ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo unico della
 legge  regionale  della Toscana 6 aprile 1989, n. 22 (Interpretazione
 autentica  dell'art.  3  della  legge  regionale  n.  80  del   1978:
 Modificazioni    e    riordino   della   disciplina   relativa   alla
 determinazione  della   indennita',   rimborso   spese,   trattamento
 economico  e  delle  missioni  al Presidente e ai membri del Comitato
 regionale di controllo e sezioni decentrate), promosso con  ordinanza
 emessa  il  13 aprile 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per
 l'Umbria sul  ricorso  proposto  da  Mangiapane  Antonino  contro  la
 Regione  Toscana,  iscritta  al  n. 658 del registro ordinanze 1994 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della  Regione  Toscana  e  di
 Mangiapane Antonino;
    Udito nell'udienza pubblica del 2 maggio 1995 il Giudice  relatore
 Riccardo Chieppa;
    Uditi  gli  avvocati Mario Rampini per Mangiapane Antonino e Carlo
 Mezzanotte per la Regione Toscana.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel  corso  del  procedimento  promosso  dal  dott.  Antonino
 Mangiapane nei confronti della Giunta regionale della Toscana avverso
 l'annullamento  d'ufficio di una delibera di accoglimento di proposta
 transattiva, il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria,  con
 ordinanza  del  13  aprile  1994 (r.o. n. 658 del 1994), ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo  unico  della
 legge  regionale  della Toscana 6 aprile 1989, n. 22 (Interpretazione
 autentica  dell'art.  3  della  legge  regionale  n.  80  del   1978:
 Modificazioni    e    riordino   della   disciplina   relativa   alla
 determinazione  delle   indennita',   rimborso   spese,   trattamento
 economico  e  delle  missioni  al Presidente e ai membri del Comitato
 regionale di controllo e sezioni decentrate).
    Nell'ordinanza vengono,  anzitutto,  sintetizzate  le  varie  fasi
 della  vertenza oggetto del giudizio innanzi al Collegio remittente e
 le lunghe e complesse vicende processuali parallele.
    Si espone, in particolare, che essendo stato il dottor  Mangiapane
 - attualmente segretario generale del Comune di Perugia - autorizzato
 dall'amministrazione  di  provenienza,  per  il  periodo in cui aveva
 svolto le funzioni di Segretario generale delle Province di  Siena  e
 di  Arezzo, a risiedere a Perugia, egli riteneva di aver diritto, per
 le sedute di quelle sezioni  decentrate  del  Comitato  regionale  di
 controllo  (CORECO)  alle  quali  aveva  partecipato  quale membro di
 diritto, all'applicazione in  suo  favore  dell'art.  3  della  legge
 regionale  della  Toscana  n.  80  del  1978,  secondo cui "a tutti i
 componenti effettivi e supplenti che risiedono in un  comune  diverso
 da  quello sede del Comitato o delle sezioni spetta il rimborso delle
 spese di viaggio quando si rechino alle sedute del Comitato  o  delle
 sezioni".
    Pertanto,  egli  chiedeva,  ed otteneva la emissione di un decreto
 ingiuntivo per la corresponsione degli importi  relativi  al  periodo
 novembre 1980-novembre 1981, relativo allo svolgimento delle funzioni
 di  componente  del  CORECO di Siena, decreto, peraltro, revocato dal
 Tribunale di Firenze con decisione confermata in appello.
    La Corte di cassazione, con sentenza n. 5194 del 12  giugno  1987,
 accoglieva   il  ricorso  dell'interessato,  con  rinvio  alla  Corte
 d'appello di Bologna.
    Nelle more del giudizio di rinvio, la Regione Toscana  emanava  la
 legge  n.  22  del  6  aprile 1989, il cui articolo unico dispone che
 l'art. 3 della citata legge regionale n. 80 del 1978 deve  intendersi
 nel  senso  che  il  rimborso delle spese di viaggio compete nei soli
 casi di spostamento del soggetto interessato  al  fine  esclusivo  di
 partecipare  alle  sedute  del  Comitato, con esclusione, quindi, del
 caso  in  cui  il  componente  del  Comitato  stesso  sia  tenuto  ad
 effettuare   tale   spostamento  per  motivi  inerenti  alla  propria
 attivita' lavorativa, come era nel caso di specie.
    La Corte d'appello di  Bologna  rigettava,  poi,  il  ricorso  del
 dottor Mangiapane, alla stregua della predetta normativa, ed anche la
 Cassazione  si  pronunciava  negli  stessi termini con la sentenza n.
 12997 del 9 dicembre 1992, impugnata per revocazione. Ma in  pendenza
 del  giudizio  di  rinvio  innanzi  alla predetta Corte d'appello, la
 regione, adeguandosi alla  prima  sentenza  della  Cassazione,  aveva
 intrapreso  trattative per risolvere transattivamente la vertenza, e,
 quanto  agli  importi  richiesti  dall'interessato  per  il   periodo
 dicembre 1981-giugno 1987, aveva deciso di liquidare una somma in suo
 favore (della quale piu' tardi avrebbe richiesto la restituzione).
    La  commissione  di controllo annullava, frattanto, la delibera di
 approvazione della  transazione,  ma  la  relativa  decisione  veniva
 impugnata  con  ricorso  straordinario  al  Capo  dello Stato, il cui
 accoglimento determinava la reviviscenza della prima delibera. Questa
 veniva, poi,  nuovamente  annullata,  questa  volta  d'ufficio  dalla
 regione, in virtu' della sopravvenuta legge n. 22 del 1989.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per l'Umbria, chiamato a
 decidere sull'impugnativa nei  confronti  del  disposto  annullamento
 d'ufficio,  sospetta  la  illegittimita' costituzionale dell'articolo
 unico della legge della Regione Toscana 6 aprile 1989, n. 22.
    Il Collegio remittente solleva, al riguardo, un  dubbio  circa  la
 reale    connotazione   della   norma   in   questione   come   norma
 interpretativa,  osservando  che  essa  compie  una   operazione   di
 integrazione   testuale,  e  cioe'  prevede  delle  limitazioni  alla
 spettanza del rimborso  delle  spese  non  contenute  nel  previgente
 disposto normativo.
    Vi sarebbe, pertanto, un eccesso di potere legislativo nonche' una
 violazione  dei  principi  costituzionali  che regolano la formazione
 delle  leggi  e  di  quello  di  ragionevolezza  ex  art.   3   della
 Costituzione.
    Ove,   poi,   ritenuta  norma  di  interpretazione  autentica,  la
 disposizione  de  qua  violerebbe  altri  parametri   costituzionali:
 caducando  gli effetti della menzionata decisione di accoglimento del
 ricorso  straordinario  proposto  dall'interessato,  si  porrebbe  in
 contrasto  con  le norme costituzionali poste a tutela del diritto di
 difesa, e quindi con gli artt. 24, primo e secondo comma, e 113 della
 Costituzione  e,  incidendo  su  situazioni  definite,  violerebbe  i
 principi di certezza del diritto, di parita' di trattamento, corretto
 andamento  dell'attivita' dell'amministrazione, lealta' e trasparenza
 di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    Il  Collegio  remittente  ravvisa,  altresi',  nella  disposizione
 denunciata  un  contrasto  con il principio di irretroattivita' della
 legge, di cui all'art. 11 delle preleggi, e, quindi, ancora una volta
 con  il  principio  di  ragionevolezza  di  cui  all'art.   3   della
 Costituzione,  nella misura in cui la legge interpretativa, in quanto
 retroattiva, viene a ledere rapporti ormai definiti.
    Parimenti, il  mancato  rispetto  di  tale  limite  da  parte  del
 legislatore  regionale  violerebbe  l'art.  117,  primo  comma, della
 Costituzione.
    2. - Nel giudizio si sono costituiti sia la Regione  Toscana,  sia
 la  parte  privata, la prima chiedendo il rigetto della questione, la
 seconda insistendo per il suo accoglimento.
    3.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  entrambe   hanno   depositato
 memorie.
    In  quella  presentata  nell'interesse  della  regione, si insiste
 nelle conclusioni rassegnate alla  stregua  del  carattere  realmente
 interpretativo  della legge regionale n. 22 del 1989 che, in presenza
 di interpretazioni giurisprudenziali diverse, ha chiarito che  l'art.
 3  della  legge  regionale  n.  80  del  1978  va letto alla luce del
 principio  della  rimborsabilita'  delle  sole  spese  effettivamente
 sostenute dal componente del CORECO che sia obbligato a spostarsi dal
 comune  di  residenza  specificamente in ragione della partecipazione
 alla seduta del Collegio.
    Secondo  la  difesa  della  regione, quindi, la legge impugnata si
 sarebbe   limitata   a   privilegiare   una   delle   due   possibili
 interpretazioni,  uno  dei significati gia' insiti nella citata norma
 di cui all'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978. Ne' la  legge
 impugnata  sarebbe  intervenuta,  come sostiene il giudice a quo , ad
 incidere, caducandone gli effetti, sulla  decisione  di  accoglimento
 del    ricorso   straordinario   al   Capo   dello   Stato   proposto
 dall'interessato avverso la delibera della commissione di  controllo,
 che   aveva   annullato   quella   regionale  di  approvazione  della
 transazione intervenuta. Il d.P.R. con il quale tale ricorso e' stato
 accolto e', infatti, successivo all'emanazione della legge stessa.
    L'interpretazione  privilegiata  dalla   disposizione   impugnata,
 d'altra parte, lungi dall'arrecare vulnus alla parita' di trattamento
 ed al principio di buona amministrazione, sarebbe stata dettata, come
 si  legge  nella  relazione  alla  legge  n.  22  del  1989,  proprio
 dall'esigenza di evitare lo snaturamento  del  concetto  di  rimborso
 quale  ristoro  di  un  onere  subito  tramutandolo  in  un beneficio
 economico supplementare, con conseguente difformita'  di  trattamento
 tra  i  vari  componenti  del  Collegio  ed  aggravio  di  oneri  per
 l'amministrazione regionale.
    Quanto al rilievo del  carattere  retroattivo  della  disposizione
 impugnata,  la  difesa  della  regione ha ricordato la giurisprudenza
 costituzionale secondo la  quale,  fuori  dalla  materia  penale,  al
 legislatore  non  e' inibito dettare norme con efficacia retroattiva,
 ed ha rilevato che nella specie  non  di  legge  retroattiva  vera  e
 propria  si  tratterebbe,  ma  di  legge  che  attribuisce  carattere
 vincolativo all'interpretazione autentica della norma preesistente.
    La difesa  della  parte  privata  ha,  invece,  insistito  per  la
 declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della  disposizione
 censurata ponendo l'accento  sul  carattere  non  interpretativo,  ma
 innovativo  della stessa, e comunque sulla circostanza che la pretesa
 economica del dottor Mangiapane,  basata  su  effettive  esigenze  di
 rimborso  spese, era stata riconosciuta fondata da una sentenza della
 Cassazione,  che  aveva  affermato  un  principio  di   diritto   poi
 vanificato  dalla legge n. 22 del 1989. Questa, emanata con procedura
 d'urgenza nella pendenza del giudizio innanzi alla Corte d'appello di
 Bologna che avrebbe dovuto applicare  il  principio  enunciato  dalla
 Cassazione,  avrebbe,  quindi,  avuto  il solo scopo di precludere il
 definitivo esito favorevole in  quel  giudizio.  Nel  contempo,  essa
 avrebbe   inciso   sulla   decisione   di  accoglimento  del  ricorso
 straordinario del Mangiapane al Capo dello Stato.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  l'Umbria  ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo
 unico della legge regionale della Toscana 6 aprile 1989, n. 22.
    Secondo la prospettazione  del  giudice  a  quo,  la  disposizione
 impugnata,   sotto   lo  schermo  di  una  interpretazione  autentica
 dell'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1978,  introdurrebbe  una
 sostanziale   modificazione   della   disciplina   previgente.  Essa,
 pertanto, realizzerebbe un'ipotesi di eccesso di potere legislativo e
 si porrebbe in contrasto con i parametri costituzionali che  regolano
 la  formazione  delle  leggi  -  che vanno individuati, in assenza di
 espressa menzione nella ordinanza di rimessione, negli  artt.  123  e
 127  della Costituzione, relativi all'attivita' legislativa regionale
 - nonche' con l'art. 3 della  Costituzione  sotto  il  profilo  della
 ragionevolezza.
    Per  l'ipotesi  in  cui  la  Corte ritenga configurabile la natura
 interpretativa della disposizione de qua, il Collegio  remittente  vi
 ravvisa ulteriori profili di incostituzionalita', in riferimento alle
 norme  poste  a  tutela del diritto di difesa, e cioe' agli artt. 24,
 primo e  secondo  comma,  e  113  della  Costituzione,  perche'  essa
 caducherebbe  gli  effetti  della  decisione  di  accoglimento  di un
 ricorso straordinario al Capo dello  Stato,  e  cioe'  di  uno  degli
 strumenti   di   tutela  nei  confronti  degli  atti  della  Pubblica
 Amministrazione; nonche' in riferimento  agli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione, in quanto, incidendo su situazioni definite per effetto
 di  accordo  tra  le  parti  e  con  valenza  di posizioni di diritto
 soggettivo, violerebbe i principi di certezza del diritto, di parita'
 di trattamento, di  corretto  andamento,  di  lealta'  e  trasparenza
 dell'attivita'   della   Pubblica   Amministrazione;   ed  ancora  in
 riferimento  al  principio  di  ragionevolezza  ex   art.   3   della
 Costituzione   poiche',   applicandosi   retroattivamente,  lederebbe
 rapporti  preteriti  e  quindi  intangibili,  e  all'art.  117  della
 Costituzione,  sotto  il  profilo  del mancato rispetto, da parte del
 legislatore regionale, del predetto limite dei rapporti definiti.
    2. - La questione non e' fondata.
    La legge regionale della Toscana 22 dicembre 1978, n. 80, all'art.
 3, primo comma,  dispone  che  "a  tutti  i  componenti  effettivi  e
 supplenti  che  risiedono  in  un  comune  diverso da quello sede del
 Comitato o delle sezioni spetta il rimborso delle spese  di  viaggio,
 quando  si  rechino  alla  seduta  del  Comitato  e  delle  sezioni",
 stabilendo, poi, al secondo comma, la misura del rimborso in  ragione
 della  distanza tra il comune di residenza e quello sede del Comitato
 e delle sezioni.
    Su tale disposizione il legislatore regionale  e'  successivamente
 intervenuto  con  l'articolo  unico,  oggi  censurato,  della legge 6
 aprile 1989, n. 22.
    La norma in questione dispone che l'art. 3 della  legge  regionale
 22  dicembre  1978,  n. 80 "deve intendersi nel senso che il rimborso
 delle spese di viaggio compete  nei  soli  casi  di  spostamento  del
 soggetto interessato al fine esclusivo di partecipare alle sedute del
 Comitato  o delle sue sezioni", e chiarisce che "comunque il rimborso
 non compete quando l'interessato sia tenuto a tale spostamento per il
 compimento  di  doveri  inerenti  la  propria   ordinaria   attivita'
 lavorativa".
    3.  -  Deve  essere, anzitutto, premesso che i principi in tema di
 disposizioni interpretative, definiti dalla giurisprudenza di  questa
 Corte  in  relazione  alle leggi statali, sono estensibili anche alle
 leggi con le quali  una  regione  interpreta  autenticamente  proprie
 precedenti normative (sentenza n. 397 del 1994).
    Pertanto,  ai  fini del presente giudizio, va anzitutto verificato
 il rispetto di tali principi  da  parte  della  legge  impugnata.  Il
 ricorso  a  leggi  di  interpretazione  autentica  non puo', infatti,
 secondo la costante giurisprudenza della  Corte,  essere  utilizzato,
 come  il  giudice  a  quo sospetta che sia avvenuto nella specie, per
 attribuire a norme innovative una surrettizia efficacia  retroattiva,
 in  quanto in tal modo la legge interpretativa verrebbe meno alla sua
 funzione peculiare, che e' quella  di  chiarire  il  senso  di  norme
 preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso
 compatibili  col  tenore  letterale (sentenze n. 15 del 1995 e n. 397
 del 1994).
    Ritiene questa Corte, in risposta a specifica censura,  che  nella
 legge   oggetto  del  presente  giudizio,  a  prescindere  dalla  sua
 autoqualificazione,  sono  ravvisabili  i  caratteri   propri   della
 interpretazione  autentica,  e  che  quindi  non  si  tratta di legge
 sostanzialmente innovativa con effetti retroattivi.
    Induce  a  tali  conclusioni  anzitutto  la  considerazione  della
 sussistenza,   nella  fase  anteriore  alla  emanazione  della  legge
 regionale n. 22 del  1989,  di  un  dubbio  interpretativo  di  cosi'
 rilevante  portata  da  aver  dato  luogo,  nei  diversi  gradi di un
 medesimo  giudizio,  come  specificato  in  narrativa,  a   decisioni
 contrastanti.
    Infatti,  sia  il  Tribunale  che  la  Corte di appello di Firenze
 avevano negato il diritto al rimborso delle spese di viaggio relative
 alla partecipazione del dottor Mangiapane alle  sedute  del  Comitato
 regionale  di  controllo  in  considerazione della coincidenza tra il
 luogo di esplicazione delle sue funzioni  e  la  sede  della  sezione
 decentrata  del  Comitato, diritto poi riconosciuto dalla Cassazione.
 Inoltre, sulla base dei principi generali del pubblico impiego e  del
 relativo  trattamento  economico,  come  applicati  dalla  prevalente
 giurisprudenza amministrativa, deve  escludersi  la  possibilita'  di
 missione  o  trasferta - e, conseguentemente, di rimborso di spese di
 viaggio  -  nell'ambito  del  luogo  di  espletamento  delle  normali
 funzioni  di  istituto  da  parte  del soggetto legato da rapporto di
 pubblico impiego; e cio' anche con riferimento ad  attivita'  diverse
 da quelle proprie del rapporto fondamentale.
    In  presenza  di  siffatto  indirizzo giurisprudenziale, ancorche'
 tutt'altro che univoco, non sono riscontrabili i vizi denunciati. Non
 puo', infatti, censurarsi sul piano della  ragionevolezza  la  scelta
 interpretativa  operata  dal legislatore regionale toscano, che e' in
 senso conforme ad analoghe normative di altre regioni  (si  veda,  al
 riguardo,  l'art. 7 della legge regionale delle Marche 2 agosto 1984,
 n. 20), e, a ben vedere, in armonia con la  ratio  ispiratrice  della
 norma  di  cui all'art. 3, terzo comma, lettera b), della legge dello
 Stato 18 dicembre 1973, n. 836, sul trattamento economico di missione
 e di trasferimento dei dipendenti statali, nella parte in cui esclude
 l'indennita' di trasferta per le missioni compiute nella localita' di
 abituale dimora.
    Ed invero, l'autorizzazione al dipendente pubblico a risiedere  in
 un  comune  diverso  dalla  localita' sede di servizio, come chiarito
 anche   dalla   giurisprudenza   amministrativa,    viene    concessa
 nell'interesse  privato  del  funzionario,  in  deroga  ad un preciso
 obbligo giuridico: il relativo onere economico  non  puo',  pertanto,
 essere posto a carico dell'amministrazione.
    Ne'  e'  lecita  alcuna illazione in ordine ad un presunto intento
 del legislatore strumentale al solo caso riferito, e non  diretto  ad
 una  generalita' astratta di consociati, bensi' volto a vanificare il
 giudizio della Cassazione. Tra l'altro, non apparendo sostenibile che
 il caso oggetto di quel giudizio fosse l'unico in cui potesse sorgere
 questione di interpretazione dell'art. 3 della legge regionale  della
 Toscana n. 80 del 1978, era ragionevole un intervento che inquadrasse
 l'interpretazione  e  l'applicazione  entro  i  principi generali del
 pubblico impiego e dei relativi trattamenti economici accessori.
    4.  -  Il  carattere  interpretativo  della legge in esame non e',
 tuttavia, decisivo ai fini della verifica di conformita' ai  precetti
 costituzionali.  La giurisprudenza di questa Corte ha individuato una
 serie di limiti alla potesta' di emanazione di leggi  interpretative,
 nel  cui  novero  vanno  considerati, oltre alla ragionevolezza della
 scelta  operata,  il  divieto   di   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento,  la  coerenza  e certezza del diritto, il rispetto delle
 funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenza
 n. 397 del 1994).
    In  particolare,  il  giudice  a  quo  ritiene  che  la  normativa
 impugnata  si  ponga  in  contrasto con i principi costituzionali che
 presidiano il diritto di difesa (artt. 24, primo e secondo  comma,  e
 113  della  Costituzione)  vanificando gli effetti della decisione di
 accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato,  proposto
 dal Mangiapane.
    Al   riguardo,   e'   sufficiente  rilevare,  per  confutare  tale
 argomentazione, che,  come  posto  in  evidenza  dalla  difesa  della
 Regione  Toscana,  la legge interpretativa de qua e' anteriore, e non
 successiva, all'accoglimentodel ricorso straordinario con il quale il
 dottor Mangiapane  aveva  impugnato  l'annullamento  da  parte  della
 Commissione   di  controllo  della  delibera  di  approvazione  della
 transazione intervenuta tra l'interessato e la regione. La  decisione
 di  quel  ricorso,  del  resto,  era  stata  determinata  da  ragioni
 attinenti alla validita' dell'atto transattivo, e del tutto  estranee
 alla  interpretazione controversa della norma di cui all'art. 3 della
 legge n. 80 del 1978.
    5. - Quanto alla censurata violazione dei principi di certezza del
 diritto, parita' di trattamento,  corretto  andamento  dell'attivita'
 dell'amministrazione, lealta' e trasparenza, di cui agli artt. 3 e 97
 della  Costituzione, che, secondo quanto si deduce nella ordinanza di
 rimessione, deriverebbe dall'avere la normativa impugnata  inciso  su
 situazioni  definite per effetto di accordo tra le parti, va ribadito
 - a prescindere dalla considerazione che l'accordo transattivo,  come
 chiarito  in  narrativa,  riguardava  solo  una  parte  della lunga e
 complessa  vicenda  giudiziaria  che  e'  all'origine  del   presente
 giudizio  - quanto gia' affermato in ordine alla ragionevolezza della
 legge impugnata. La legge stessa e' valsa,  al  contrario  di  quanto
 ritenuto  dal  giudice  a  quo,  ad  evitare uno stravolgimento delle
 finalita'  della  norma  regionale  interpretata,  impedendo  -  come
 osservato  nella relazione sulla proposta di legge interpretativa poi
 approvata - che il concetto di rimborso quale  ristoro  di  un  onere
 subito  si  tramuti  in  un  "beneficio economico supplementare", con
 conseguente, irragionevole disparita' di trattamento tra i componenti
 del Collegio e pesante aggravio per  l'amministrazione  regionale,  a
 parte  ogni  contrasto con i principi generali relativi agli obblighi
 di servizio e trattamento economico accessorio del  pubblico  impiego
 sopra richiamati.
    6.  - L'ultima censura da valutare riguarda il lamentato contrasto
 della disposizione in esame  con  il  principio  di  irretroattivita'
 della legge e, quindi, ancora una volta, con quello di ragionevolezza
 di  cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto la legge retroattiva
 lederebbe rapporti ormai definiti,  nonche'  con  l'art.  117,  primo
 comma  della  Costituzione,  per  il  mancato  rispetto  da parte del
 legislatore regionale dello stesso principio di irretroattivita'.
    Come  e'  noto,  il  principio  di irretroattivita' delle leggi ha
 ottenuto in  sede  costituzionale  garanzia  specifica  soltanto  con
 riguardo  alla  materia  penale  ex  art.  25,  secondo  comma, della
 Costituzione: e' pur vero che esso  mantiene  per  le  altre  materie
 valore  di  principio  generale  ai  sensi dell'art. 11, primo comma,
 delle disposizioni preliminari del codice civile, cui il  legislatore
 deve  in  via preferenziale attenersi: ma la possibilita' di adottare
 norme dotate di efficacia retroattiva non puo'  essere  esclusa,  ove
 esse  vengano  a  trovare un'adeguata giustificazione sul piano della
 ragionevolezza e non si pongano in contrasto  con  altri  principi  o
 valori  costituzionalmente  protetti  (sentenze n. 397, n. 153 e n. 6
 del 1994).
    Nella  fattispecie,  inoltre,  non  si  verte  in  tema  di  legge
 retroattiva,  ma  di  legge  interpretativa,  in cui il momento della
 esegesi,  come  gia'  chiarito,  si  salda  con   quello   precettivo
 integrandosi con esso, per dar luogo ad una disposizione unitaria: la
 legge   interpretativa   comporta  ontologicamente  un  carattere  di
 riferimento al passato, intendendo che la norma intepretata abbia fin
 dall'origine un determinato contenuto.
    Se siffatto elemento  di  retroattivita'  connaturale  alla  legge
 interpretativa  ceda  di  fronte alla intangibilita' del giudicato e'
 problema che non involge la fattispecie all'esame della Corte, in cui
 nessun giudicato si era formato. Infatti la Cassazione, con la  prima
 sentenza  n.  5194  del  12  giugno 1987, aveva enunciato, sulla base
 della norma vigente, un  principio  di  diritto,  vincolante  per  il
 giudice  di  rinvio nella vigenza della norma stessa, poi travolto da
 una successiva legge di interpretazione autentica, operante quale ius
 superveniens, mentre con successiva sentenza (soggetta a giudizio  di
 revocazione),  n.  12997 del 9 dicembre 1992, la stessa Cassazione ha
 poi confermato la sentenza  di  appello  contenente  il  rigetto  del
 ricorso.
    7.  -  Alla  stregua delle esposte argomentazioni, viene a cadere,
 altresi', il dubbio di contrasto con l'art. 117, primo  comma,  della
 Costituzione.