ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 47-  bis  della
 legge  26  luglio  1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario), promosso
 con ordinanza emessa il 23 febbraio 1995 dal Tribunale di  Prato  nel
 procedimento  di esecuzione nei confronti di Martini Massimo iscritta
 al n. 198 del registro ordinanze 1995  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  16, prima serie speciale, dell'anno
 1995;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 14 giugno 1995 il Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto che, nel corso di un incidente di esecuzione  avverso  il
 decreto  del  p.m. che aveva respinto una richiesta di scarcerazione,
 avanzata da un tossicodipendente detenuto in espiazione di  pena,  ai
 sensi  dell'art.  47-  bis  della  legge  del  26 luglio 1975, n. 354
 (Ordinamento penitenziario), il Tribunale di Prato adito  -  premesso
 che  il  riferito provvedimento risultava effettivamente in contrasto
 con il citato art. 47- bis che attribuisce al p.m.  (od  al  Pretore)
 solo   una   verifica  formale  delle  condizioni  di  ammissibilita'
 dell'affidamento, cui deve conseguire l'immediata  scarcerazione  del
 richiedente,  e  non anche una valutazione di merito sulla fondatezza
 della  domanda  riservata  al  successivo  esame  del  Tribunale   di
 sorveglianza  quale  giudice della rieducazione - ha conseguentemente
 sollevato,  con  ordinanza  del  23  febbraio  1995,   questione   di
 legittimita'  del  predetto  art.  47- bis in riferimento all'art. 27
 della Costituzione;
      che, ad avviso del giudice a quo, la disciplina dell'affidamento
 in prova di  soggetti  tossico-alcooldipendenti  gia'  sottoposti  ad
 espiazione   di   pena  -  come  articolata  dalla  norma  denunciata
 attraverso la riferita duplicita' di fasi ed il previsto "automatismo
 della  scarcerazione"   in   dipendenza   del   mero   riscontro   di
 ammissibilita'  dell'istanza  -  risulterebbe  potenzialmente  lesiva
 degli effetti afflittivi e rieducativi della  pena,  comportando  una
 "sospensione  necessaria  (non  condizionata da alcuna valutazione di
 merito  ne'  da  parte  del  p.m.  ne'  da  parte  del  Tribunale  di
 sorveglianza)   della   esecuzione   della   pena,   non   sostituita
 immediatamente da alcuna misura  alternativa".  Dal  che  appunto  la
 prospettata violazione dell'art. 27 della Costituzione;
      che,   nel  giudizio  innanzi  alla  Corte,  e'  intervenuto  il
 Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite  dell'Avvocatura
 di  Stato,  che  ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' della
 impugnativa per  incompetenza  del  giudice  a  quo  ad  emettere  il
 provvedimento di scarcerazione in oggetto;
    Considerato   che   deve   respingersi   la   riferita   eccezione
 dell'Avvocatura;
      che, infatti, la  proponibilita'  dell'incidente  di  esecuzione
 avverso  il  provvedimento del p.m. adottato ai sensi del citato art.
 47- bis - ancorche' non  espressamente  prevista  dalla  legge  -  e'
 ritenuta  coerente  al  sistema  dalla  dottrina  che  si e' occupata
 dell'argomento ed e' stata anche ammessa dalla Cassazione  in  taluni
 recenti  pronunzie,  per  cui  le  riserve  che  si  vogliano tuttora
 avanzare sulla esattezza di tale soluzione certamente non evidenziano
 quel "macroscopico difetto di competenza" del giudice a quo che  solo
 potrebbe  rilevare,  in  questa  sede,  ai  fini  della  verifica  di
 ammissibilita' (cfr. sentenza n. 263 del 1994; ordinanze n.  349  del
 1993; n. 120 del 1993);
      che, nel merito, la questione e' manifestamente infondata;
      che,  infatti  - nel quadro della peculiare forma di affidamento
 in esame, conformata alla  singolarita'  della  situazione  dei  suoi
 destinatari,  nei  confronti  dei  quali  si  giustifica una risposta
 correlativamente    differenziata    dell'ordinamento    penale     -
 l'automatismo  della scarcerazione, che si censura, risponde invece a
 ragionevoli finalita' di incentivazione della scelta terapeutica  che
 il   legislatore   (anche   scontando   in  partenza  il  rischio  di
 atteggiamenti strumentali del richiedente)  espressamente  ha  inteso
 privilegiare  rispetto  ad ogni altro trattamento risocializzante, in
 prospettiva del superamento dello stato di tossicodipendenza;
      che  e',   peraltro,   comunque   arbitrario   il   collegamento
 presupposto  dal Tribunale rimettente tra finalita' rieducative della
 sanzione e necessita' di una sua continuativa applicazione;
      che, pertanto, la temporanea interruzione della pena (in attesa,
 come nella specie, della sua sostituzione con la misura alternativa o
 di una sua riconferma) non potrebbe, in ogni caso, di per se' violare
 - come a torto quindi si ipotizza - l'art. 27 della Costituzione.