Ricorso della Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta Provinciale dott. Carlo Andreotti, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 7288 in data 23 giugno 1995, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, L.go della Gancia 1, come da mandato speciale a rogito del notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 27 giugno 1995, n. 60995 di rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt., 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9 e 10, e dei relativi allegati, del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 220, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 129 del 5 giugno 1995, e recante "attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico. F A T T O Il regolamento CEE n. 2029/91 del 24 giugno 1991 disciplina il "metodo di produzione biologico di prodotti agricoli" e la "indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari". Esso stabilisce le condizioni alle quali i prodotti agricoli vegetali non trasformati e i prodotti destinati all'alimentazione umana composti essenzialmente da ingredienti di origine vegetale possono recare indicazioni concernenti il "metodo di produzione biologico" da cui provengono. A tal fine fissa le norme da seguire nella produzione (artt. 6 e 7); prescrive che gli operatori i quali producono o preparano i prodotti ai fini della commercializzazione devono notificare tale attivita' all'autorita' competente dello Stato membro e assoggettare la loro azienda a controlli, gestiti da autorita' designate dallo Stato o da organismi privati, riconosciuti ad opera di un'autorita' designata dallo Stato membro (art. 9); stabilisce che infine gli Stati membri non possono, per motivi concernenti l'etichettatura, il metodo di produzione o la indicazione dello stesso, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti che sono conformi alle disposizioni del regolamento medesimo (art 12). Con decreto del Ministro dell'Agricoltura 23 maggio 1992, n. 338, era stato dettato per l'applicazione delle diposizioni del predetto regolamento CEE, un regolamento, il quale identificava nel Ministero dell'Agricoltura l'autorita' nazionale competente per gli adempimenti amministrativi previsti dalla normativa. Tale regolamento e' stato pero' annullato da questa Corte, su ricorso di alcune regioni ordinarie, con la sentenza n. 278 del 1993, in quanto privo di fondamento legislativo. Successivamente l'art. 42 della legge comunitaria per il 1993 (legge 22 febbraio 1994, n. 146) ha incluso gli artt. 8 e 9 del regolamento CEE n. 2029/91 fra le disposizioni per la cui attuazione il Governo era delegato a dettare norme legislative, nel rispetto, oltre che dei criteri e dei principi direttivi generali stabiliti dall'art. 2 della stessa legge, di quelli piu' specifici enunciati nel secondo comma del medesimo art. 42. Sulla base di tali deleghe e' stato emanato il d.lgs. 17 marzo 1995, n. 220. Tale decreto legislativo contiene pero' disposizioni costituzionalmente illegittime e lesive dell'autonomia della Provincia ricorrente, e dunque viene impugnato da questa per le seguenti ragioni di D I R I T T O 1. - Violazione del termine della delega. Il decreto legislativo impugnato e' stato emanato il 17 marzo 1995, ma pubblicato solo il 5 giugno successivo, quando ormai il termine della delega, di un anno dall'entrata in vigore della legge delegante n. 146 del 1994 (avvenuta il 19 marzo 1994) era largamente scaduto. Benche' la giurisprudenza di questa Corte abbia ammesso che per l'osservanza del termine della delega sia sufficiente che prima della scadenza il decreto venga emanato, anche se non pubblicato, e' ben noto come questa conclusione sia messa in discussione da autorevole dottrina, la quale rileva in particolare che "in tal modo si viene a creare, fra l'emanazione e la pubblicazione dei decreti legislativi, un intervallo di durata imprevedibile, dal quale il Governo e' naturalmente tentato di trarre profitto: fingendo il rispetto del termine della delegazione, la' dove - in sostanza - si travalicano i limiti di tempo previsti dalla Camera, e talvolta si altera la stessa serie procedimentale di formazione delle leggi delegate" (PALADIN, Commento all'art. 76, in Commentario della Costituzione a cura di G.BRANCA, La formazione delle leggi, tomo, II, Bologna-Roma 1979, p. 25, e ivi, nota 2 a p. 24, 25, altri riferimenti). Si noti che l'intervallo fra emanazione e pubblicazione, che un tempo poteva essere utilizzato ai fini dell'esercizio del controllo preventivo di legittimita' della Corte dei conti sul decreto delegato (PALADIN, op. cit., p. 25), oggi tanto meno si giustifica, dopo che l'art. 16 della legge n. 400 del 1988 ha sottratto i decreti legislativi delegati al controllo della Corte dei conti. Gia' sotto questo assorbente profilo il decreto legislativo impugnato si presenta come illegittimo per violazione dell'art 76 della Costituzione, violazione che ridonda in lesione dell'autonomia provinciale dal momento che la scadenza del termine produce, come e' pacifico, il venir meno del potere sulla cui base il Governo ha emanato l'atto contestato. 2. - Violazione dei criteri della delega. Il decreto impugnato attribuisce numerose funzioni amministrative al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali: individua in detto Ministero l'autorita' preposta al controllo ed al coordinamento delle attivita' amministrative e tecnico-scientifiche inerenti all'applicazione del regolamento comunitario (art. 1); attribuisce al Ministero il potere di autorizzare gli organismi che intendono svolgere il controllo sulle attivita' di produzione agricola e di preparazione dei prodotti ottenuti secondo il metodo dell'agricoltura biologica (art. 3) nonche' il potere di revocare l'autorizzazione (art. 4, sesto comma); attribuisce la vigilanza su tali organismi al Ministero, oltre che alle regioni e province autonome per le strutture ricadenti sul territorio di propria competenza (art. 4, secondo comma); individua nel Ministero l'autorita' competente a ricevere il piano-tipo annuale dei controlli, e a formulare (sia pure d'intesa con le regioni e le prov- ince autonome interessate), i rilievi e le osservazioni cui l'organo di controllo deve adeguarsi (art. 5); prevede che presso il Ministero siano istituiti l'elenco nazionale degli operatori dell'agricoltura biologica e l'elenco degli organi di controllo autorizzati (art 9, primo e terzo comma); attribuisce al Ministro il potere di procedere alla modifica e alla integrazione degli allegati al decreto, che specificano il contenuto delle domande di autorizzazione e della documentazione relativa (allegato I), i requisiti tecnici degli organismi di controllo e dei loro amministratori e rappresentanti (all. II), gli obblighi degli organismi di controllo (all. III), il contenuto dei modelli di certificazione a seguito delle ispezioni da parte degli organi di controllo (all. IV); i modelli da utilizzare per le notifiche delle attivita' di produzione, i programmi annuali di produzione, le relazioni di ispezione e i registri aziendali (all. V). Ora, fra i criteri della delega, stabiliti dall'art. 2 della legge n. 146 del 1994, richiamato dall'art. 42, secondo comma, viene qui in rilievo quello di cui alla lettera b, secondo cui "nelle materie di competenza delle regioni a statuto ordinario e speciale e delle prov- ince autonome di Trento e Bolzano saranno osservati l'articolo 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86, e l'articolo 6, primo comma del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1977, n. 616". Tali norme, com'e' noto, prevedono fra l'altro che spettano alle regioni (e dunque anche alle province autonome) "le funzioni amministrative relative all'applicazione dei regolamenti della comunita' economica europea" (art. 6, primo comma, d.P.R. n. 616 del 1977), e che "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di competenza esclusiva, possono dare immediata attuazione alle direttive comunitarie" (art. 9, primo comma, legge n. 86 el 1989). Le norme del decreto impugnato, che attribuiscono al Ministero funzioni amministrative - in materia che e' di competenza esclusiva della provincia autonoma - appaiono dunque in contrasto con i criteri della delega. Parimenti appare in contrasto con i criteri della delega l'art. 2 del decreto legislativo impugnato, che istituisce presso il Ministero il "comitato di valutazione degli organismi di controllo", stabilendone la composizione con membri in assoluta prevalenza di designazione di vari Ministeri (secondo comma). Infatti l'art. 2, lett. a), della legge n. 146 del 1994 (richiamato dall'art. 42, secondo comma) stabilisce che "le amministrazioni direttamente interessate provvederanno all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative". Piu' in particolare, poi, l'art. 1 del decreto impugnato viola i criteri della delega la' dove individua nel Ministero "l'autorita' preposta al controllo". Infatti l'art. 42, secondo comma, lett. a) della legge n. 146 del 1994 stabilisce che il decreto delegato debba provvedere alla "individuazione dell'autorita' di controllo, d'intesa con le Regioni, per le attivita' amministrative e tecnico- scientifiche inerenti l'applicazione dei regolamenti comunitari". L'intesa dunque deve essere raggiunta sulla individuazione dell'autorita' di controllo, e non basta che le Regioni e le Province autonome vengano ammesse a partecipare in qualche modo (in posizione peraltro secondaria e subordinata) alla pianificazione dell'attivita' di controllo, come fa l'art. 5 del decreto. Viceversa l'art. 1 opera unilateralmente la individuazione dell'autorita' preposta al controllo, avendo solo ottenuto un generico parere della conferenza Stato-Regioni sullo schema di decreto, al di fuori di qualsiasi meccanismo di intesa. La violazione dei criteri della delega comporta il contrasto del decreto impugnato con l'art. 76 della Costituzione, contrasto ridondante in lesione dell'autonomia della Provincia ricorrente. 3. - Violazione delle competenze della Provincia. Diverse disposizioni del decreto impugnato ledono inoltre direttamente le competenze della Provincia ricorrente. Esse infatti dispongono in materia di produzione agricola, che e' materia di competenza legislativa primaria e di competenza amministrativa esclusiva della ricorrente ai sensi dell'art. 8, n. 21 e dell'art. 16 dello statuto (oltre che di competenza concorrente della stessa, ai sensi dell'art. 9, n. 3 dello statuto, per quanto riguarda il "commercio"), nonche' delle relative norme di attuazione. Tra cui queste ultime va richiamata in particolare quella di cui all'art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, ai cui sensi spetta alle Prov- ince, nelle materie ad esse attribuite dallo statuto, "provvedere all'attuazione dei regolamenti della Comunita' economica europea ove questi richiedano una normazione integrativa o un'attivita' amministrativa di esecuzione". Infatti, come si e' accennato: a) l'art. 1 del decreto individua nel Ministero l'autorita' preposta al controllo ed al coordinamento delle attivita' amministrative e tecnico-scientifiche inerenti l'applicazione della regolamentazione comunitaria; b) l'art. 2 istituisce un apposito comitato di valutazione degli organismi di controllo; c) l'art. 3 prevede che gli organismi i quali intendano svolgere il controllo sulle attivita' della produzione agricola e della preparazione di prodotti ottenuti secondo il metodo dell'agricoltura biologica devono essere autorizzati dal Ministero, sentito il comitato di cui all'art. 2. Si noti che gli organismi di controllo autorizzati possono esercitare le proprie attivita' su tutto il territorio nazionale (art. 3, terzo comma); e che per di piu' si prevede tra i requisiti per ottenere l'autorizzazione quello che l'organismo abbia una "struttura organizzativa in almeno quattro Regioni o Province autonome", il che automaticamente esclude che possano esservi organismi di controllo autorizzati a base solo provinciale, ammettendosi solo organismi a carattere nazionale o comunque pluriregionale (all. II, parte I n. 6); d) la vigilanza sugli organismi di controllo e' attribuita al Ministero ed insieme alle Regioni e Province autonome (art. 4, secondo comma), ma queste ultime, nel caso in cui emerga che l'organismo non ha piu' i requisiti, possono solo proporre la revoca dell'autorizzazione, che e' pronunciata - anche con riguardo ad una sola delle strutture - dal Ministro (art. 4, terzo, quarto e sesto comma); e) i piani-tipo per l'attivita' di controllo sono trasmessi dagli organismi di controllo alle Regioni e Province autonome interessate e al Ministero: ma solo quest'ultimo, sia pure d'intesa con le Regioni e Province autonome interessate, puo' formulare rilievi ed osservazioni, cui l'organismo deve adeguarsi (art. 5, primo comma): onde la Provincia non potrebbe - senza l'adesione e l'iniziativa del Ministero - ottenere modifiche ai piani medesimi. Si aggiunga che le certificazioni del controllo eseguito devono essere effettuate secondo le norme e i modelli minuziosamente disciplinati dall'allegato IV del decreto; f) anche la notifica dell'inizio dell'attivita' da parte degli operatori, pur effettuata alla Regione o alla Provincia autonoma in cui e' ubicata l'azienda, deve avvenire con le modalita' di cui all'art. 6, primo comma, del decreto e secondo il modello stabilito nell'allegato V, punto 1, del decreto; g) parimenti devono essere utilizzati i moduli di cui all'allegato V per la formulazione del programma annuale di produzione, delle relazioni di ispezione, dei registri aziendali (art. 7); h) l'art. 8 del decreto prevede l'elenco regionale degli operatori, ma disciplinandone la formazione e la suddivisione (secondo e terzo comma); l'art. 9 prevede altresi' elenchi nazionali degli operatori e degli organismi di controllo; i) infine l'art. 10 demanda al Ministro il potere di modificare e integrare gli allegati al decreto, i quali, come si e' visto, disciplinano minuziosamente le attivita' amministrative e di ispezione e stabiliscono, addirittura, la relativa modulistica. E' palese dunque che la Provincia autonoma e' ridotta al rango di semplice esecutrice di talune attivita' amministrative, interamente guidate e disciplinate dal Ministero: con violazione delle sue competenze statutariamente attribuite alla Provincia medesima. Si consideri che la Provincia ricorrente ha gia' dettato, con legge provinciale 10 giugno 1991, n. 13, le "norme in materia di agricoltura biologica", in perfetta conformita' alle norme comunitarie, disciplinando tra l'altro la formazione delle associazioni dei produttori (art. 5) cui e' demandato lo svolgimento dei controlli (art. 13), nonche' la formazione dell'albo delle aziende biologiche (art. 7). Il decreto impugnato viene dunque a sovrapporsi alla legislazione provinciale vigente. D'altra parte esso riferisce le proprie disposizioni anche alle Province autonome (cfr. artt. 4, 5, 6, 8); e dunque - salvo che potesse interpretarsi nel senso che esso non sia direttamente applicabile nella Provincia, ma imponga solo un ipotetico obbligo di adeguamento - esso appare in contrasto anche con l'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266. Peraltro anche un ipotetico obbligo di adeguamento non avrebbe fondamento statutario poiche', trattandosi di materia di competenza primaria della Provincia, non ne sussisterebbero i presupposti, dato che il regolamento comunitario si applica direttamente anche nella Provincia, e la legislazione provinciale e' perfettamente adeguata alle norme comunitarie (e dunque le relative esigenze unitarie sono gia' interamente soddisfatte); e che le ulteriori norme dettate dal decreto non possono certo configurarsi come norme di "riforma economico-sociale".