ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 445 del codice di procedura penale, promossi con tre ordinanze emesse il 21 novembre 1994 dal Pretore di Cremona nei procedimenti penali a carico di Piazzi Fabio Bruno, iscritte ai nn. 87, 88 e 89 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1995; Udito nella camera di consiglio del 12 luglio 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Pretore di Cremona, prima ancora di aprire i dibattimenti a carico della medesima persona imputata della contravvenzione di possesso ingiustificato di valori prevista dall'art. 708 del codice penale, ha, di fronte alla concorde richiesta della parti di applicazione della pena a norma degli artt. 444 e seguenti del codice di procedura penale, con tre ordinanze dal contenuto pressoche' identico, tutte pronunciate il 21 novembre 1994, denunciato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, l'art. 445 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che "il giudice, pronunciando la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ordini la confisca delle somme e degli oggetti di cui l'imputato della contravvenzione p. e p. dall'art. 708 CP non giustifichi la provenienza"; che il giudice a quo, premesso che le somme in questione, non costituendo prezzo ma profitto del reato, non rientrano fra le cose assoggettabili a confisca ai sensi dell'art. 240, secondo comma, del codice penale, appositamente richiamato dalla norma denunciata, ravvisa nel sistema cosi' articolato una rinuncia "ad espropriare cose che con alta probabilita' ritorneranno nel circuito criminoso" vanificando, per giunta, lo stesso precetto dell'art. 708 del codice penale; che, in tal modo, l'art. 445 del codice di procedura penale vulnererebbe sia l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza, consentendo all'imputato di ricavare utilita' dal proprio operare contra legem, sia l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, perche' l'impossibilita' di "espropriare il denaro e le altre utilita' provenienti dall'attivita' delinquenziale, pur nella logica di premialita' che ispira il patteggiamento, neutralizza la funzione di tendenziale recupero sociale" che l'ora indicato parametro costituzionale assegna alla pena; che nel giudizio non si e' costituita la parte privata ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri; Considerato che le tre ordinanze sollevano un'identica questione e che, dunque, i relativi giudizi vanno riuniti; che la questione e' stata gia' dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza n. 282 del 1995, in quanto la realizzazione del petitum che il giudice a quo tende a conseguire resta preclusa a questa Corte, "spettando interventi additivi di tal genere al solo legislatore che, nella sfera della sua discrezionalita', puo' operare scelte anche derogatorie rispetto a quelle previste in via generale in relazione alla sentenza di patteggiamento" (v. anche ordinanza n. 334 del 1994); che, non risultando adottati argomenti nuovi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.