ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  1,
 della  legge  24  marzo  1993,  n.  75  (Conversione  in  legge,  con
 modificazioni, del decreto-legge 23  gennaio  1993,  n.  16,  recante
 disposizioni  in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di
 immobili  di  civile  abitazione,  di  termini  per  la   definizione
 agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione
 della  ritenuta  sugli  interessi, premi ed altri frutti derivanti da
 depositi e conti correnti interbancari,  nonche'  altre  disposizioni
 tributarie),  e,  in  via  derivata, dell'art. 5, commi 1, 2 e 4, del
 decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della  finanza
 degli  enti  territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre
 1992, n. 421), dell'art. 4  della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421
 (Delega  al  governo  per  la  razionalizzazione e la revisione delle
 discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di  previdenza
 e  di  finanza territoriale), dell'intero capo I del predetto decreto
 legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e dell'art. 2 del  decreto-legge
 23  gennaio  1993,  n.  16  (Disposizioni  in  materia di imposte sui
 redditi, sui trasferimenti  di  immobili  di  civile  abitazione,  di
 termini  per  la  definizione  agevolata  delle situazioni e pendenze
 tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi
 ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti  interbancari,
 nonche'    altre    disposizioni    tributarie),    convertito,   con
 modificazioni, nella legge 24 marzo 1993,  n.  75,  promossi  con  le
 seguenti ordinanze:
      1)   ordinanza   emessa   il  10  novembre  1993  dal  Tribunale
 amministrativo   regionale   dell'Umbria   sul    ricorso    proposto
 dall'Associazione  Proprieta'  Edilizia di Perugia ed altro contro il
 Comune di Foligno ed altro iscritta al n. 176 del registro  ordinanze
 1994  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15,
 prima serie speciale, dell'anno 1994;
      2)  ordinanza  emessa  il  25  giugno  1993  dalla   Commissione
 tributaria   di   secondo  grado  di  Venezia  sul  ricorso  proposto
 dall'Ufficio  Tecnico  Erariale  di  Venezia  contro  Bianchi  Giulia
 iscritta  al  n.  271  del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  21,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1995 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
    Udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
    Ritenuto che con ordinanza emessa il 10 novembre 1993 (R.O. n. 176
 del  1994)  il  Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Umbria  ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 53, 55, 70,  77,  92,
 97, 101, 102, 104, 108, 113 della Costituzione, questione incidentale
 di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 24
 marzo 1993, n. 75  (Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
 decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia
 di  imposte  sui  redditi,  sui  trasferimenti  di immobili di civile
 abitazione, di termini per la definizione agevolata delle  situazioni
 e  pendenze  tributarie,  per  la  soppressione  della ritenuta sugli
 interessi, premi ed  altri  frutti  derivanti  da  depositi  e  conti
 correnti interbancari, nonche' altre disposizioni tributarie); in via
 derivata  dell'art.  5,  commi  1,  2 e 4, del decreto legislativo 30
 dicembre  1992,  n.  504   (Riordino   della   finanza   degli   enti
 territoriali,  a  norma  dell'art.  4 della legge 23 ottobre 1992, n.
 421); dell'art. 4 della legge 23 ottobre  1992,  n.  421  (Delega  al
 governo  per  la razionalizzazione e la revisione delle discipline in
 materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e  di  finanza
 territoriale)   nonche'  dell'intero  capo  I  del  predetto  decreto
 legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;
      che, ad avviso  del  giudice  remittente,  l'art.  2,  comma  1,
 seconda  parte,  della legge 24 marzo 1993, n. 75 e, in via derivata,
 l'art. 5, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo n.  504  del  1992,
 risulterebbero in contrasto con gli artt. 24, 55 e segg., 92 e segg.,
 97 e segg., 101, 102, 103, 104, 108 e segg., e 113 della Costituzione
 per  avere  il  legislatore  "prevaricato  il  diritto  di difesa dei
 cittadini  (contribuenti)   nonche'   le   prerogative   del   potere
 giurisdizionale  mediante  la  sanatoria con efficacia retroattiva di
 una procedura  amministrativa  illegittima"  e  per  avere  del  pari
 prevaricato,  in  contrasto con gli artt. 3, 55 e segg., 70 e segg. e
 97 della Costituzione, "le prerogative di autotutela  della  Pubblica
 amministrazione",    esclusiva   titolare   del   "potere-dovere   di
 riesaminare i propri atti allo  scopo  di  emendarli  e  di  renderli
 conformi alle leggi";
      che,  al  tempo  stesso,  l'art. 4 della legge n. 421 del 1992 e
 l'intero capo I (artt. 1-18) del decreto legislativo n. 504 del 1992,
 prevederebbero "un'imposta comunale  sugli  immobili  avente  marcati
 caratteri di patrimonialita' perche' basata su valori di redditivita'
 dei  medesimi  assolutamente  astratti  e  rivalutabili sulla base di
 parametri non pertinenti e comunque non  attendibili",  in  contrasto
 con:  l'art.  3  della  Costituzione,  per  risultare  i contribuenti
 discriminati "a seconda che siano o meno proprietari di immobili",  a
 prescindere  da  "altre  possibili  fonti di capacita' contributiva";
 l'art. 42, terzo comma, della  Costituzione,  per  attestarsi  questa
 imposta   "sullo  stesso  piano  degli  istituti  ablatori"  e  senza
 previsione di  alcun  ristoro;  l'art.  53  della  Costituzione,  per
 risultare   violato  il  principio  della  capacita'  contributiva  e
 squilibrata  "la  stessa capacita' di contribuzione a tutto danno del
 contribuente proprietario di immobili, senza considerazione alcuna in
 ordine alla pressione tributaria  specifica  che  gia'  opprime  tali
 cespiti rispetto ad altri esentati da tributi diretti";
      che   dette   censure   non   risulterebbero  sminuite,  secondo
 l'ordinanza, dalla disciplina di cui al decreto-legge n. 16 del 1993,
 convertito, con modificazioni, nella legge n. 75 del 1993, la  quale,
 intendendo   comunque   "dar   corso  all'imposizione  sulle  rendite
 immobiliari (con forzature di scelta anche nei confronti  del  libero
 dibattito  parlamentare)"  e,  disattendendo la pronuncia del TAR del
 Lazio concernente l'annullamento del decreto ministeriale 20  gennaio
 1990,   violerebbe  il  principio  della  divisione  dei  poteri,  in
 contrasto con  gli  artt.  70,  77,  101,  102,  104  e  segg.  della
 Costituzione;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
 concluso   per   una  declaratoria  di  non  fondatezza,  atteso  che
 l'ordinanza di rimessione e' identica a quelle sulle quali  la  Corte
 si e' gia' pronunciata con la sentenza n. 263 del 1994;
      che  con  ordinanza  emessa  il  25 giugno 1993 (R.O. n. 271 del
 1994), la Commissione tributaria  di  secondo  grado  di  Venezia  ha
 sollevato,  in riferimento agli artt. 70, 77, secondo comma, 24, 101,
 102, 104, 3  e  53  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  del  gia'  menzionato  decreto-legge 23
 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni,  nella  legge  24
 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui dispone che "fino alla data del
 31  dicembre  1993  restano  in  vigore e continuano ad applicarsi le
 tariffe d'estimo e le rendite  gia'  determinate  in  esecuzione  del
 decreto ministeriale 20 gennaio 1990";
      che,  secondo  il  giudice  remittente,  le  tariffe relative al
 centro storico di Venezia risulterebbero  "enormemente  piu'  elevate
 rispetto  a  quelle  stabilite  per  i  centri storici similari delle
 citta' di Palermo, di Napoli e  di  Firenze",  conseguendone  la  non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 "delle  tabelle  relative al Comune di Venezia (considerato nelle sue
 varie costituenti) in riferimento all'art. 3 della Costituzione";
      che la legge 24 marzo 1993, n. 75, rappresenterebbe  il  momento
 conclusivo  di  una  vicenda  nella  quale  il Governo, attraverso la
 reiterazione  di   numerosi   decreti-legge,   avrebbe   finito   per
 condizionare  "le  scelte  del  Parlamento",  fino  a far considerare
 "ineluttabile" la conversione del decreto-legge n. 16 del  1993,  per
 "l'irreversibilita' delle situazioni nel frattempo intervenute";
      che, in particolare, la norma denunciata contrasterebbe con:
       gli  artt.  3  e 53 della Costituzione, non risultando conforme
 ne'  al  criterio  della  capacita'  contributiva  ne'  a  quello  di
 progressivita'  una  tassazione  delle  rendite  immobiliari  fondata
 "sulla ipotesi di  fruttuosita'  del  valore  capitale  dell'immobile
 costruito  in  base a criteri di tipo patrimoniale", abbandonati, con
 palese  "intrinseca  irrazionalita'",  dalla  medesima  norma  per  i
 periodi successivi al 1994;
       gli  artt.  3, 24 e 53 della Costituzione, perche', per effetto
 del carattere transitorio della tabella, si differiscono "al  periodo
 d'imposta  successivo  all'entrata  in  vigore  dei  nuovi  estimi le
 possibilita'  recuperatorie  del  contribuente   e   il   correlativo
 contenzioso",   realizzandosi   "concretamente,  medio  tempore,  una
 tassazione avulsa dalla capacita' contributiva e  ripristinatoria  di
 una forma di solve et repete, assolutamente incompatibile col sistema
 istituzionale vigente";
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
 concluso per la infondatezza della questione, atteso che la stessa e'
 stata  decisa  con  la  sentenza  n. 263 del 1994 e che "nessun nuovo
 profilo di illegittimita' viene prospettato";
    Considerato che i giudizi possono  essere  riuniti  e  decisi  con
 unica pronuncia, concernendo questioni tra loro connesse;
      che   le   questioni,   salvo   un   nuovo  profilo  prospettato
 nell'ordinanza della  Commissione  tributaria  di  secondo  grado  di
 Venezia,  con  riguardo  alle  tabelle  censuarie,  sono per il resto
 identiche ovvero analoghe a quelle sollevate con altre due  ordinanze
 in  data  10  novembre  1993  del  Tribunale amministrativo regionale
 dell'Umbria (R.O. n. 31 del 1994 e R.O. n. 33 del 1994)  nonche'  con
 altra  ordinanza  in  data  13  maggio  1993 della stessa Commissione
 tributaria di secondo grado di Venezia (R.O. n.  656  del  1993),  in
 ordine alle quali questa Corte si e' gia' pronunziata con sentenza n.
 263  del 1994, dichiarando le questioni stesse in parte non fondate e
 in parte inammissibili;
      che, per i profili o argomenti  che  hanno  formato  oggetto  di
 esame  in  tale  precedente sentenza, le questioni proposte vanno, in
 conformita' ad essa, dichiarate in parte manifestamente  infondate  e
 in parte manifestamente inammissibili;
      che  la  questione  sollevata  dalla  Commissione  tributaria di
 secondo grado di Venezia in riferimento alle  tabelle  delle  tariffe
 d'estimo  relative  al  Comune di Venezia, per asserito contrasto con
 l'art.  3  della  Costituzione,  concerne,   a   parte   ogni   altra
 considerazione,  risultati  applicativi  di  un  uniforme criterio di
 determinazione  delle  tariffe  stesse  e  quindi  non  e'  tale   da
 configurare il lamentato vizio di legittimita' costituzionale;
      che   pertanto   anche  detta  ultima  questione  va  dichiarata
 manifestamente infondata;