ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma  3,
 della  legge  2  gennaio  1991,  n.  1  (Disciplina dell'attivita' di
 intermediazione  mobiliare  e  disposizioni  sull'organizzazione  dei
 mercati mobiliari), promosso con ordinanza emessa il 31 dicembre 1994
 dal  Pretore  di  Tortona nel procedimento civile vertente tra la ECU
 s.i.m. s.p.a. ed il Ministero del tesoro,  iscritta  al  n.  113  del
 registro  ordinanze  1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto di costituzione  della  s.p.a.  ECU  s.i.m.,  nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1995 il Giudice relatore
 Fernando Santosuosso;
    Uditi  l'avvocato  Giuseppe  Gianni  per  la  ECU  s.i.m. s.p.a. e
 l'avvocato dello Stato Antonino Freni per il Presidente del Consiglio
 dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del procedimento civile vertente tra la ECU  s.i.m.
 s.p.a.  e  il  Ministero  del  tesoro,  il  Pretore  di  Tortona, con
 ordinanza emessa il 31  dicembre  1994,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,  comma  3, della legge 2
 gennaio 1991, n.  1  (Disciplina  dell'attivita'  di  intermediazione
 mobiliare  e disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari),
 nella parte in  cui  non  prevede  la  responsabilita'  solidale  del
 rappresentante della societa' di intermediazione mobiliare (s.i.m.) e
 della  stessa societa' per il pagamento della sanzione amministrativa
 ad essa irrogata,  nonche'  il  diritto  di  regresso  nei  confronti
 dell'autore della violazione, in riferimento all'art. 3, primo comma,
 della Costituzione.
    Ritiene  il  giudice rimettente che la disposizione impugnata, non
 indicando i soggetti destinatari delle sanzioni e  dei  provvedimenti
 cautelari  dalla  stessa  previsti - mentre dalla lettura complessiva
 della  stessa  tali  sanzioni  sembrerebbero  doversi  riferire  alla
 societa' di intermediazione, con esclusione dei rappresentanti legali
 o  degli  amministratori  -,  introdurrebbe  una  diseguaglianza  nel
 trattamento sanzionatorio  rispetto  a  quello  stabilito  per  altre
 societa' soggette ad organi di controllo al pari della la ricorrente.
    Come   tertia   comparationis   vengono   indicate   la  normativa
 riguardante le imprese assicuratrici  contenuta  nell'art.  6,  terzo
 comma,  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689, e la disposizione
 relativa all'esercizio dell'attivita' bancaria di  cui  all'art.  144
 del decreto legislativo 30 (recte: 1› settembre 1993, n.  385).
    L'analogia tra le situazioni poste a raffronto appare al giudice a
 quo evidente, trattandosi di violazioni commesse nell'esercizio delle
 funzioni  o  delle incombenze connesse all'attivita' sociale da parte
 di  soggetti  investiti  di  poteri  di   rappresentanza   -   o   di
 amministrazione  o di direzione - o da parte di dipendenti di imprese
 operanti in particolari settori economici di generale interesse:  non
 avrebbe  pertanto  razionale  giustificazione l'esclusione solo per i
 soggetti contemplati dalla  disposizione  impugnata  del  vincolo  di
 solidarieta'   nel   pagamento  della  sanzione  fra  l'autore  della
 violazione e l'ente in rappresentanza o  alla  dipendenze  del  quale
 abbia  agito, nonche' del diritto di regresso dell'ente nei confronti
 dell'autore della violazione.
    Sul punto della rilevanza, il giudice a quo sottolinea che qualora
 fosse dichiarata l'illegittimita' costituzionale  della  disposizione
 impugnata,  la societa' opponente potrebbe recuperare l'importo della
 sanzione agendo in via di regresso contro chi ha dato causa alla  sua
 applicazione.
    2.  -  Nel giudizio davanti a questa Corte si e' costituita la ECU
 s.i.m.  s.p.a.,  chiedendo   che   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale sia accolta.
    La  parte  preliminarmente  motiva  sulla  sicura  rilevanza della
 questione, in primo luogo in quanto dall'eventuale accoglimento della
 stessa deriverebbe l'illegittimita' del provvedimento  impugnato  (in
 quanto  diretto  a  sanzionare  la sola societa' e non anche l'autore
 della violazione); ed in secondo luogo  in  quanto  dall'accoglimento
 della questione deriverebbe la possibilita' per la stessa societa' di
 agire in via di regresso nei confronti degli autori dell'illecito.
    Quanto al merito della questione, si ribadiscono le argomentazioni
 svolte  nell'ordinanza  di rimessione, ritenendo che questa Corte non
 potrebbe esimersi dal dichiarare  l'incostituzionalita'  della  norma
 avvalendosi  del noto concetto di dichiarazione d'incostituzionalita'
 di norma ostativa implicita.
    3. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo che la questione sia dichiarata  inammissibile  o  comunque
 infondata.
    L'Avvocatura  dello Stato rileva, in primo luogo, che la questione
 difetta del requisito della rilevanza, in  quanto  in  ogni  caso  la
 E.C.U.  s.i.m.  s.p.a.  sarebbe  tenuta  all'adempimento per l'intero
 (art. 1292 del codice civile), e non potrebbe sollevare obiezioni  in
 ordine  alla  scelta  del  creditore  di pretendere da essa l'intero,
 ovvero, in assenza di un'apposita previsione del  c.d.  beneficio  di
 escussione,  in ordine alla escussione di altri eventuali debitori in
 solido.
    Nel merito, la  difesa  erariale  ritiene  che  la  questione  sia
 (manifestamente) infondata.
    Essendo    ormai    pacifica   l'applicabilita'   delle   sanzioni
 amministrative nei  confronti  delle  persone  giuridiche  (quali  le
 s.i.m.),  ed  essendo  la  responsabilita' della persona giuridica in
 relazione  all'attivita'  compiuta  dai   suoi   organi   comunemente
 qualificata  come  responsabilita' diretta in ragione del rapporto di
 immedesimazione organica, ritiene la difesa erariale che  la  diretta
 riferibilita'  della  sanzione  pecuniaria  alla  sola  societa'  sia
 coerente con il sistema sanzionatorio delineato  dall'art.  13  della
 legge  n. 1 del 1991. La "omessa previsione" denunciata dal giudice a
 quo  non  sarebbe  da  intendersi  come   "esclusione":   sul   punto
 l'ordinanza  di  rimessione  sarebbe  pertanto carente, non avendo il
 giudice cercato di colmare la lacuna mediante il ricorso ai  principi
 generali  desumibili  dalla  disciplina  sistematica  delle  sanzioni
 amministrative dettata dalla legge n. 689 del 1981.
    Peraltro, essendo la funzione della solidarieta' passiva quella di
 garantire il creditore, l'eventuale esclusione  dell'obbligazione  in
 solido  di  altri  soggetti  per il pagamento della sanzione potrebbe
 riflettersi  (negativamente)  solo  sulla  posizione  della  pubblica
 amministrazione  creditrice,  ma in ragione di una scelta legislativa
 non arbitraria, bensi' coerente al  sistema  e  che  potrebbe  essere
 ulteriormente  giustificata  dalla  semplificazione  (degli elementi)
 della fattispecie sanzionata e del procedimento sanzionatorio.
    Le suesposte  ragioni  fanno  escludere  l'irragionevolezza  della
 disposizione   impugnata:  se  cio'  tuttavia  non  bastasse,  rileva
 l'Avvocatura  che  nell'ordinanza  di  rimessione   manca   qualsiasi
 spiegazione  della  preferenza  palesata  dal  giudice  a  quo per le
 soluzioni diverse adottate in altri settori, specie tenendo conto che
 le banche sono assoggettate  allo  stesso  trattamento  sanzionatorio
 delle s.i.m. quando svolgano attivita' di intermediazione mobiliare e
 in relazione alle infrazioni riferibili a tale attivita' non bancaria
 (art.  12,  comma  2,  della legge n. 1 del 1991, le cui disposizioni
 sono state fatte espressamente salve dall'art. 160 del testo unico).
                        Considerato in diritto
    1. - La questione sottoposta all'esame della Corte  e'  se  l'art.
 13,   comma   3,  della  legge  2  gennaio  1991,  n.  1  (Disciplina
 dell'attivita'   di   intermediazione   mobiliare   e    disposizioni
 sull'organizzazione  dei  mercati  mobiliari), nella parte in cui non
 prevede la responsabilita' solidale del rappresentante della societa'
 di intermediazione mobiliare (s.i.m.), nonche' della stessa societa',
 per il pagamento della sanzione amministrativa,  ne'  il  diritto  di
 regresso della stessa nei confronti dell'autore della violazione, sia
 in  contrasto  con  il principio d'eguaglianza stabilito dall'art. 3,
 primo comma, della Costituzione, in relazione a  quanto  diversamente
 stabilito  dagli  artt. 6, terzo comma, della legge 24 novembre 1981,
 n. 689 e 144 del decreto legislativo 1› settembre 1993, n. 385.
    2.   -    La    difesa    erariale    eccepisce    preliminarmente
 l'inammissibilita'  della  questione  per  difetto  di  rilevanza nel
 giudizio a quo, osservando che, anche qualora fosse  riconosciuto  un
 obbligo  solidale  dell'amministratore  della societa', questa, nella
 presente ipotesi di responsabilita', ed in mancanza di una  specifica
 previsione  del c.d. beneficio di escussione, sarebbe comunque tenuta
 all'adempimento per  l'intero  (art.  1292  del  codice  civile).  La
 sollevata  questione  sarebbe,  invece, rilevante solo nell'eventuale
 giudizio  che  il  solvens  volesse  instaurare  per  rivalersi   nei
 confronti di altri soggetti responsabili.
    L'eccezione  non e' condivisibile, poiche' diversa e' l'ipotesi di
 un debito che, pur essendo dovuto per l'intero, e'  pero'  di  natura
 solidale.  Inoltre,  l'azione di regresso puo' essere esercitata solo
 se consentita dalla legge: per cui nel presente giudizio, riguardante
 il pagamento della sanzione amministrativa, la  societa'  chiamata  a
 rispondere   ha   interesse   a   sapere  che  l'obbligo  si  estende
 solidalmente ai suoi amministratori, al fine di  porsi  eventualmente
 nella condizione di chiamarli in giudizio per rivalsa.
    3. - La questione di costituzionalita' e' pero' infondata.
    L'Avvocatura  dello  Stato deduce anzitutto che la responsabilita'
 amministrativa non richiede necessariamente la  sua  estensione  alle
 persone  che  hanno  agito  in  rappresentanza, dal momento che detta
 responsabilita' - in forza del rapporto di immedesimazione organica -
 e' direttamente riferibile all'ente. E tale riferibilita' e' coerente
 con il sistema sanzionatorio previsto dalla legge n. 1 del 1991, come
 confermato  dalle  altre  misure  della   sospensione   dall'Albo   o
 dall'esercizio dell'attivita'.
   La  deduzione e' esatta, avendo in proposito questa Corte affermato
 che  il  principio  della  personalita'  della  pena  non  ha  alcuna
 attinenza  con le sanzioni amministrative (sentenza n. 159 del 1994).
 Ma cio' non e' tuttavia preclusivo  dell'esame  della  questione,  in
 quanto il giudice a quo non contesta che la societa' sia destinataria
 della sanzione, ma si duole che di questa non rispondano solidalmente
 anche  gli amministratori, cosi' come altre leggi prevedono per altre
 imprese omogenee.
    4. - Soggiunge la difesa erariale che la  solidarieta'  passiva  -
 peraltro prevista soprattutto per una maggiore garanzia del creditore
 -  non  deve  necessariamente  essere stabilita dalla legge speciale,
 essendo gia' offerta a tutte le societa'  in  base  ad  altre  leggi,
 oltre che dal diritto comune.
    Questa  deduzione  e'  sufficiente  a  far  ritenere  infondata la
 questione. In proposito occorre richiamare l'art. 6, della  legge  n.
 689 del 1981, che, in tema di sanzioni amministrative, stabilisce che
 "se  la violazione e' commessa dal rappresentante o dal dipendente di
 una persona giuridica o di un ente privo di personalita' giuridica o,
 comunque, di un imprenditore nell'esercizio delle proprie funzioni  o
 incombenze,  la  persona  giuridica  o  l'ente  o  l'imprenditore  e'
 obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento  della
 somma da questo dovuta. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha
 pagato  ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore
 della violazione".
     Questa disposizione ha valore di principio generale con  riguardo
 alle  sanzioni  amministrative:  in  quanto tale, essa contribuisce a
 specificare  la  portata  normativa  della  disposizione   impugnata,
 consentendo  di  superare  il  vizio di illegittimita' costituzionale
 prospettato in questa sede.
    D'altro canto, lo  stesso  sistema  delineato  dal  codice  civile
 (artt.  2392  e seguenti), contempla l'ipotesi di una responsabilita'
 degli amministratori nei confronti della societa', stabilendo i  casi
 ed i modi con cui essa puo' farsi valere.
    5.  -  L'ultima  deduzione della difesa erariale - per contrastare
 piu' specificamente la disparita' di  trattamento  normativo  fra  le
 societa'  sotto la vigilanza della CONSOB e quelle sotto la vigilanza
 dell'ISVAP e della Banca d'Italia - risulta superata da quanto  sopra
 osservato  (n. 4) circa la sussistenza della responsabilita' solidale
 anche nella situazione che forma oggetto di questo giudizio.