ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2,
 della  legge  24  marzo  1993,  n.  75  (Conversione  in  legge,  con
 modificazioni,  del  decreto-legge  23  gennaio  1993, n. 16, recante
 disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti  di
 immobili   di  civile  abitazione,  di  termini  per  la  definizione
 agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione
 della ritenuta sugli interessi, premi ed altri  frutti  derivanti  da
 depositi  e  conti  correnti interbancari, nonche' altre disposizioni
 tributarie), promosso con ordinanza emessa il  9  giugno  1994  dalla
 Commissione  tributaria  di  primo  grado  di  Perugia,  sul  ricorso
 proposto da Luigi  Mencacci  contro  l'Ufficio  Tecnico  Erariale  di
 Perugia  iscritta  al n. 518 del registro ordinanze 1994 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  38,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1995 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
    Udito l'avvocato dello Stato Franco Favara per il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
    Ritenuto  che,  con ordinanza emessa il 9 giugno 1994 (R.O. n. 518
 del 1994), la Commissione tributaria di primo  grado  di  Perugia  ha
 sollevato,  in  riferimento all'art. 77 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della  legge
 24  marzo  1993,  n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del
 decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia
 di imposte sui redditi,  sui  trasferimenti  di  immobili  di  civile
 abitazione,  di termini per la definizione agevolata delle situazioni
 e pendenze tributarie,  per  la  soppressione  della  ritenuta  sugli
 interessi,  premi  ed  altri  frutti  derivanti  da  depositi e conti
 correnti interbancari, nonche' altre disposizioni tributarie);
      che il giudice remittente, rilevato che  la  legge  predetta  ha
 provveduto a convertire l'ultimo decreto-legge di una serie reiterata
 di decreti, ed "altresi', a regolare i rapporti giuridici sorti sulla
 base  di  tutti  i  precedenti  decreti  non convertiti", osserva che
 l'art. 77 della Costituzione  non  consente  la  reiterazione  di  un
 decreto-legge  non  convertito, potendo le Camere, che non provvedano
 nel termine di sessanta giorni, "soltanto regolare con  legge  (legge
 di  regolamento),  i  rapporti sorti sulla base del primo decreto non
 convertito";
      che la questione viene  rimessa  affidando  a  questa  Corte  il
 compito   di   decidere  "come  ricevere  e  valutare  i  profili  di
 incostituzionalita' che  emergono  dalla  fattispecie  che  le  viene
 sottoposta";
      che,  piu'  specificamente, viene rimesso alla Corte di valutare
 "come coniugare l'inerzia delle Camere a convertire i  decreti  e  la
 ineluttabile esigenza per il Governo, quando straordinaria necessita'
 ed  urgenza effettivamente ricorra, di reiterare il decreto-legge non
 convertito"; nonche' di  "affrontare  il  problema  della  tempestiva
 sindacabilita' dei casi straordinari di necessita' ed urgenza addotti
 dal  Governo a giustificazione del provvedimento adottato", anche per
 evitare  che  il  "potere  esecutivo"  si  sottragga  "alla  verifica
 giurisdizionale   prevista   per   tutti   gli  atti  della  Pubblica
 Amministrazione (art. 113 Cost.)";
      che e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per
 chiedere che la  questione  sia  dichiarata  non  ammissibile  o,  in
 subordine,  non  fondata,  atteso che: a) la norma di conversione, di
 per se', converte un solo decreto e non  entra  in  relazione  con  i
 decreti  che  hanno  perso  efficacia;  b) i rapporti giuridici sorti
 nella  base  di   decreti   non   convertiti   vengono   disciplinati
 "direttamente,  senza  la  mediazione dei decreti non convertiti"; c)
 l'art.  77  "reca  una  precisazione  utile,  ma   non   essenziale",
 limitandosi  ad  escludere  "che la mancata conversione di un decreto
 ingeneri un limite alla  potesta'  legislativa  del  Parlamento";  d)
 l'accenno,   nell'ordinanza   di   rimessione,   all'art.  113  della
 Costituzione trascura che "il decreto-legge e'  atto  legislativo"  e
 che  la  giurisdizione  "non  puo'  rivendicare  che,  nelle more del
 giudizio, il legislatore si astenga dal porre nuove  norme";  e)  "la
 c.d.  reiterazione  del  decreto-legge  non  altera  i contenuti e le
 modalita'"  del  controllo  politico   esercitato   dal   Parlamento,
 risultando  erroneo assumere che "piu' decreti si fondano tra loro" e
 formino, in violazione della norma costituzionale, "un atto  unitario
 avente efficacia complessiva superiore a 60 giorni";
    Considerato  che  la questione e' prospettata in termini perplessi
 se   non   addirittura   contraddittori,   non   risultando    chiaro
 dall'ordinanza  se  si intenda censurare il comportamento del Governo
 nel reiterato ricorso allo  strumento  del  decreto-legge  ovvero  il
 comportamento   omissivo   del   Parlamento   nel   procedimento   di
 conversione, sicche' non e' dato apprezzare sotto  quali  profili  si
 verificherebbe il lamentato contrasto con il parametro invocato;
      che,   pertanto,   la  questione  va  dichiarata  manifestamente
 inammissibile.