ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  secondo
 comma,  della  legge  24  novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
 penale), promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1994 dal Pretore
 di Verbania nel procedimento  civile  vertente  tra  Graber  Bleicher
 Ulrich  Hermann  ed  altra e il Comune di Oggebbio iscritta al n. 319
 del registro ordinanze 1994 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  28  giugno  1995  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Ritenuto  che  nel corso del processo di opposizione all'ordinanza
 del Sindaco del Comune di Oggebbio con la quale  veniva  ingiunto  ai
 coniugi Graber Bleicher Ulrich Hermann e Bleicher Barbel il pagamento
 di  una sanzione amministrativa, il Pretore di Verbania ha sollevato,
 in  riferimento  agli  artt.  25,  secondo  comma,  3   e   5   della
 Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 9,
 secondo comma, della legge 24 novembre 1981,  n.  689  (Modifiche  al
 sistema  penale), "nella parte in cui prevede che si applichi in ogni
 caso la disposizione penale salvo che  quest'ultima  sia  applicabile
 solo in mancanza di altre disposizioni penali";
      che  nell'ordinanza  di  rimessione  si  espone  che  i  coniugi
 ricorrenti - per aver eseguito interventi edilizi di ristrutturazione
 di un immobile di  loro  proprieta'  situato  in  area  sottoposta  a
 vincolo  paesaggistico  -  erano  stati  imputati  dei  reati  di cui
 all'art. 20, lettera c), della legge  28  febbraio  1985,  n.  47,  e
 1-sexies della legge 8 agosto 1985, n. 431, ed entrambi condannati in
 primo grado, mentre nel giudizio di appello Bleicher Barbel era stata
 assolta  per  non  aver  commesso  il fatto e nei confronti di Graber
 Bleicher Ulrich Hermann era stata pronunciata sentenza di non doversi
 procedere  per  estinzione  del  reato,  essendo   stata   rilasciata
 concessione in sanatoria;
      che, inoltre, dalla stessa ordinanza si evince che l'ingiunzione
 di  pagamento  a  titolo di sanzione amministrativa - in applicazione
 degli artt. 13 e 16, comma 4, lettera b), della legge  della  Regione
 Piemonte,  3  aprile  1989, n. 20 (Norme in materia di tutela di beni
 culturali, ambientali e paesistici) - e' stata riferita  agli  stessi
 lavori di ristrutturazione oggetto del processo penale;
      che  il  giudice  remittente  osserva  che  lo  stesso  fatto  -
 costituito dalla ristrutturazione di un immobile in  zona  vincolata,
 ai  sensi  della  legge  29  giugno  1939, n. 1497, senza concessione
 edilizia e  senza  preventiva  autorizzazione  paesistica  -  risulta
 punito  da  una disposizione penale (art. 20, lettera c), della legge
 n. 47 del 1985) e da una sanzione amministrativa  prevista  da  norma
 regionale  (artt. 13, primo comma, lettera b), e 16, comma 4, lettera
 b),  della  legge  regionale  n.  20  del   1989),   ricorrendo,   di
 conseguenza,  l'ipotesi  di  concorso  di norme prevista dall'art. 9,
 secondo  comma,  della  legge  n.  689  del  1981,  richiamato  anche
 dall'art.  16,  sesto comma, della legge della Regione Piemonte n. 20
 del 1989;
      che ad avviso del giudice a quo, poiche' la disposizione  penale
 di  cui  all'art.  20  della  legge  n.  47  del  1985 avrebbe natura
 sussidiaria rispetto  ad  altre  norme  penali  che  disciplinano  la
 materia, l'unica disposizione applicabile al caso di specie, ai sensi
 dello  stesso  art.  9  della  legge  n. 689 del 1981, sarebbe quella
 regionale, che prevede la sola sanzione amministrativa;
      che, pertanto, secondo la prospettazione del giudice remittente,
 la disposizione impugnata consentirebbe alle Regioni di  intervenire,
 con  norme  di  "carattere  primario"  suscettibili  di  modificare o
 sostituire disposizioni penali, in contrasto  con  i  principi  della
 riserva  di  legge  statale  in  materia  penale e di eguaglianza dei
 cittadini sull'intero territorio nazionale;
      che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  per chiedere che la questione sia dichiarata
 inammissibile e, comunque, infondata.
    Considerato che l'art. 9, secondo comma, della legge  24  novembre
 1981,  n. 689, impugnato nel presente giudizio, in deroga alla regola
 generale di cui al primo comma dello stesso articolo - che disciplina
 il concorso tra norme nelle ipotesi in cui per lo stesso fatto  siano
 previste  sanzioni penali e sanzioni amministrative disposte da leggi
 statali stabilendo l'applicabilita'  della  disposizione  speciale  -
 dispone che, in caso di concorso tra norme penali e norme regionali o
 delle province autonome di Trento e Bolzano, "si applica in ogni caso
 la  disposizione  penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo
 in mancanza di altre disposizioni  penali",  e  che  da  quest'ultimo
 inciso  del  secondo comma dell'art. 9 il giudice a quo fa discendere
 l'applicabilita',  nel  caso   di   specie,   della   sola   sanzione
 amministrativa  regionale,  ritenendo  di natura sussidiaria la norma
 penale di cui all'art. 20 della legge n. 47 del 1985;
      che, secondo quanto emerge dalla stessa ordinanza di rimessione,
 il fatto illecito che ha legittimato l'ingiunzione sindacale  opposta
 nel  giudizio a quo risulta sanzionato sia dalla norma penale statale
 prevista dall'art. 1-sexies della legge 8 agosto  1985,  n.  431,  di
 conversione  del  decreto-legge  27  giugno  1985, n. 312, che rinvia
 quoad poenam all'art. 20 della legge 28 febbraio  1985,  n.  47,  sia
 dagli artt. 13 e 16 della legge della Regione Piemonte 3 aprile 1989,
 n.   20,   che   prevedono   per   il  medesimo  fatto  una  sanzione
 amministrativa;
     che, secondo quanto esposto dal giudice remittente,  il  giudizio
 penale  relativo  al  fatto  illecito  contestato  ai  ricorrenti nel
 giudizio a quo ha avuto corso sia in primo  grado,  sia  in  fase  di
 appello;
      che  l'art.  20  della  legge  n. 47 del 1985, entrato in vigore
 successivamente alla  disposizione  impugnata,  nel  disciplinare  le
 sanzioni   penali  relative  ai  reati  urbanistici  ed  edilizi,  fa
 espressamente   salva    anche    l'applicazione    delle    sanzioni
 amministrative  previste da altre norme di legge riferite ai medesimi
 fatti, disponendo,  in  deroga  al  criterio  previsto  dall'art.  9,
 secondo  comma,  della  legge  n.  689 del 1981, la concorrenza nella
 materia urbanistica ed edilizia  della  sanzione  penale  con  quella
 amministrativa;
      che,  di  conseguenza,  la  norma  impugnata  non  puo'  trovare
 applicazione nel giudizio a quo, in virtu' della deroga richiamata di
 cui all'art. 20 della legge n. 47 del 1985, che,  in  riferimento  ai
 fatti illeciti ivi sanzionati, ha stabilito il principio del concorso
 materiale della sanzione penale con quella amministrativa;
      che,    pertanto,   la   questione   sollevata   va   dichiarata
 manifestamente inammissibile;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.