decorrere
 dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
    2. - Ebbene, nella specie e' accaduto che al momento di entrata in
 vigore  del  decreto  citato  siffatto  termine  fosse  appunto  gia'
 decorso. Da un lato, infatti, il ricorso amministrativo non era stato
 proposto (la proposizione e' infatti avvenuta il 4 maggio  1993);  da
 un  altro,  come  pure  e'  previsto nella norma su trascritta, erano
 ampiamente scaduti i termini (300  giorni:  v.  richiami  legislativi
 nella  memoria  dell'I.N.P.S.)  per  l'esaurimento  del  procedimento
 amministrativo, computati, sempre secondo  tale  norma,  a  decorrere
 dalla  data di presentazione della richiesta di prestazione (9 luglio
 1987).
    Ne' d'altra parte puo' applicarsi alla specie la  deroga  prevista
 dall'ultimo  comma  dell'art.  4,  cit. per i procedimenti instaurati
 anteriormente alla data di entrata in vigore  del  decreto  stesso  e
 ancora  in  corso  alla  medesima data: siffatti procedimenti, pur se
 intesi  come amministrativi secondo quanto ritenuto dal giudice delle
 leggi (che nell'interpretazione della  regola  ha  tenuto  conto  del
 "ricorso  amministrativo  proposto anteriormente alla data di entrata
 in  vigore  del  decreto":  Corte  cost.  3  febbraio  1994,  n.  20,
 (Paragrafo) 6), erano appunto gia' esauriti a tale momento; se intesi
 come  giudiziari  (il  che  e'  preferibile),  non erano ancora stati
 instaurati.
    3. - Si pone pero' il problema della  legittimita'  costituzionale
 della  normativa  prima richiamata, naturalmente sotto il profilo del
 criterio della non manifesta infondatezza. La  questione  e'  infatti
 sicuramente rilevante nel caso in esame.
    Ed  invero,  l'art.  6,  primo  comma,  del d.-l. n. 103 del 1991,
 convertito con modificazioni nella legge n.  166  dello  stesso  anno
 recita testualmente:
    "1.  I  termini  previsti dall'art. 47, commi secondo e terzo, del
 decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639,  sono
 posti   a   pena  di  decadenza  per  l'esercizio  del  diritto  alla
 prestazione previdenziale. La decadenza  determina  l'estinzione  del
 diritto   ai   ratei  pregressi  delle  prestazioni  previdenziali  e
 l'inammissibilita' della relativa  domanda  giudiziale.  In  caso  di
 mancata  proposizione  di ricorso amministrativo, i termini decorrono
 dall'insorgenza dei singoli ratei".
    E Corte cost. 20 maggio 1992, n. 246, Foro it., 1992, I, 2601, nel
 dichiarare non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 della  norma,  sollevata  con  riferimento  agli  artt.  3 e 38 della
 Costituzione, l'ha interpretata sottolineando che la  estinzione  ivi
 prevista  colpisce  il  diritto  ai  ratei  maturati, non quello alla
 pensione. Del resto,  il  prevalente  e  piu'  recente  indirizzo  ha
 sostenuto  che il termine di cui all' art 47 cit. aveva semplicemente
 la funzione di delimitare l'efficacia temporale della  condizione  di
 procedibilita'  della  domanda  giudiziale:  cfr.,  da  ult. Cass. 26
 aprile 1993, n. 4864, Dir. e pratica lav., 1993, 1844, (m.).
    Con la precedente normativa, quindi, i diritti vantati dalla parte
 ricorrente  nell'ambito  del  decennio  precedente  la  istanza,  non
 sarebbero  estinti,  mentre  lo  sarebbero per effetto dell'eccezione
 preliminare di decadenza sollevata dall'istituto. Di qui la rilevanza
 della questione che attiene  alla  prima  domanda,  peraltro  potendo
 riflettersi  -  determinando  l'importo  da  "cristallizzare" - anche
 sull'altra.
    4. - Passando allora all'esame del requisito della  non  manifesta
 infondatezza,  il  pretore  ritiene  che  la  nuova disciplina sia in
 collisione con  l'art.  24  della  Costituzione.  Essa,  infatti,  si
 risolve  in  questo caso nel sacrificio di diritti che sino al giorno
 della sua entrata in vigore esistevano e potevano essere azionati.
    In sostanza,  la  modifica  legislativa,  che  prevede  un  regime
 transitorio  limitatissimo  (v.  antea) e non comprendente situazioni
 come quella in questione - certo peraltro le piu' numerose - viene  a
 comportare  una  sorta di espropriazione di diritti patrimoniali, per
 di piu' di valenza costituzionale  (art.  38,  secondo  comma,  della
 Costituzione).
    Dubbio  non  manifestamente infondato di costituzionalita' si pone
 quindi anche con riferimento a tale norma.
    Diverso,  naturalmente, sarebbe stato se la legge avesse stabilito
 un regime transitorio diverso per le vecchie situazioni, che non solo
 non  sopprimesse  i  diritti,  ma  ne  rendesse  non   eccessivamente
 difficoltoso l'esercizio attraverso il giudizio.
    5. - In definitiva, il pretore ritiene di sollevare d'ufficio, per
 essere    non    manifestamente    infondata,    la    questione   di
 costituzionalita' dell'art. 4 del d.-l. n. 384 del 1982,  convertito,
 con  modificazioni,  nella  legge  n.  438,  dello  stesso  anno,  in
 riferimento agli artt. 24 e 38, secondo comma, della Costituzione;