ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. 26
 ottobre  1972,  n.  636  (Revisione  della disciplina del contenzioso
 tributario), e dell'art. 80, comma  2,  del  decreto  legislativo  31
 dicembre  1992,  n.  546,  (Disposizioni  sul  processo tributario in
 attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
 30 dicembre 1991, n. 413)  nel  testo  modificato  dall'art.  69  del
 decreto-legge   30   agosto   1993,   n.  331  (Armonizzazione  delle
 disposizioni in materia di imposte sugli ol/' minerali,  sull'alcole,
 sulle  bevande  alcoliche,  sui tabacchi lavorati e in materia di IVA
 con quelle recate da direttive  CEE  e  modificazioni  conseguenti  a
 detta  armonizzazione, nonche' disposizioni concernenti la disciplina
 dei centri  autorizzati  di  assistenza  fiscale,  le  procedure  dei
 rimborsi  di  imposta,  l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa
 fino all'ammontare corrispondente al contributo  diretto  lavorativo,
 l'istituzione  per  il  1993  di un'imposta erariale straordinaria su
 taluni  beni  ed  altre  disposizioni  tributarie),  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  29  ottobre  1993, n. 427, promosso con
 ordinanza emessa il 17 novembre 1994 dalla Commissione tributaria  di
 primo  grado  di  Verbania sui ricorsi riuniti proposti da Zavattieri
 Antonio ed  altro  contro  l'Ufficio  del  registro  di  Domodossola,
 iscritta  al  n.  26  del  registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  5,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  31  maggio  1995  il  Giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
    Ritenuto che, nel corso del giudizio sul ricorso avverso un avviso
 di  accertamento  del  valore  di  immobili  ai  fini dell'imposta di
 registro e dell' imposta sull'incremento  di  valore  degli  immobili
 (INVIM),  la  Commissione  tributaria di primo grado di Verbania, con
 ordinanza del 17 novembre 1994 (R.O. n. 26 del 1995),  ha  sollevato,
 in   riferimento   all'art.  113  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. 26  ottobre  1972,
 n.  636,  nella  parte in cui attribuisce alle Commissioni tributarie
 giurisdizione esclusiva sulle controversie tributarie;
      che il giudice a quo osserva, in proposito, che  le  Commissioni
 tributarie non avrebbero natura di organi di giurisdizione ordinaria,
 e  nemmeno  di giurisdizione amministrativa secondo una pronuncia del
 1980 del Consiglio  nazionale  forense  che,  alla  stregua  di  tale
 rilievo, aveva respinto il ricorso di un giudice tributario inteso ad
 ottenere  la  iscrizione  nell'albo  dei  procuratori  in  virtu' del
 possesso in capo al ricorrente del requisito dello svolgimento  delle
 funzioni di magistrato amministrativo per oltre cinque anni;
      che   con   la   medesima  ordinanza,  la  predetta  Commissione
 tributaria di primo grado di Verbania ha, altresi', impugnato  l'art.
 80,  comma  2,  del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nel
 testo modificato dall'art. 69 del decreto-legge 30  agosto  1993,  n.
 331,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n.
 427, che differisce l'efficacia di tutte le norme del citato  decreto
 legislativo,  e  non  solo  di  quelle  incompatibili  con le attuali
 Commissioni tributarie, alla data di  insediamento  delle  istituende
 Commissioni tributarie provinciali e regionali;
      che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo, la norma in questione si
 porrebbe in contrasto con l'art. 3, primo comma, della  Costituzione,
 sotto  il  profilo  della  irragionevolezza, in quanto la riforma del
 contenzioso tributario, attuata con il predetto d.-lgs.  n.  546  del
 1992,  potrebbe  gia'  trovare  applicazione  ad  opera delle attuali
 Commissioni tributarie per alcune  parti,  quali  quelle  concernenti
 l'assistenza  tecnica,  la  sospensione dell'atto impugnato, le spese
 del giudizio;
      che e' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
 concluso per la infondatezza delle questioni;
    Considerato, quanto alla prima questione, che  il  problema  della
 natura    giuridica    delle    Commissioni   tributarie   e'   stato
 definitivamente risolto da  questa  Corte  nel  senso  del  carattere
 giurisdizionale  delle  stesse  (v., fra le altre, sentenze n. 50 del
 1989; n. 21 del 1986; n. 63 del 1982; n. 215 del  1976;  n.  287  del
 1974)  e  che,  cio'  posto, non puo' ritenersi che l'attribuzione ad
 esse della cognizione in via esclusiva delle controversie  tributarie
 si  ponga  in  contrasto  con  l'art. 113 della Costituzione. Questo,
 infatti, nell'affidare la tutela giurisdizionale dei diritti e  degli
 interessi  legittimi  contro  gli atti della Pubblica Amministrazione
 agli organi di giurisdizione ordinaria ed amministrativa, non intende
 escluderne quegli organi speciali di giurisdizione, preesistenti alla
 entrata in  vigore  della  Costituzione,  che,  come  le  Commissioni
 tributarie,  ai sensi della VI disposizione transitoria di essa, sono
 rimaste in vita - pur in  presenza  del  divieto  di  istituzione  di
 giudici  speciali,  di  cui  all'art. 102 della stessa Costituzione -
 attraverso un procedimento di revisione ai fini  dell'adeguamento  ai
 principi costituzionali (sentenza n. 215 del 1976);
      che,  per  quanto  riguarda il lamentato contrasto dell'art. 80,
 comma 2, del d.-lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con  l'art.  3,  primo
 comma, della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza,va
 rilevato  che  la  norma  impugnata ricollega la data di inizio della
 efficacia  delle  nuove  disposizioni  riguardanti   il   contenzioso
 tributario   a  quella  della  istituzione  delle  nuove  Commissioni
 tributarie provinciali e regionali;
      che la potesta', rimessa alla discrezionalita' legislativa -  ed
 il cui esercizio non costituisce una novita' nell'ordinamento vigente
 -  di  fissare un dies a quo per la efficacia di una nuova disciplina
 processuale, in connessione con una serie  di  adempimenti  necessari
 perche'  essa  possa  essere  attuata,  appare tanto piu' ragionevole
 allorche', come nel caso di specie, l'entrata in vigore della riforma
 richieda una radicale modificazione  delle  strutture  attraverso  la
 costituzione  di  nuovi organismi giurisdizionali (con la correlativa
 esigenza di modifiche della procedura);
      che,  del  resto,  come  gia'  rilevato  da  questa  Corte,   la
 istituzione  delle nuove Commissioni tributarie e' adempimento di non
 lieve momento, destinato a svolgersi in un ragionevole arco di  tempo
 (ordinanza n. 230 del 1994);
      che,  pertanto, entrambe le questioni sollevate vanno dichiarate
 manifestamente infondate;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;