ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  promosso  con  ricorso  di Giuseppe Calderisi, Lorenzo
 Strik Lievers ed Elio Vito, promotori e presentatori  dei  referendum
 in  materia  di  commercio,  di  elezioni  comunali  e  di contributi
 sindacali, ammessi dalla Corte costituzionale con le sentenze nn.  3,
 4,  10  e  13  del  1995, e fissati, con decreti del Presidente della
 Repubblica del 5 aprile  1995,  per  la  data  dell'11  giugno  1995,
 notificato  il  5  giugno 1995, depositato in Cancelleria il 9 giugno
 1995, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto-legge
 19 maggio 1995, n. 182, recante "Disposizioni urgenti per la  parita'
 di  accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e
 referendarie" ed iscritto al n. 18 del registro conflitti 1995;
    Visto l'atto di costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'11  luglio  1995  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi  l'avvocato  Beniamino  Caravita  di  Toritto  per  Giuseppe
 Calderisi,  Lorenzo  Strik  Lievers  ed  Elio Vito e l'avvocato dello
 Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso del 30 maggio 1995, depositato il 2 giugno  1995,
 Giuseppe  Calderisi,  Lorenzo  Strik Lievers e Elio Vito, promotori e
 presentatori dei referendum in  materia  di  commercio,  di  elezioni
 comunali   e   di   contributi   sindacali,   ammessi   dalla   Corte
 costituzionale con le sentenze nn. 3, 4, 10 e 13 del 1995, e fissati,
 con decreti del Presidente della Repubblica del 5 aprile 1995, per la
 data dell'11 giugno 1995, hanno sollevato conflitto  di  attribuzione
 nei  confronti  del Garante per la radiodiffusione e l'editoria e del
 Governo, in  persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 esponendo che i provvedimenti del Garante del 12 aprile 1995, recante
 "Regolamento  per  la  disciplina  della comunicazione sulla stampa e
 sulla radiotelevisione relativa ai referendum abrogativi per  la  cui
 votazione  e'  fissata  la  data  del  giorno 11 giugno 1995", del 13
 maggio 1995, recante "Integrazioni e modifiche delle disposizioni  12
 aprile  1995 relative alle campagne referendarie sulla stampa e sulla
 radiotelevisione" e del 22 maggio 1995, recante  "Disposizioni  rela-
 tive    alle    campagne    referendarie   sulla   stampa   e   sulla
 radiotelevisione", nonche' il decreto-legge 19 maggio 1995,  n.  182,
 recante  "Disposizioni  urgenti per la parita' di accesso ai mezzi di
 informazione  durante  le  campagne   elettorali   e   referendarie",
 risultano  lesivi  dei  poteri di rilievo costituzionale spettanti al
 comitato promotore dei  suddetti  referendum,  con  violazione  degli
 artt. 21, 41, 48, 75, 77 e 136 della Costituzione.
    Nel   ricorso   si   richiama   preliminarmente   la   consolidata
 giurisprudenza costituzionale che ha riconosciuto  la  legittimazione
 attiva  a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri ai promotori
 dei referendum abrogativi e, per quanto concerne il  Garante  per  la
 radiodiffusione  e  l'editoria,  si espone che la qualifica di potere
 dello  Stato  deriverebbe  dalla  sua  posizione   di   autonomia   e
 indipendenza  dal  Governo  nonche'  dalle  attribuzioni di immediata
 attuazione della Costituzione conferiti a tale organo dalle leggi che
 lo disciplinano.
    Passando all'esame degli atti del Garante impugnati, i  ricorrenti
 osservano  che il provvedimento del 22 maggio dispone la prosecuzione
 dell'applicazione delle norme previste dai due precedenti atti del 12
 aprile e del 13 maggio  1995,  da  considerare  decaduti  insieme  al
 decreto-legge  n. 83 del 1995, non convertito nei termini di legge, e
 che le norme attualmente in vigore previste dal decreto-legge n.  182
 del   1995,  che  ha  disposto  la  reiterazione  con  modifiche  del
 precedente decreto-legge, non attribuiscono al Garante  alcun  potere
 al  fine  di disporre limitazioni al diritto politico fondamentale di
 proporre messaggi pubblicitari durante le campagne referendarie.
    Pertanto, nel ricorso si afferma che i provvedimenti impugnati del
 Garante sono viziati da assoluta carenza di potere.
    In relazione al  decreto-legge  n.  182  del  1995,  i  ricorrenti
 contestano  la  carenza  dei  presupposti  di  necessita'  e  urgenza
 richiesti dall'art. 77 della Costituzione, nonche' il fatto  che,  in
 relazione   alla   materia   referendaria,  lo  stesso  decreto-legge
 risulterebbe incostituzionale  per  violazione  dell'art.  136  della
 Costituzione, dal momento che l'atto in questione pone limitazioni al
 diritto  alla  pubblicita'  referendaria,  in  contrasto  con  quanto
 affermato dalla Corte nella sentenza n. 161 del 1995. Infine,  sempre
 ad  avviso dei ricorrenti, il decreto n. 182 del 1995, essendo frutto
 di una reiterazione, limiterebbe indebitamente per la seconda  volta,
 dopo   il   decreto-legge   n.  83  del  1995,  un  diritto  politico
 fondamentale.
    2. - Con ordinanza n. 226 del  2  giugno  1995,  questa  Corte  ha
 dichiarato ammissibile il conflitto nei confronti del Governo, ma non
 del  Garante  per la radiodiffusione e l'editoria, dal momento che le
 attribuzioni di questo organo,  disciplinate  dalla  legge  ordinaria
 (art. 6 della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni
 e  integrazioni),  non sono state ritenute di rilievo costituzionale,
 ne' tali da giustificare - nonostante  la  particolare  posizione  di
 indipendenza  riservata  all'organo nell'ordinamento - la sussistenza
 del requisito relativo alla competenza a dichiarare in via definitiva
 la volonta' di uno dei poteri dello Stato.
    3. - Nel giudizio davanti alla Corte  ha  spiegato  intervento  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che il ricorso sia
 dichiarato inammissibile ovvero, in subordine, infondato.
    Nella memoria depositata l'Avvocatura contesta la permanenza di un
 interesse nella parte ricorrente e, sotto diverso profilo,  l'attuale
 esistenza  giuridica  della stessa parte ricorrente, osservando che i
 referendum in questione si sono gia' svolti in data 11 giugno 1995  e
 che  il  comitato  dei  promotori non puo' essere configurato come un
 organo o un potere costituito stabilmente, ma solo in relazione  allo
 svolgimento del referendum.
    Secondo  l'Avvocatura il conflitto e' inammissibile anche sotto un
 profilo  oggettivo,  dal  momento  che  nel  caso   di   specie   non
 ricorrerebbe  la  condizione richiesta dalla sentenza n. 161 del 1995
 della Corte costituzionale, consistente nell'esistenza di  situazioni
 non  piu'  reversibili  ne'  sanabili,  in  presenza  delle  quali il
 conflitto puo' trovare ingresso anche nei confronti di atti con forza
 di legge.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  nella  fattispecie  in  esame,   non
 sussisterebbe  neppure  la  "evidente mancanza" dei presupposti della
 necessita' e dell'urgenza richiesti dall'art. 77  della  Costituzione
 che,  secondo  la  sentenza n. 161 del 1995, consente il sindacato di
 merito della  Corte,  dal  momento  che  il  provvedimento  impugnato
 risulta adottato nell'imminenza dei referendum ed allo scopo evidente
 di adeguare il tessuto normativo alla sentenza n. 161.
    Infine, nella memoria si contestano anche le censure riferite agli
 artt. 21, 41 e 48 della Costituzione.
    4.  - Con atto in data 8 luglio 1995, depositato in cancelleria il
 10 luglio 1995,  i  ricorrenti  hanno  dichiarato  di  rinunciare  al
 ricorso.
                        Considerato in diritto
    Con  il ricorso in esame Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers
 e Elio Vito, promotori e presentatori dei referendum  in  materia  di
 commercio,  di  elezioni  comunali e di contributi sindacali, ammessi
 dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 3,  4,  10  e  13  del
 1995,  fissati per la data dell'11 giugno 1995, richiedono che questa
 Corte dichiari la non spettanza al Governo del potere di  emanare  il
 decreto-legge  19  maggio 1995, n. 182, recante "Disposizioni urgenti
 per la parita'  di  accesso  ai  mezzi  di  informazione  durante  le
 campagne  elettorali e referendarie", in quanto ritenuto lesivo delle
 attribuzioni  di  rilievo  costituzionale   spettanti   al   comitato
 promotore  dei suddetti referendum, in violazione degli artt. 21, 41,
 48, 75, 77 e 136 della Costituzione; con il conseguente annullamento,
 previa sospensione, dello stesso decreto-legge.
    Va, peraltro,  rilevato  che  i  ricorrenti  hanno  dichiarato  di
 rinunciare  al  ricorso e che, nel corso dell'udienza, la rinuncia e'
 stata  ritualmente  accettata  dal  Presidente  del   Consiglio   dei
 ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato. Ai
 sensi di quanto disposto dall'art. 26 delle norme integrative  per  i
 giudizi  davanti  alla Corte costituzionale, va, pertanto, dichiarata
 l'estinzione del processo.