ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies della
 legge  1  dicembre  1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento
 del matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo  1987,  n.
 74,  promosso  con  ordinanza emessa il 3 ottobre 1994 dal Pretore di
 Milano nel procedimento penale  a  carico  di  Aldo  Antonio  Alesso,
 iscritta  al  n.  79  del  registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  8,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  17  maggio  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  3  ottobre 1994 nel corso di un
 procedimento penale  per  sottrazione  all'obbligo  di  corrispondere
 l'assegno  di  divorzio  dovuto  all'  ex coniuge ed il contributo di
 mantenimento in favore dei figli maggiorenni, il Pretore di Milano ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  12-sexies  della   legge   1
 dicembre  1970,  n.  898  (Disciplina  dei  casi  di scioglimento del
 matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987,  n.  74.
 Questa   disposizione  stabilisce  che  al  coniuge  che  si  sottrae
 all'obbligo di corrispondere l'assegno dovuto a norma degli artt. 5 e
 6 della legge n. 898 del 1970 si applicano le pene previste dall'art.
 570 del codice penale. Ma non richiama quest'ultimo articolo  per  la
 condizione  di  procedibilita'  prevista  dal  terzo  comma, sicche',
 mentre la  violazione  degli  obblighi  di  assistenza  familiare  e'
 punibile  a  querela  della persona offesa quando concerne il coniuge
 anche  separato,  e'  invece  perseguibile   d'ufficio   la   mancata
 corresponsione  dell'assegno  al  coniuge  ed ai figli maggiorenni in
 caso  di  divorzio.  Questa  disciplina,  ad   avviso   del   giudice
 rimettente, sarebbe irragionevole e determinerebbe una disparita' nel
 trattamento di situazioni analoghe.
    In  relazione  ai figli, il giudice rimettente osserva che la loro
 condizione e' identica nei rapporti con i genitori, in  presenza  sia
 di  divorzio  che  di  separazione.  Il  dovere di provvedere al loro
 mantenimento si fonda in ogni caso sull'art. 30 della Costituzione  e
 discende  dall'art. 147 del codice civile. Eppure l'omesso contributo
 al  mantenimento  dei  figli  maggiorenni  da  parte   del   genitore
 divorziato  configura  un  reato  perseguibile  d'ufficio,  mentre la
 stessa omissione non sarebbe penalmente rilevante in caso di genitori
 separati o conviventi o comunque sarebbe in  ipotesi  perseguibile  a
 querela  della  persona  offesa.  Ad  avviso  del  giudice rimettente
 sarebbe  del  tutto  irragionevole  la  disparita'   di   trattamento
 derivante  dalla  procedibilita' d'ufficio solo per il reato previsto
 dall'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970.
    Con  riferimento  al  rapporto  tra  ex  coniugi,  l'ordinanza  di
 rimessione  prospetta  la  violazione  dell'art. 3 della Costituzione
 sotto il profilo della ragionevolezza. Tale principio, escludendo  la
 legittimita'  di  scelte  arbitrarie  del  legislatore, imporrebbe di
 graduare il trattamento penale in relazione alla diversa gravita' dei
 fatti, da individuare in base alla rilevanza costituzionale dei  beni
 giuridici   protetti.   Da  questo  punto  di  vista  il  legislatore
 riserverebbe un trattamento deteriore alla  fattispecie  di  maggiore
 rilievo  nella  gerarchia  di  valori enucleabile dalla Costituzione.
 Difatti l'art. 570 del codice penale prevede che sia  perseguibile  a
 querela  della  persona offesa la violazione dei doveri di assistenza
 nell'ambito della famiglia,  radicati  negli  artt.  29  e  30  della
 Costituzione,  mentre  l'art.  12-sexies  della legge n. 898 del 1970
 considera  perseguibile  d'ufficio  l'inadempimento  di  un   obbligo
 patrimoniale.
    L'irragionevolezza  viene  anche  prospettata  con  riferimento al
 sistema complessivo del codice penale, ispirato al criterio  generale
 di  esclusione  della  procedibilita'  d'ufficio  per fatti di scarso
 interesse pubblicistico, nei quali il  bene  tutelato  rientra  nella
 disponibilita' della persona offesa. Nella situazione esaminata l' ex
 coniuge  avrebbe  soprattutto  interesse alla soddisfazione, sia pure
 tardiva, del proprio credito, ostacolata  dall'irretrattabilita'  del
 procedimento penale.
    La  questione di legittimita' costituzionale e' ritenuta rilevante
 nel giudizio principale, giacche', se  accolta,  l'imputato  potrebbe
 essere   prosciolto,  avendo  l'  ex  coniuge  rimesso,  ed  i  figli
 maggiorenni non proposto, la querela.
    2.  -  Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,   che  ha  concluso  per  l'inammissibilita'  o  la  manifesta
 infondatezza della questione.
    L'Avvocatura ritiene che sia in gioco  una  sfera  riservata  alla
 discrezionalita'  del  legislatore.  La perseguibilita' d'ufficio del
 reato previsto dall'art.  12-sexies  della  legge  n.  898  del  1970
 sarebbe  giustificata  dalla  situazione delle parti. In costanza del
 vincolo matrimoniale, che la separazione personale  dei  coniugi  non
 travolge,  e'  rimesso  all'interessato valutare l'opportunita' di un
 intervento del giudice penale, il quale, agendo  d'ufficio,  potrebbe
 aggravare  e  compromettere  definitivamente  una  crisi coniugale in
 ipotesi ancora rimediabile. Questa preoccupazione non  sussiste  piu'
 una volta intervenuto il divorzio.
    Anche se non muta il dovere di mantenimento dei figli, il divorzio
 -  rileva  l'Avvocatura  -  fa  venir  meno  l'organicita' del nucleo
 familiare.  Fino  allo  scioglimento  del  matrimonio,   il   vincolo
 familiare lascia aperta la possibilita' di una maggiore articolazione
 dei   rapporti   nella   famiglia   e   costituisce   un   deterrente
 all'inosservanza dei singoli obblighi tra le parti.
                        Considerato in diritto
    1. - La  questione  di  legittimita'  costituzionale  concerne  la
 perseguibilita'  d'ufficio, anziche' a querela di parte, del reato di
 sottrazione all'obbligo di corrispondere l'assegno dovuto, a  seguito
 dello  scioglimento  o  della  cessazione  degli  effetti  civili del
 matrimonio, all'altro coniuge o quale contributo per il  mantenimento
 dei figli, anche maggiorenni.
   Questa figura di reato e' stata introdotta dall'art. 21 della legge
 6  marzo  1987, n. 74, che ha aggiunto alla legge 1 dicembre 1970, n.
 898 l'art. 12-sexies, per sanzionare la condotta del coniuge che  non
 provvede ad erogare gli assegni dovuti in base agli artt. 5 e 6 della
 stessa legge con le pene previste dall'art. 570 del codice penale per
 la violazione degli obblighi di assistenza familiare.
    Il  Pretore  di  Milano dubita che la procedibilita' d'ufficio del
 reato sia in contrasto con l'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il
 profilo   tanto   della  irragionevolezza  che  della  disparita'  di
 trattamento, ed assume quale termine di comparazione lo  stesso  art.
 570  del  codice  penale,  che  per  la  violazione degli obblighi di
 assistenza  familiare  stabilisce  la   punibilita',   salvo   alcune
 eccezioni,  a querela della persona offesa. Difatti sarebbe identico,
 e con eguale radicamento costituzionale, il dovere  del  genitore  di
 provvedere  al mantenimento dei figli, sia in caso di convivenza o di
 separazione che di divorzio. Ma mentre e'  penalmente  sanzionata,  e
 perseguibile  d'ufficio,  la  condotta del genitore divorziato che si
 sottrae  al  dovere  di  contribuire  al   mantenimento   dei   figli
 maggiorenni,  non  sarebbe  sanzionata, o comunque sarebbe in ipotesi
 perseguibile a querela della parte offesa,  la  stessa  condotta  del
 genitore  separato  o convivente. Il Pretore ne deduce la lesione del
 principio di eguaglianza e denuncia come irragionevole la  disparita'
 di trattamento.
    Il  dubbio  di legittimita' costituzionale viene prospettato anche
 con riferimento alla posizione del coniuge. Considerata  giustificata
 l'esigenza   di   lasciare  alla  valutazione  della  persona  offesa
 l'opportunita' di portare all'esterno del nucleo familiare,  in  caso
 di  convivenza o di separazione, una situazione forse transitoria che
 il  ricorso  al  giudice  penale  potrebbe  compromettere, il giudice
 rimettente ritiene che a maggior ragione dovrebbe essere  esclusa  la
 procedibilita'  d'ufficio per l'inadempimento di una mera prestazione
 patrimoniale, che altrimenti  verrebbe  sanzionato  anche  contro  la
 volonta'  del  creditore. L'irretrattabilita' del procedimento penale
 ostacolerebbe, anzi, il soddisfacimento  delle  ragioni  del  coniuge
 piu'  debole, giacche' l'imputato non sarebbe stimolato a soddisfare,
 sia pure tardivamente, il  proprio  debito,  dato  che  non  vedrebbe
 sostanzialmente    mutata    la    propria   posizione   processuale.
 L'irragionevolezza viene anche prospettata in  rapporto  al  criterio
 generale  del  sistema penale, che prevede la querela come condizione
 di procedibilita' per fatti di scarso  interesse  pubblicistico,  nei
 quali   il   bene   tutelato   rientra,   come  quando  ha  contenuto
 patrimoniale, nella disponibilita' della persona offesa.
    2.  -  La   norma   sottoposta   a   scrutinio   di   legittimita'
 costituzionale  ha  inteso  assicurare  l'assistenza  di una sanzione
 penale a garanzia dell'obbligo di corrispondere gli assegni,  per  il
 coniuge  e  per  i  figli,  disposti  in  base  alla disciplina sullo
 scioglimento del matrimonio (artt. 5 e  6  della  legge  n.  898  del
 1970),  dopo  che  la  giurisprudenza  aveva escluso la possibilita',
 ammessa  da  precedenti  orientamenti  interpretativi,  di  applicare
 l'art.  570,  secondo  comma,  numero  2), del codice penale anche al
 coniuge divorziato, che omettesse di corrispondere l'assegno all'  ex
 coniuge.
    Il   Pretore  di  Milano,  aderendo  all'indirizzo  interpretativo
 prevalente, ritiene che l'art. 12-sexies della legge n. 898 del  1970
 -  introdotto dalla legge n. 74 del 1987 per assicurare tutela penale
 alle prestazioni patrimoniali che esprimono, pur cessato  il  vincolo
 matrimoniale,  la  residua  solidarieta'  tra coniugi ed il dovere di
 concorrere al mantenimento dei figli - delinei una figura autonoma di
 reato,  rinviando  all'art.  570  del  codice  penale  solo  per   la
 individuazione  della sanzione. Esclude pertanto l'applicabilita' del
 terzo comma dello stesso art. 570, che per la punibilita'  del  reato
 di  violazione degli obblighi di assistenza familiare richiede, salvo
 casi particolari, la querela della persona offesa.
    3. - Le differenze di  trattamento  determinatesi  fra  la  tutela
 penale per i crediti spettanti in caso di divorzio e la tutela penale
 per  le  prestazioni  dovute  in  caso  di  separazione personale dei
 coniugi sono state gia' esaminate dalla Corte e ritenute,  quanto  ai
 profili sostanziali, non in contrasto con l'art. 3 della Costituzione
 (sentenza n. 472 del 1989).
    La   questione   di   legittimita'   costituzionale  riguarda  ora
 esclusivamente l'aspetto processuale della  procedibilita'  d'ufficio
 del  reato,  anziche'  a  querela  di  parte. In precedenza la stessa
 questione era stata sollevata, in un caso nel quale la  parte  offesa
 aveva   presentato   querela   e   si  era  costituita  parte  civile
 manifestando la scelta di perseguire la punizione  dell'  ex  coniuge
 sottrattosi al versamento dell'assegno. In assenza di una propensione
 del  querelante  a  rimettere  la  querela,  la  questione  era stata
 dichiarata inammissibile, in quanto inattuale  o  comunque  prematura
 (sentenza n. 472 del 1989).
    Il  dubbio di legittimita' costituzionale viene riproposto, avendo
 l' ex coniuge, parte offesa, revocato la costituzione di parte civile
 e rimesso, con l'accettazione dell'imputato, la querela, manifestando
 cosi' la volonta' che il reato non sia perseguito. La  soluzione  del
 dubbio  di legittimita' costituzionale si presenta, quindi, attuale e
 rilevante nel  giudizio  principale.  Quale  ulteriore  elemento  per
 valutare  se ricorra la violazione dell'art. 3 della Costituzione, e'
 stata dedotta la situazione dei figli maggiorenni, i quali  pure  non
 hanno inteso perseguire penalmente il genitore inadempiente.
   4.  - L'ordinanza di rimessione segnala le diversita' riscontrabili
 confrontando la parallela disciplina penale  della  sottrazione  agli
 obblighi  di  prestazioni  patrimoniali  e  di assistenza nell'ambito
 familiare e la disciplina dei rapporti che residuano all'esito  dello
 scioglimento del matrimonio, per dedurre la disparita' di trattamento
 e  l'irragionevolezza  dell'omessa previsione della perseguibilita' a
 querela  della  persona  offesa  per  il  reato  previsto   dall'art.
 12-sexies della legge n. 898 del 1970.
    Il  rinvio  che  questa  disposizione  fa  all'art. 570 del codice
 penale, sia pure inteso solo per l'identita' delle sanzioni,  segnala
 la  radice  comune di discipline volte a garantire, rafforzandola con
 l'assistenza  della  pena,  l'osservanza  di  obblighi  che  traggono
 origine,  attuale  o  pregressa, da un rapporto familiare fondato sul
 matrimonio.  La  sentenza  di   divorzio,   difatti,   "non   elimina
 interamente  la  vis  matrimonii,  la  quale  permane  sul  piano dei
 rapporti patrimoniali  nei  limiti  dell'ultrattivita'  del  rapporto
 regolata  dall'art.  5 della legge n. 898 del 1970" (sentenza n. 1009
 del 1988).
    Tuttavia,  per  quanto  concerne  l'assegno  da  corrispondere  al
 coniuge  divorziato,  pur  in  presenza  di  elementi di analogia con
 l'assegno  attribuito   al   coniuge   separato,   esistono   profili
 soggettivi,  attinenti  al permanere o meno del vincolo matrimoniale,
 ed oggettivi, riferibili alla natura ed  al  contenuto  dell'assegno,
 che rendono non del tutto omogenee le due situazioni.
    In  ogni  caso la condizione, indicata dal giudice rimettente come
 ingiustificatamente differenziata, nella quale verrebbe a trovarsi il
 coniuge divorziato rispetto a quello  separato,  riguarda  la  stessa
 configurazione   del  reato:  diverse  sono  le  condotte  penalmente
 sanzionate  dall'art.  12-sexies  della  legge  n.  898  del  1970  e
 dall'art.  570  del  codice  penale,  sicche'  il  discrimine  non e'
 rappresentato solo dalla diversa procedibilita' del reato.
    La parificazione  delle  due  situazioni,  richiesta  dal  giudice
 rimettente,  non  puo'  dunque  essere ottenuta modificando il regime
 della procedibilita'.
    Non  potendosi  considerare  quello  indicato  dall'ordinanza   di
 rimessione  quale  utile  termine  di  comparazione,  il  ricorso  al
 criterio di ragionevolezza sarebbe possibile solo  se  la  disciplina
 normativa,   in  se'  considerata,  fosse  palesemente  arbitraria  o
 manifestamente irrazionale; valutazione questa che  non  si  attaglia
 alla scelta di considerare procedibile d'ufficio il reato configurato
 dalla norma denunciata.
    5.  -  Rimane  da valutare il dubbio prospettato in relazione alla
 posizione  dei  figli.  E'  evidente  il  comune   fondamento   delle
 prestazioni  inerenti  al  loro  mantenimento  da parte dei genitori,
 prestazioni che possono atteggiarsi con  modalita'  diverse,  ma  che
 sono  comunque  espressione  di un medesimo dovere, indipendentemente
 dalla convivenza, dalla separazione o dal divorzio dei genitori.
    Tuttavia  la  descrizione  della diversita' di tutela penale fatta
 dall'ordinanza  di  rimessione,  in  particolare  per  le  situazioni
 riferibili  ai  figli  maggiorenni,  segnala  disarmonie  nel disegno
 normativo, che possono essere superate dal  legislatore  secondo  una
 ponderata  valutazione  dei diversi interessi. L'intervento che viene
 chiesto alla Corte non appare difatti idoneo a conseguire l'obiettivo
 proposto  dall'ordinanza  di  rimessione,  di  rendere  omogenee   ed
 unitariamente  coerenti  le  diverse discipline, perche', se attuato,
 verrebbe in definitiva ad incidere su un solo elemento  che  concorre
 al denunciato squilibrio.
    La questione deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile.