ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 13, comma 3,
 della legge 29 dicembre 1990,  n.  408  (Disposizioni  tributarie  in
 materia  di  rivalutazione  di  beni delle imprese e di smobilizzo di
 riserve e fondi in sospensione di imposta,  nonche'  disposizioni  di
 razionalizzazione  e  semplificazione.  Deleghe  al  Governo  per  la
 revisione del trattamento tributario della famiglia e  delle  rendite
 finanziarie  e  per  la  revisione  delle  agevolazioni  tributarie),
 promossi  con  tre  ordinanze  emesse  il  3  novembre   1992   dalla
 Commissione tributaria di primo grado di Pisa sui ricorsi proposti da
 Mario  Brunese ed altri contro l'Ufficio del registro di San Miniato,
 iscritte ai nn. 36, 37 e 38 del registro ordinanze 1994 e  pubblicate
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale,
 dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di  consiglio  dell'8  marzo  1995  il  Giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
    Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Pisa, nel
 corso  del  giudizio  sul  ricorso proposto da Mario Brunese ed altri
 avverso il silenzio-rifiuto dell'Ufficio del registro di San  Miniato
 in  ordine  ad  un'istanza  di  rimborso di imposta di donazione, con
 ordinanza del 3 novembre 1992, pervenuta alla Corte costituzionale il
 21 gennaio 1994 (R.O. n. 36 del  1994),  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,  comma 3, della legge 29
 dicembre 1990, n. 408, nella parte in cui fissa al 16 dicembre 1990 -
 data della entrata in vigore del nuovo saggio degli interessi  legali
 nella  piu'  elevata  misura  del dieci per cento - la decorrenza del
 sistema di determinazione, indicato dallo stesso art. 13, della  base
 imponibile  ai  fini  del  calcolo  della  imposta  di registro sulle
 donazioni con riserva di usufrutto;
      che, ad avviso del Collegio  remittente,  tale  disposizione  si
 porrebbe  in  contrasto  con  il  "dettato costituzionale" per il suo
 carattere retroattivo;
      che  identica  questione  e'  stata  sollevata  dalla   medesima
 Commissione  tributaria  con  altre  due  ordinanze, emesse in data 3
 novembre 1992 (R.O. nn. 37 e 38 del 1994);
      che nei  relativi  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri  con  il patrocinio dell'Avvocatura generale
 dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata  inammissibile
 per  carenza di indicazione, nella ordinanza di rimessione, sia della
 norma che si intende sottoporre al giudizio di costituzionalita', sia
 della  disposizione  costituzionale  che   si   assume   violata,   e
 sostenendo, nel merito, la infondatezza;
    Considerato   che  le  questioni,  per  l'identita'  dell'oggetto,
 debbono essere riunite e trattate congiuntamente;
      che deve preliminarmente essere disattesa la formulata eccezione
 di inammissibilita': per un verso,  infatti,  dalla  esposizione  del
 fatto e dall'intero contesto delle ordinanze di rimessione risulta in
 modo  univoco  che  la censura e' diretta nei confronti dell'art. 13,
 comma 3, della legge 29 dicembre 1990, n.  408  nella  parte  in  cui
 fissa  retroattivamente  al  16  dicembre  1990  la  decorrenza della
 applicazione dei nuovi coefficienti di calcolo della base  imponibile
 sulla  quale  determinare  l'imposta  di registro sulle donazioni con
 riserva  di  usufrutto;  per  l'altro,  le  ordinanze  consentono  la
 individuazione della norma costituzionale, da  porre  come  parametro
 del  giudizio  di  costituzionalita', pur se ad essa viene fatto solo
 implicito  riferimento  attraverso  il  richiamo  al   principio   di
 irretroattivita'  (cfr.  sentenza  n. 313 del 1990): questo, infatti,
 trova affermazione nell'art. 25, secondo comma,  della  Costituzione,
 che deve, pertanto, intendersi invocato dal collegio remittente;
      che,  secondo  la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
 da ultimo, sentenze n. 397, n. 153 e n. 6 del 1994), il principio  di
 irretroattivita'   della   legge,  pur  riconosciuto  come  principio
 generale dall'art. 11, primo comma,  delle  disposizioni  preliminari
 del  codice  civile,  ha  ottenuto  in  sede  costituzionale garanzia
 specifica soltanto con riguardo alla  materia  penale  attraverso  il
 citato  art.  25,  secondo  comma, della Costituzione; sicche', al di
 fuori di quella, unico limite alla possibilita' per il legislatore di
 adottare norme aventi efficacia retroattiva e'  dato  dalla  esigenza
 che   esse   non   si   pongano   in   contrasto   con  altri  valori
 costituzionalmente protetti e che  trovino  adeguata  giustificazione
 sul  piano  della ragionevolezza (v. le gia' citate sentenze n. 153 e
 n. 6 del 1994);
      che, sotto il primo profilo,  non  sono  specificamente  dedotte
 censure    che    coinvolgano   il   contrasto   con   altri   valori
 costituzionalmente protetti; che, sul piano della ragionevolezza,  e'
 sufficiente rilevare, ai fini dell'infondatezza, che la norma oggetto
 del  giudizio  di  costituzionalita'  e'  conseguente  all'entrata in
 vigore, con decorrenza dal 16 dicembre 1990, del  nuovo  tasso  degli
 interessi  legali,  innalzato  dal  cinque  al  dieci per cento annuo
 dall'art. 1 della legge 26 novembre 1990, n. 353. Tale operazione  ha
 reso,  altresi',  necessario  l'intervento  del  legislatore inteso a
 modificare, con la stessa  decorrenza,  il  sistema  di  calcolo  del
 valore  dell'usufrutto  ai fini della determinazione della imposta in
 questione - agganciato ancora,  secondo  la  precedente  formulazione
 legislativa,   al  previgente  tasso  -  per  evitare  distorsioni  o
 applicazioni clamorosamente ingiustificate; che, in tale  ottica,  la
 norma   impugnata   sfugge   ad   ogni  censura  di  irragionevolezza
 risultando, al contrario, finalizzata a  ristabilire,  attraverso  la
 individuazione di nuovi coefficienti, quella sostanziale identita' di
 trattamento  con  il  previgente  regime  di calcolo della imposta di
 registro in caso di  riserva  di  usufrutto,  profondamente  alterata
 dalla  previsione  della piu' elevata misura del nuovo saggio legale.
 Di  guisa  che,  anche  in  via  interpretativa  si  sarebbe   potuto
 concludere  nel senso della necessita' di un'applicazione retroattiva
 dei nuovi coefficienti di calcolo stabiliti dalla legge  29  dicembre
 1990,  n.  408,  come,  del  resto,  era  avvenuto  in  numerosi casi
 attraverso il pagamento  dell'imposta  nella  misura  prevista  dalla
 nuova normativa;
      che,    pertanto,    la   questione   deve   essere   dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.