ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2,
 della legge 30 luglio 1990, n.  217  (Istituzione  del  patrocinio  a
 spese  dello  Stato per i non abbienti) promosso con ordinanza emessa
 il 26 gennaio 1995 dal Pretore di Padova nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Posa  Gioanni  ed  altra, iscritta al n. 182 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 giugno 1995 il Giudice
 relatore Renato Granata.
                           Ritenuto in fatto
    Con ordinanza in data 26 gennaio 1995, emessa in  un  procedimento
 penale  nel  quale  l'imputata  aveva  chiesto  di  essere ammessa al
 patrocinio pubblico ex lege 30 luglio 1990, n.  217,  il  Pretore  di
 Padova  -  premesso  che  "secondo  tale attuale normativa la domanda
 avrebbe  dovuto  essere  accolta"  perche'  l'istante  non  risiedeva
 anagraficamente con i genitori, dai quali pur aveva ammesso di essere
 aiutata  economicamente - ha reputato di conseguenza rilevante, e non
 manifestamente infondata in riferimento agli artt. 2,  3,  24,  terzo
 comma, della Costituzione, onde ha sollevato questione incidentale di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2, della citata legge
 n. 217 del 1990 "nella parte in cui limita ai familiari conviventi  e
 non  ai familiari che mantengono un collegamento economico, pur nella
 diversita' di residenza anagrafica,  la  determinazione  del  reddito
 rilevante per l'ammissione al patrocinio pubblico".
    Nel  giudizio  innanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei ministri, che ha concluso  per  la  non  fondatezza  di
 siffatta questione.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte e' chiamata a decidere se contrasti con gli artt, 2,
 3  e 24, terzo comma, della Costituzione la disposizione dell'art. 3,
 comma 2,  della  legge  30  luglio  1990,  n.  217  (Istituzione  del
 patrocinio  a  spese dello Stato per i non abbienti), "nella parte in
 cui limita ai familiari conviventi e non ai familiari che  mantengono
 un   collegamento   economico,  pur  nella  diversita'  di  residenza
 anagrafica, la determinazione del reddito rilevante per  l'ammissione
 al patrocinio pubblico".
    Secondo  il  Pretore  a  quo,  irragionevolmente  -  oltreche' con
 ingiustificata disparita' di trattamento  di  situazioni  omogenee  e
 contro  esigenze  di  effettiva solidarieta' sociale e garanzia della
 difesa ai non abbienti - la norma denunciata condurrebbe ad ammettere
 al beneficio  soggetti  che,  come  accertato  nella  specie  per  la
 richiedente,   continuano  a  godere  del  sostegno  economico  della
 famiglia di origine, solo perche' essi  hanno  deciso  di  vivere  da
 soli,  facendo  venire  cosi'  meno, con la situazione di convivenza,
 anche la valutabilita' dei redditi facenti capo ai componenti di tale
 famiglia.
    2. - La questione e' infondata.
    Nel richiedere la formale convivenza per il computo cumulativo dei
 redditi conseguiti da ogni componente della famiglia  ai  fini  della
 verifica  del  requisito  della  non  abbienza  che  da'  diritto  al
 patrocinio pubblico, la disposizione impugnata appresta,  invero,  un
 criterio (per l'accertamento della condizione reddituale nella specie
 rilevante)   che,   per   il  suo  carattere  obiettivo  e  l'agevole
 riscontrabilita', e' certamente funzionale alle esigenze di effettiva
 solidarieta' e garanzia della difesa nei confronti del non  abbiente,
 di  cui  agli  artt.  2  e 24, terzo comma, Costituzione, che a torto
 quindi si ipotizzano violati.
    Neppure sussiste la denunciata disparita' di  trattamento,  attesa
 la   disomogeneita'   delle   situazioni  comparate  in  rapporto  al
 discrimine della "convivenza" che, ove sussistente, comporta  infatti
 una  peculiare organizzazione economica della famiglia, che invece in
 fatto manca quando si abbia soltanto un mero, sia  pur  apprezzabile,
 collegamento   economico   (concretantesi   in   aiuti,  sovvenzioni,
 contributi) tra non conviventi.
    Per altro, il rapporto economico che in tali forme intercorra  tra
 l'interessato  ed  altre  persone  non  conviventi  non  e'  privo di
 rilevanza ai fini della ammissione al beneficio in  esame,  dovendosi
 nella  nozione di reddito, ai detti effetti, ritenere comprese - come
 gia' precisato con sentenza n. 144 del 1992 - le risorse di qualsiasi
 natura di cui il richiedente disponga e quindi,  appunto,  anche  gli
 aiuti  economici  (significativi e non saltuari) in qualsiasi forma a
 lui prestati da familiari o terzi. Per cui, in definitiva,  mentre  -
 ragionevolmente  -  ai fini indicati, il computo di redditi propri di
 soggetti diversi dall'istante e' legato al criterio  oggettivo  della
 convivenza,  non  e' comunque esclusa la computabilita', come redditi
 direttamente imputabili all'interessato  richiedente,  di  contributi
 (economicamente  apprezzabili)  a  lui provenienti da non conviventi,
 ove in concreto accertati "con gli ordinari mezzi di prova,  tra  cui
 le  presunzioni  semplici  previste  all'art. 2729 cod.civ., quali il
 tenore di vita ed  altri  fatti  di  emersione  della  percezione  di
 redditi" (sent. n. 144 del 1992 cit.).