ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli  artt. 11, terzo comma, e 138, primo comma, numero 4, del regio
 decreto 18 giugno 1931, e 773 (Approvazione  del  testo  unico  delle
 leggi  di  pubblica  sicurezza),  promosso con ordinanza emessa il 24
 marzo  1994 dal Tribunale amministrativo regionale della Campania sul
 ricorso  proposto  da  Cirillo  Girolamo  contro  il  Prefetto  della
 Provincia di Caserta, iscritta al n. 30 del registro ordinanze 1995 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 5, prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto di costituzione di Cirillo Girolamo,  nonche'  l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 14 giugno 1995 il Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    1. - A seguito di alcune condanne per il delitto di  emissione  di
 assegni  a  vuoto, il Prefetto della Provincia di Caserta emanava, il
 13 febbraio 1991, decreto di revoca dell'approvazione della nomina di
 Cirillo Girolamo a guardia particolare giurata, del libretto di porto
 d'arma e della licenza di porto  di  pistola.  Il  Cirillo  proponeva
 impugnativa   avanti  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
 Campania e, all'esito della camera di consiglio del 20  giugno  1991,
 vedeva accolta la domanda di sospensione cautelare dell'atto, si' che
 il  Prefetto,  in  data  25  luglio  1991,  revocava il provvedimento
 impugnato "fino alla pronuncia di merito".
    A conclusione della pubblica  udienza  il  suddetto  Tribunale  ha
 sollevato questione di costituzionalita' degli artt. 11, terzo comma,
 e  138,  primo  comma, numero 4, del regio decreto 18 giugno 1931, n.
 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza),
 "nella parte in cui prevede l'automatica revoca delle  autorizzazioni
 di polizia a seguito di condanna penale per delitto".
    2.  -  Premette  il  giudice a quo che - con le conseguenze teste'
 indicate  -  il  Prefetto  di  Caserta  ha  revocato  il  decreto  di
 approvazione  della nomina del Cirillo a guardia particolare giurata,
 ai sensi del combinato disposto degli artt.  11  e  138  del  vigente
 testo  unico  delle leggi di pubblica sicurezza, essendo venute meno,
 dopo le menzionate  condanne,  le  condizioni  che  legittimavano  il
 rilascio  delle  autorizzazioni  di  polizia;  e  sottolinea  che  la
 giurisprudenza amministrativa concorderebbe nel ritenere,  quello  in
 esame,  come  un  caso  di esercizio vincolato della funzione, con la
 revoca automatica dell'autorizzazione.
    L'automatismo  sanzionatorio,  cosi'   ricostruito,   sarebbe   in
 contrasto  con l'art. 3 della Costituzione, per irragionevolezza, non
 essendo assistito da un qualsiasi potere di graduazione che moduli la
 misura in  relazione  alla  gravita'  dell'infrazione  commessa.  Del
 resto,   la   giurisprudenza  costituzionale  ha  gia'  affermato  il
 principio  generale  della  gradualita'  delle   sanzioni   e   della
 possibilita'  di  adeguamento  della  reazione ordinamentale al fatto
 concreto, ritenendo irrazionale, e dunque lesivo  dell'art.  3  della
 Costituzione,  l'automatismo  sanzionatorio previsto dall'art. 85 del
 d.P.R. n. 3 del 1957 (sentenza n. 971 del 1988).
    La questione affrontata dalla  Corte  in  tale  occasione  sarebbe
 sostanzialmente  analoga  a  quella  in  discussione,  atteso  che la
 normativa impugnata statuisce la perdita  automatica  del  titolo  di
 polizia richiesto per la nomina a guardia giurata, comportando quindi
 l'impossibilita',  per  il  ricorrente, di continuare a esercitare la
 propria attivita' lavorativa. Conseguenza sproporzionata,  ad  avviso
 del  giudice a quo, rispetto all'addebito ascritto al Cirillo (alcune
 condanne  a  pena pecuniaria per emissione di assegni a vuoto che non
 desterebbero particolare allarme sociale, in  quanto  espressione  di
 occasionali  difficolta'  economiche e non di una abituale tendenza a
 delinquere).
    Il Consiglio di Stato, ricorda il rimettente,  ha  gia'  sollevato
 analoga  questione  di  costituzionalita',  conclusasi  pero' con una
 pronuncia di restituzione degli atti al collegio  (ordinanza  n.  135
 del 1990) per un nuovo accertamento della rilevanza dopo l'entrata in
 vigore  della  legge  7  febbraio  1990,  n.  19, che con l'art. 4 ha
 sostituito il contenuto dell'art. 166 del codice penale ("La condanna
 a pena condizionalmente sospesa non puo' costituire in alcun caso, di
 per se' sola, motivo .. per il diniego di concessione di licenze o di
 autorizzazioni necessarie per svolgere attivita' lavorativa"). Ma  il
 nuovo testo dell'art. 166 del codice penale - conclude l'ordinanza di
 rimessione  -  non  sarebbe  applicabile  al  caso di specie, si' che
 sarebbe rilevante la questione  di  costituzionalita'  del  combinato
 disposto  degli artt. 11, ultimo comma, e 138, primo comma, numero 4,
 del regio decreto n. 773  del  1931,  "nella  parte  in  cui  prevede
 l'automatica  revoca  delle  autorizzazioni  di  polizia a seguito di
 condanna  penale  per  delitto  e  non  anche  la  possibilita',  per
 l'autorita'  preposta  alla  vigilanza,  di  graduare  la sanzione in
 relazione alla  gravita'  dell'infrazione  commessa  e  quindi  della
 condanna subita".
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 concludendo    per    l'inammissibilita'   o,   in   subordine,   per
 l'infondatezza della questione che  attiene  alla  valutazione  della
 congruita'  delle  sanzioni  amministrative  conseguenti  a  condanna
 penale;  materia  che  e'   riservata   alla   discrezionalita'   del
 legislatore (sentenza n. 270 del 1986).
    4.  - Si e' costituita, fuori termine, la parte privata, chiedendo
 l'accoglimento della  questione  ed  eccependo  l'incostituzionalita'
 delle  disposizioni impugnate anche in riferimento agli artt. 4, 35 e
 97 della Costituzione.
                        Considerato in diritto
    1. - Viene all'esame della Corte, per violazione dell'art. 3 della
 Costituzione,  la  questione  di  costituzionalita'   del   combinato
 disposto  degli  artt. 11, terzo comma, e 138, primo comma, numero 4,
 del regio decreto 18 giugno 1931,  n.  773  (Approvazione  del  testo
 unico delle leggi di pubblica sicurezza), in quanto prevede la revoca
 delle  autorizzazioni di polizia quale sanzione accessoria a condanne
 penali per delitto (nella specie, per l'emissione di assegni a vuoto,
 peraltro sanzionata, in concreto, con la sola pena  pecuniaria).  Con
 un   automatismo  che,  senza  alcuna  possibilita'  di  graduazione,
 comporterebbe la privazione del titolo  richiesto  per  la  nomina  a
 guardia particolare giurata e, quindi, la perdita del posto di lavoro
 presso l'Istituto di vigilanza.
    2. - La questione e' infondata.
    Recentemente  ribadita  con  la  sentenza  n. 220 del 1995, che ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1258,  primo
 comma,  del codice della navigazione, nella parte in cui prevede, per
 il personale marittimo,  la  pena  disciplinare  della  cancellazione
 dagli  albi  o  registri  come  effetto  automatico  della  condanna,
 anziche' sulla base di una valutazione compiuta  dall'amministrazione
 competente, la linea giurisprudenziale di questa Corte - invocata dal
 giudice  a  quo  a  sostegno  dell'accoglimento della questione - non
 viene in alcun modo in rilievo nel caso in esame.
    A prescindere dai profili pubblicistici che connotano la categoria
 delle guardie giurate differenziandole da  altri  prestatori  d'opera
 (v.  l'ordinanza  n.  272  del 1992), resta insormontabile l'ostacolo
 della mancanza d'una ricaduta diretta degli effetti del provvedimento
 prefettizio di revoca  sul  rapporto  di  lavoro  con  l'Istituto  di
 vigilanza.  Dalla  revoca, disposta conseguentemente alla perdita dei
 requisiti  prescritti,  non  deriva  alcun  provvedimento  che,   con
 automatismo, inerisca al rapporto di lavoro della guardia giurata: da
 essa  deriva  soltanto  la  perdita  dell'autorizzazione  di polizia,
 peraltro  ben  giustificata   dal   carattere   fiduciario   connesso
 all'esercizio  delle  funzioni  che  assumono rilievo pubblicistico e
 interesse per la collettivita'. I possibili effetti  (indiretti)  che
 la  revoca  prefettizia  produce  sul  rapporto  di lavoro rimangono,
 invero, al di fuori di un tale scenario e,  comunque,  non  implicano
 necessariamente  la  perdita del posto di lavoro sia per le eventuali
 (libere) valutazioni "datoriali" sia per la possibilita'  di  accordi
 collettivi che, entro certi limiti, consentano un diverso impiego del
 lavoratore.